Capitolo tre.

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Pov: Petra

Mi sveglio presto, il sonno spezzato dal suono insistente della sveglia. Il mattino è grigio, e il sole stenta a filtrare dalle tende, regalando alla stanza un'atmosfera spenta, quasi irreale. Oggi è il mio primo giorno di lavoro dai Ricci. Un nodo mi stringe lo stomaco, una sensazione che non riesco a scrollarmi di dosso. Qualcosa dentro di me sussurra che c'è dell'altro, che questo lavoro potrebbe essere molto più complicato di quanto sembri. Ma ho bisogno di questo lavoro, non ho scelta.

Mi vesto con i soliti jeans larghi e un top semplice, raccolgo i capelli in una coda e mi guardo allo specchio. La mia pelle chiara riflette la luce fioca della mattina. «Vai, Petra,» mi sussurro. «Ce la farai.» Mi infilo gli occhiali e scendo in strada.

Arrivo alla villa dei Ricci, un edificio grande e quasi imponente, ma con un che di trascurato. Il cancello è socchiuso, e intravedo Salvatore, che mi aspetta con le mani nelle tasche e un'espressione indecifrabile. Mi fa un cenno col capo quando mi avvicino.

«Vieni, entra,» dice con la sua voce bassa e roca. Attraverso il cancello e mi segue mentre mi guida lungo un vialetto piastrellato, il rumore dei nostri passi l'unico suono a rompere il silenzio del mattino. L'aria è fredda e umida, e c'è un odore di terra bagnata misto al profumo del gelsomino che cresce lungo il muro della villa. Quando varchiamo la soglia, un odore forte di fumo di sigaretta e legno vecchio mi avvolge.

«Allora,» mi dice , fermandosi nel salone. La sua voce rimbomba contro le pareti. «Rosa e Pietro so' già 'ccà. Te presento a loro. E mo' vedimm' che c'è da fa'.» Si volta e scompare in una stanza laterale, lasciandomi sola. Non c'è alcuna spiegazione, nessuna indicazione chiara. È come se volesse che trovassi da sola il mio posto, o forse vuole solo mettermi alla prova.

Resto ferma un attimo, respirando profondamente, poi mi avvio verso la cucina. Il cuore mi batte in petto, e l'ansia mi cresce dentro come un'onda che non posso fermare. Quando entro, vedo due ragazzi seduti al tavolo. Lei è minuta, con i capelli neri raccolti in una coda spettinata e un'aria tagliente che mi fa pensare a un coltello pronto a perforarti. Lui è robusto, moro più grande ma ha lo stesso sguardo imperturbabile e feroce di Ciro.

«Tu chi si'?», chiede la ragazza senza preamboli, le braccia incrociate sul petto. La sua voce è bassa ma carica di curiosità e sfida.

«Sono Petra,» rispondo, cercando di mantenere la voce ferma. «Lavoro qui da oggi.»

«Ah,» fa lei, e la sua espressione cambia appena. «Io so' Rosa, chisto è Pietro.» Lui annuisce appena, lo sguardo fisso su di me come se volesse leggermi dentro. C'è un silenzio scomodo, interrotto solo dal ticchettio di un orologio nella stanza accanto.

«Che pensi di fare, mo'?», interviene Pietro, con una risata bassa e derisoria. «Ce sta tanto 'e fa' in sta casa. Fatt' nu giro e vedi.»

La corvina ridacchia. «Nun ce aspettamm' ca ci vai a fa' a cammeriera perfetta, 'nu capisci?»

Annuisco, mantenendo lo sguardo basso. Non mi aspettavo un'accoglienza calorosa, ma qualcosa nel loro tono mi fa sentire ancora più fuori posto, come se fossi un'intrusa. Prendo un secchio, uno straccio e dell'acqua saponata e inizio dal salone, pulendo le finestre dai piccoli rimasugli di polvere e le piastrelle bianche come il latte. Il lavoro è fisico, e mi immergo in esso cercando di non pensare troppo. Ma è difficile ignorare le loro risatine e i bisbigli, e ogni tanto colgo frammenti di conversazione.

«Chist'è proprio nu pesce fuor d'acqua,» sussurra il più grande, seguito da una risata soffocata di lei.

Continuo a lavorare, il ritmo della pulizia diventa l'unica cosa a cui riesco ad aggrapparmi. Faccio finta di niente, di non sentirli. Ma sento tutto. Sento l'ostilità, il disprezzo velato sotto le loro parole. E sento l'inquietudine crescere dentro di me, un nodo allo stomaco che non se ne va.

L'angelo. || Ciro Ricci., MARE FUORI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora