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PUNTI DI SUTURA

L'infermiera li fece entrare nell'asettica camera d'ospedale. Un fascio di pallida luce si conficcava tra l'apertura delle tende sulla finestra. Lucas era a letto, con la schiena appoggiata alla testiera, e il lenzuolo tirato su fino alla pancia. Li accolse con un sorriso spento. Vistose bende erano avvolte sul suo petto e coprivano i tagli nella carne.

James non trovava le parole adatte per quella drammatica situazione. Si limitò a salutarlo timidamente. Mark si avvicinò a Lucas e si sporse verso di lui per abbracciarlo affettuosamente, mentre Jennifer scrutava la scena silente.

«Ho temuto il peggio. Me la sono cavata bene, devo dire...», disse Lucas con un velo di ironia.

Mark si concentrò sulle incisioni sulla pelle dell'amico. Si incupì. «Non avevo dubbi sul fatto che fossero stati loro... pezzi di merda!»

James si prefigurò mentalmente la scena della tortura, il coltello che incideva, le urla laceranti. Gli si accapponò la pelle. Associò la "J" sul torace di Lucas al boss criminale di cui Mark gli aveva parlato, Jacob. A detta sua, era una persona senza scrupoli, incline all'uso sistematico della violenza.

«Mi dispiace, Lucas. Mio fratello non avrebbe dovuto farlo...», intervenne Jennifer.

Lucas scoprì le gambe, coperte di botte e lividi.

Mark cacciò un grugno, rabbioso. «Ti hanno spaccato le gambe...»

«Una non è rotta, soltanto "ammaccata"», lo corresse Lucas.

Mark alzò la voce verso Jennifer: «Tuo fratello è un vigliacco! Poteva prendersela con me, non con un ragazzo indifeso!»

Calò il gelo.

James si aspettò che l'affondo di Mark scatenasse uno scontro verbale. Jennifer invece tacque, come se, in quanto sorella di Jacob, si sentisse in parte colpevole dell'accaduto.

«Cazzo, è ridicolo! Fa tanto il grosso e poi manda i suoi tirapiedi a svolgere il lavoro sporco per lui», Mark rincarò la dose. Jennifer continuava a stare zitta.

«Mark... ora che farai?» Lucas si spinse del tutto via di dosso il lenzuolo.

«Non starò con le mani in mano. Su queste cose non si può sorvolare e far finta che non sia successo nulla...» Un'ombra minacciosa si propagò sul volto di Mark.

L'infermiera fece capolino nella stanza serrando tra le dita un bicchiere d'acqua. Lo porse a Lucas e gli chiese se fosse tutto okay.

«Domani i dottori ti opereranno alla gamba... hai fratture scomposte in più punti», lo avvertì, prima di girare i tacchi e andarsene.

Rimasero nuovamente soli con il ricoverato.

James si domandò cosa volesse fare Mark. Guardandolo, si percepiva quanto traboccasse d'ira. Si sarebbe vendicato personalmente, scatenando di conseguenza una faida tra gang? L'ipotesi non era da scartare. Mark non accettava affronti di qualsiasi genere, figuriamoci il ferimento del suo migliore amico. Si ordinò di non ficcare il naso in quelle faccende, di restarci fuori. Era troppo pericoloso parteciparvi, e lui non c'entrava niente con gli scontri tra le diverse associazioni criminali. Continuare a svolgere il suo modesto lavoro da pusher assurgeva a confine da non superare.

«Quando ti dimettono?», chiese Mark.

Lucas si sfregò gli occhi. «Se l'operazione chirurgica va secondo i piani, entro una settimana. Intanto mi riposo.»

Gli augurarono una veloce ripresa ed uscirono dalla camera.

Mark percorse gli stretti corridoi dell'ospedale senza pronunciare una parola. James evitò di incrociare il suo sguardo.

PULP FICTION

I titoli di coda scorrevano sullo schermo della tv, accompagnati dalla musica di sottofondo della band The Lively Ones. «Ti è piaciuto?», le chiese Mark, abbandonato nel letto matrimoniale, mansueto.

Jennifer rispose: «Non sono riuscita a distogliere lo sguardo dal film, tanto è stato avvincente».

«Tarantino è un vero maestro del cinema», commentò Mark scuotendo la cenere della sigaretta, con impazienza.

Jennifer si alzò dal letto con fare suadente, si diresse verso il lettore ed estrasse il dvd di "Pulp Fiction". «I film crime li adoro.» Lo ripose nella custodia, dalla quale gli occhi affilati e ipnotici di Uma Thurman distesa a pancia in giù la fissavano.

«Questo sarà la quarta volta che lo vedo, Jenny. La prossima volta ci spariamo "Carlito's way", non ti deluderà.» Mark espirò verso l'alto il fumo della sigaretta.

Jennifer si tuffò sopra di lui e gli solleticò il petto con le unghie.

«Ei, ti ricordi la prima volta che ci abbiamo scopato qui?», ridacchiò Mark sculacciandola.

«Scemo!» Gli stampò un bacetto sulle labbra. «Certo che mi ricordo, è stata la prima di una lunga serie...»

Le battute giocose si interruppero di botto e un pesante silenzio si frappose fra loro.

«Senti, so che non dovrei ficcare il naso in certe questioni...» Jennifer si acciambellò su di lui. «... in questo caso però non ne posso fare a meno, dobbiamo parlarne.»

«So a cosa ti riferisci. Tuo fratello, vero?»

«Proprio così. Se meditate un'azione punitiva nei suoi confronti, sappi che mai l'approverò... non puoi farlo, Mark!»

«Tranquilla, ci ho ripensato. Non succederà. So che c'è un forte legame tra voi, non me lo perdoneresti...», le svelò pacatamente, prima di lasciar spegnere la sigaretta.

Jennifer pregò tra sé e sé che dicesse la verità. Mark nell'ultimo periodo le era sembrato sempre più inserito negli affari sporchi e nelle cattive abitudini della streetlife, tanto che le sue recenti conversazioni andavano sempre a ricadere là. Era il suo pensiero fisso oramai. Lo rendeva più sospettoso, rigido, vigile. Si abbandonava più raramente a gesti affettuosi e a premure incondizionate, e quando lo faceva era come se la sua mente restasse lontana, proiettata in un'altra direzione. Spesso rifletteva con amarezza su quanto quella situazione fosse opprimente: da una parte il fratello, dall'altra il suo ragazzo. Entrambi implicati nell'inferno della criminalità organizzata, tra proiettili di armi da fuoco, pacchi di droga e soldi riciclati.

Mark sbadigliò. «Io ho sonno. Penso di mettermi a dormire, è tardi...»

Jennifer gli domandò: «I tuoi tornano dopo, o sbaglio?» Desiderava passare la notte con lui.

«Si, più tardi. Son via da qualche giorno... viaggio lavorativo in Europa». Le spiegò. «Tu puoi restare ugualmente qui da me, comunque. Ti avevo detto che a mia madre stai simpatica...»

«Ricordo bene, amore». Accarezzò Mark e gli diede la buonanotte, prima che lui spegnesse la luce.

A differenza sua, Jennifer fece fatica ad addormentarsi. Non riusciva a mettersi l'anima in pace. Come si sarebbe comportato Mark? Suo fratello era davvero al riparo da ogni pericolo? Non ne era convinta, e la possibilità che non lo fosse la metteva in apprensione. Il soffitto buio sopra di lei la sormontava, oppressivo.

Si fece un segno della croce e si girò di lato.

Summer '98Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora