Capitolo 3 - Sotto la pioggia

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Una delle prime cose che Ellison sentì mentre riprendeva conoscenza fu l'odore di terra umida, dopo ne avvertì anche il sapore pastoso, di troppo sulla lingua.

Il suo corpo era freddo e bagnato dalla pioggia che le batteva ancora sulle palpebre, forse quel gelido ticchettio l'aveva svegliata o forse era stata la sensazione di essere sospesa nell'aria. Tutto attorno a lei, per quello che poteva vedere attraverso il contorno sfocato delle palpebre, si muoveva dondolando, la testa le ciondolava inerme da un lato.

"Sono viva?"

Il dolore delle ferite era sordo e lontano, come avvolto da una coperta, ma lei riusciva a percepirlo nelle profonde ferite che le deturpavano la schiena, attraverso gli arti intorpiditi. Cercò di voltare il viso, ma senza riuscirci. Ogni suono le arrivava attutito, distante, nello stesso modo in cui si propaga attraverso un sogno. Fece in tempo a riconoscere la forma di alcune piccole nuvolette di condensa che le uscivano dalla bocca, prima che il moto dondolante di quell'incedere la invitasse a lasciarsi di nuovo andare alle tenebre. Continuava a svenire e a risvegliarsi, ed ogni volta riusciva a captare sempre le stesse informazioni, nello stesso, esatto, cadenzato e inevitabile ordine. L'odore di terra, il suo sapore, la pioggia, la sensazione del corpo sospeso, il dolore avvolto nella bambagia, le nuvolette di condensa che svolazzavano sopra di lei come pallidi fantasmi e poi di nuovo le tenebre.

Dopo un tempo che le parve infinito, la testa le ciondolò verso il basso, carezzata da un vento freddo, impietoso, i capelli dorati sfiorarono il terreno, spenti dalla pioggia, ballonzolavano come gommosi tentacoli.

La sensazione granulosa dell'asfalto umido e gelido contro una guancia l'aiutò ad aprire gli occhi. Era girata su un fianco, la spalla offesa puntata verso il cielo, la pioggia vi si infilzava dentro dolorosamente ma l'aiutò a restare cosciente per qualche istante di più. Tutto quello che riuscì a fare fu ruotare gli occhi verdi verso l'alto, fino ad incontrare i lineamenti confusi di un viso. La pelle era pallida, una zazzera di capelli neri, o forse castano scuri, inzuppati di pioggia incorniciava un volto sconosciuto. Ellison tentò di metterne a fuoco i lineamenti, ma quel viso sembrava celato da una spessa coltre di nebbia, cancellato, come se qualcuno avesse passato un pollice su uno strato di pittura ancora fresca. Tentò di ruotare il corpo gemendo di dolore per una fitta alla spalla, non riuscì a far altro se non ricadere di pancia sull'asfalto con uno schiocco bagnato. Ellison mugolò per la pena, strizzando le palpebre, mentre in lontananza sentiva un rumore fischiante e cadenzato farsi sempre più vicino: sirene di emergenza.

Da quella posizione ora vedeva solo un paio di piedi nudi, ricoperti di aghi di pino e terra bagnata. Non riuscì a muovere un muscolo, li vide solo ruotare, guardò il tallone dalla pelle diafana e poi la pianta sollevarsi, mentre lo sconosciuto si stava allontanando. La pioggia era aumentata d'intensità, la costrinse a chiudere gli occhi per qualche secondo. Riaprirli le costò molte energie così come aprire le labbra tremanti e parlare.

- A-aspetta.-

Ellison balbettò, la voce ridotta ad un refolo d'aria sibilante e incomprensibile: era scossa da intensi brividi. Girando la testa a fatica, cercò di mettere a fuoco quella persona, senza riuscirci. Si stava allontanando sempre di più verso la foresta, il corpo asciutto non era coperto da nient'altro se non dal suo strato di pelle color latte, una ferita bianca in mezzo al bosco. Batté le palpebre appesantite dall'acqua piovana, sentì un fruscio. Quando riaprì gli occhi c'erano solo alcuni rami degli alberi più bassi che si muovevano come se qualcosa ci fosse appena passato in mezzo, ma Ellison non vide nessuna persona inoltrarsi al loro interno.

- Chi sei? - rantolò lei, appoggiando di nuovo la tempia sulla strada mentre decideva di arrendersi e le sirene si facevano sempre più vicine.

La Malia dei LupiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora