12. Bugie bianche

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Capitolo 12

Bugie bianche


Quando non c'era l'iPhone, l'alba senza il filtro

Somigliava a Zion, le scritte in un dipinto

Ma dicono che il sole non abbia più un amico

Perché quando sali su io sono già sparito

— L'alba, Salmo

Giulia accavalla le gambe, tira un sorso di spritz con l'ausilio della cannuccia e poi guarda l'orizzonte, prima di battere una mano sul tavolo e chiedermi come sto

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Giulia accavalla le gambe, tira un sorso di spritz con l'ausilio della cannuccia e poi guarda l'orizzonte, prima di battere una mano sul tavolo e chiedermi come sto. Una domanda banalissima, ma che è in grado di mettermi in crisi. Le racconto qualche frivolezza accaduta in questi giorni, dell'acqua stupenda della Sardegna, di Guido che sta escogitando un piano per Ferragosto, di Giulio che vuole affittare una barca per una gita sulla Maddalena, di Camilla e Arianna che non sanno più cosa cucinare e come condire i panini da portare sulla spiaggia. Le dico poco di me, a parte qualche cretinata del tipo che sto morendo di caldo, che non so cosa combinare stasera, che mi sono bruciata le spalle.

Poi Giulia, d'improvviso, vira la conversazione su Joseph. Ed entro inconsapevolmente in ansia, senza nessun motivo apparente – o forse sì.

«Sta scrivendo tanto, questi giorni» mi informa, mentre sistema il friendship bracelet che indossa al polso destro. «A un certo punto lo vedi andare via dalla spiaggia perché deve tornare a casa e tramutare in musica quello che gli passa per la testa.»

Mormoro qualche parola confusa che si perde nel brusio generale intorno a noi, ma la ballerina sembra non farci troppo caso. La luce del tramonto le illumina gli occhi marroni, che assumono una tonalità ambrata. Le labbra carnose sono vivacizzate da un gloss color ciclamino, e ha un fiore sui capelli, che la fanno somigliare a una indigena hawaiana.

«Il suo stacanovismo a volte è insopportabile» ride.

Una cameriera dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda ci porta un'altra ciotola di noccioline. Mi affretto a raccoglierne qualcuna col cucchiaino e a raggrupparle sul tovagliolo nero spalmato sul tavolo.

«Però diciamo che anche questo suo lato lo rende interessante.»

Sospiro, la catenina che ho al collo quasi sembra volersi spezzare. Spero che il silenzio piombato d'un tratto serva a cambiare argomento, ma prima che io possa intavolare un'altra discussione ecco che Giulia riprende da dove si era interrotta – o forse non si era interrotto nulla, nella sua testa.

«Tu cosa pensi di lui?»

Mi cade una nocciolina.

«Di chi?»

Prendo tempo.

«Di Joseph» arriccia il naso, come una quindicenne alla sua prima cotta.

Scollo gli occhi dai suoi, incapace di reggerli. Arriccio l'estremità del tovagliolo in un gesto compulsivo, fingo di distrarmi guardando una bambina giocare con la sua palla sulla spiaggia.

𝑯𝒆𝒂𝒕 𝑾𝒂𝒗𝒆𝒔 | HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora