Madrid 1850
Fin quando ero piccolo ero solito ammirare con quanta dedizione i miei genitori si prendessero cura del piccolo altare erso in casa nostra, con quanto orgoglio ogni settimana
andassero a pregare, quanto tempo dedicavano a leggere la Bibbia.
Sono certo che mi abbiano introdotto nel mondo del
Cristianesimo non appena misi piede in questo mondo, eppure il mio primo ricordo di una messa domenicale sorse quando ebbi all’incirca otto anni: ricordo ancora oggi di come la chiesa mi fosse apparsa come una bolla immensa, lastricata di colori sfavillanti; dell’altare, molto più grande di quello che avevamo in casa, che sembrava quasi un podio, come se il solo salirci fosse abbastanza da renderci tutti più puri e vittoriosi.
Suppongo sia stato in quel momento che qualcosa scattò nella mia mente, anche se all’epoca ancora non l’avevo realizzato.
Dodici anni dopo lo realizzai.
Lentamente la chiesa divenne come una seconda casa anche per me, comprai una Bibbia tutta mia per poterla leggere in ogni momento della giornata e sotto il colletto della redingote, vicina al cuore, non poteva non esserci una cordicella di cuoio con il crocifisso. Passavo le ore ad osservarlo, sdraiato su quello che dovrei supporre chiamare “materasso”; era così levigato da riuscire a scorgere i raggi del sole intrappolarvi in esso, così perfetto, forse fin troppo perfetto.
“La perfezione può forse esistere?”
Da quel momento inizia a farmi molte altre domande di quel genere, domande che non ricevettero mai risposta.
Almeno finché una notte non feci un sogno bizzarro: ero disteso su un prato, ma non uno fatto di erba, uno morbido come una nuvola e leggero come essa; intorno a me tutto
luccicava d’oro, mi sentivo la mente libera. Mentre vidi una lepidoptera posarmisi sul grembo, sentii una voce, stucchevole come il miele, invitante come la felicità. Non riuscii mai a captare le sue parole, ma quando mi svegliai mi venne da
associare quell’immagine a qualcosa di divino, mi venne da pensare che era quella la perfezione a cui cercavo di associare a un qualcosa di concreto.
Da quel giorno per me la perfezione divenne Dio.
Nessuno obiettò o mise in dubbio la mia scelta nel voler studiare teologia; per cui eccomi quì, cinque anni dopo, ad essere io quello che indossa la tunica divina, a leggere la
Bibbia non solo per me stesso, ma per predicarla anche agli altri, per dissolve i peccati dei cittadini con la confessione.
Chi dissolverà i miei, di peccati, invece?
O forse mi sono sporcato di una colpa talmente grande da lasciar diffondere sul mio petto una macchia nera come le tenebre? Però nel petto si suppone debba esserci un cuore, è per caso rosso come il demonio il mio? Rosso come la
vergogna? Rosso per la vergogna?
Oh, Dio, scusami per aver peccato, scusami per non sapere come sbarazzarmi di questo sdegno, ma sento che è troppo grande per poter essere assolto. Lo sento nelle ossa ma la verità è che vorrei sentirlo anche sulla pelle.
Ho giurato amore a te e a te soltanto, Signore, ma una persona
non ha forse troppo amore per dedicarlo a una sola passione?
La passione, nella sua forma originale, potrebbe essere un
peccato, una tentazione, un disonore?
Può la passione bruciarti vivo?
Può la sensazione dell’ardere della passione essere una tentazione?
E soprattutto, può l’amore per un altro ragazzo essere un tale
disonore?
Sono io ora un peccatore perché non ho oppresso i miei veri sentimenti, o è un peccato che la chiesa mi obblighi ad opprimere essi?
STAI LEGGENDO
Tra amore e peccato
RomanceIl giovane Teo, fin dalla precoce infanzia, ha sempre pensato che l'unico cammino giusto fosse quello di Dio. Un giorno "sente la chiamata del Signore" e da lì capisce che quella è la vita che gli è sempre spettata. La sua vocazione sembra essere un...