𝗜𝗜 - 𝗨𝗡 𝗗𝗜𝗢 𝗖𝗜 𝗧𝗔𝗧𝗨𝗔 𝗡𝗘𝗟 𝗦𝗢𝗡𝗡𝗢

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Alex's pov
Quando aprii gli occhi mi ritrovai di fronte ad un'enorme tempio, talmente grande da riuscire a mettermi in soggezione. Era un monumento onorario classificabile come un perìptero esàstilo, cioè con un giro di colonne attorno alla cella e sei colonne in facciata mentre, le colonne sui lati lunghi, erano 13, proprio come vuole la regola del doppio + uno. Osservai il paesaggio intorno a me e non fui sorpreso di notare che mi trovavo sulla cima di una collina dove si ereggeva soltanto il tempio. In seguito, riportai lo sguardo sulla struttura e mettendo le mani all'interno delle tasche, mi avviai verso l'entrata, rimanendo a bocca aperta nonostante non fosse la prima volta che mettevo piede dentro ad un tempio: lo spazio era ampio e di fronte a me si trovava la cella contenente la statua della divinità a cui era dedicato il tempio. Continuai a camminare guardandomi intorno e notando cosí dei bassorilievi che rappresentavano diverse guerre — un chiaro indizio di chi fosse la divinità che ospitava quel tempio. Feci qualche passo all'interno della cella e l'aria cambió notevolmente: diventó piú densa e fredda mentre una sensazione di terrore mi perforava le viscere come una pugnalata. Non impiegai molto a rendermi conto che quelle pulsazioni negative venivano emanate dall'enorme statua che si trovava seduta sul trono posizionato al centro della stanza: un uomo con spalle larghe e volto serio, capelli neri e un'armatura che gli copriva il corpo mentre stringeva tra le mani una spada: il dio Ares.

«Fare il modello non fa proprio per te papà» dissi sarcasticamente, passandomi una mano sul viso per nascondere la mia smorfia divertita. «Spiritoso come sempre» commentò una voce molto più profonda appartenente ad un uomo. Spostai la mano dal mio viso aggrottando la fronte mentre ossevavo la figura che adesso si trovava di fronte a me, non ci misi peró molto a rendermi conto chi fosse. «Davvero papà? Non ti fai sentire da anni e ora mi porti qui?» chiesi incrociando le braccia al petto mentre Ares in persona, nonché mio padre, si avvicinava a me con passo sicuro. «Sei stato tu a venire» disse semplicemente mentre un'espressione confusa si faceva largo sul mio volto. «E come avrei fatto ad arrivare quí?» insistetti fermamente, dimenticandomi che niente era impossibile in quello strano mondo. «Puoi fare molte cose attraverso i sogni, dovresti saperlo» mi rispose con un sorrisetto soddisfatto, il tono di voce che non lasciava spazio a nessuna risposta contrastante.

Mi accigliai sentendo quelle parole e automaticamente abbassai lo sguardo sulle mie mani, contando le dita con lo sguardo: avevo imparato che nei sogni le dita erano sempre piú di dieci e, quest'informazione, mi aveva aiutato molto a imparare a distinguere i due mondi quando arrivai al campo e gli incubi iniziarono a presentarsi. Contai velocemente le dita e, come un'ulteriore prova a favore di mio padre, furono 12 e non 10.

«Adesso mi credi?» chiese mentre io, troppo orgoglioso per dargli ragione, mi limitai a sospirare e guardarmi intorno in modo da poter evitare il suo sguardo. «Cosa vuoi?» chiesi con un tono infastidito, già stanco di quella conversazione tra padre e figlio. «Tu devi partire per la missione,» inizió senza nessun giro di parole, guadagnandosi un'occhiata interrogativa da parte mia ma, prima che potessi rispondere in qualche modo, riprese a parlare. «Dovete recuperare la Collana dell'Armonia di Afrodite e riportargliela-» continuó ma scossi la testa. «Sparisci dalla mia vita e pretendi che io risolva i problemi della tua fidanzata?» chiesi con un tono chiaramente infastidito, guadagnandomi un'occhiata fulminante da parte sua — letteralmente, vidi un fulmine attraversargli le iridi. «Non é cosí semplice Alex, sotto c'è qualcosa di piú grande e dovete essere voi a fermarlo» spiegó con un tono autoritario che quasi mi terrorizzó. «"Voi" chi di preciso? Quì ci sono solo io» chiesi allargando le braccia per indicare l'assenza di altre persone all'interno della stanza.

Fu in quel momento che lui mi afferró prontamente il braccio destro, tenendolo fermo mentre il suo indice si piazzava sul mio polso. «Che stai facendo?!» esclamai cercando di sottrarmi alla sua presa, cosa che gli fece soltanto aumentare la forza che stava utilizzando. «Ti rispondo, Alex» disse stringendo i denti mentre il suo dito premeva forte sul mio polso provocandomi cosí un dolore allucinante: sentí una scarica di energia attraversarmi il corpo mentre il suo tocco mi provocava un bruciore allucinante. «Lasciami!» esclamai stringendo i denti per attenuare il dolore senza peró ottenere nessun risultato. «Sei il migliore dei miei guerrieri Alex, trova gli altri ragazzi che avranno lo stesso marchio e partite, capirete facilmente da dove iniziare» spiegó mentre il suo tocco si faceva piú forte e quindi doloroso, strappandomi un urlo straziante dalla gola. In seguito mi lasció il polso e io mi accasciai a terra, premendo la mano sinistra sul punto dove il dio aveva fatto chissà cosa. «Non deludermi Alex, so che potete farcela» disse prima di sparire nel nulla, lasciandomi in ginocchio ai piedi della sua enorme statua.
Allontanai lentamente la mano dal mio polso, scoprendo cosí ció che Ares mi aveva fatto: una scritta in greco era stata incisa sulla mia pelle e, sorprendentemente, essa fumava come se fosse stata fatta con il fuoco. Essa recitava "αμαρτωλή πόλη" e io dovetti sforzarmi piú del solito per cercare di coglierne il significato: "Sin City".
Immediatamente la stanza divenne buia e io, guardandomi intorno in panico, sentí il pavimento venire a mancare sotto di me, facendo si che sprofondassi nel buio piú assoluto.

𝗧𝗛𝗘 𝗛𝗔𝗥𝗠𝗢𝗡𝗬 𝗢𝗙 𝗗𝗜𝗦𝗖𝗢𝗥𝗗; 𝘳𝘪𝘰𝘳𝘥𝘢𝘯𝘷𝘦𝘳𝘴𝘦'𝘴 𝘴𝘵𝘰𝘳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora