12. Astaroth: il demone duca.

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Parigi, Istituto Colbert

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Parigi, Istituto Colbert.
Foresta bianca.

22 settembre 2021. Ore 23.45 

Quella notte appariva tra le più spaventose che Edwina avesse mai vissuto. Non c'era nulla, nell'aria, che potesse giustificare quella sensazione; nulla, tranne ciò che stava per fare.

L'anello che Durand le aveva dato le pesava nel palmo della mano. Era sottile e antico e non le era apparso tanto pericoloso prima di quel momento.

La sua mente si divertiva a beffeggiarla. Stava per invocare un demone e, sebbene non ne fosse spaventata, l'ignoto le provocava agitazione. 

Durand le aveva assicurato che il demone non avrebbe potuto recarle alcun danno. Non aveva ragioni per dubitarne; Durand non avrebbe guadagnato nulla mettendola in pericolo, ma non aveva voluto rischiare.

Si era rifugiata nella foresta bianca per assicurarsi di essere sola. Non poteva permettersi il lusso di abbassare la guardia: nessuno doveva sospettare del suo piano; sarebbe stata un'arma contro di lei: Fleur, che servava rancore, avrebbe potuto vendicarsi raccontandolo in giro.

«Va bene, facciamo in fretta» mormorò a voce bassa. Scricchiolò il collo da un lato all'altro, rilassando i muscoli contratti.

Edwina eseguì il procedimento che le aveva spiegato Durand: verso una goccia del suo sangue sull'anello, ci strofinò sopra un dito e lo espose alla luce della luna. Si illuminò al bagliore della luna; distese il braccio davanti a sé per non esserne abbagliata.

«Sono un po' deluso. E' da circa cinquant'anni che nessuno richiede la mia presenza; aspettavo di meglio di una semplice streghetta».

Edwina aprì le palpebre che aveva serrato e si trovò dinanzi il corpo del demone. Astaroth non era come lo aveva immaginato. Le illustrazioni che aveva trovato di lui in alcuni libri lo figuravano con grosse corna e denti aguzzi; ma Astaroth sembrava umano: persino la sua pelle era di un tono pallido e non incenerito. 

Si ergeva a pochi metri lontano, con il mento sollevato in un gesto di ostinazione. Era nudo, ma non c'erano tracce di imbarazzo nel suo aspetto. Gli occhi, di un grigio opaco, quasi bianco, la scrutavano, percorrendo con noia la sua sagoma.

«Allora? Qual è la tua offerta?». Tese una mano e piegò le dita; erano lunghe e sottili, troppo eleganti per appartenere a un demone. Lei le fissò con interesse.

«Che offerta?».

«Quella che hai preparato affinché io risponda alle tue tre domande».

Lei lo guardava soltanto, non sapendo che cosa dire. Durand non le aveva parlato di nessuna offerta. Aveva pensato ad Astaroth come a un servo che avrebbe fatto tutto ciò che gli avesse ordinato, non a un signorotto con la libertà di scegliere se aiutarla.

Ricordi di cenere ( #1 Saga Magia Nera )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora