Maki non aveva detto una parola da quando si era svegliata, l'atmosfera tra noi era glaciale. La guardavo mentre si preparava ad alzarsi dal letto dell'infermeria, forzando ogni movimento con quella sua ostinata resistenza. Non accettava aiuto, e non avrebbe mai ammesso quanto fosse stata vicina a una sconfitta.
"Non so perché ti sforzi così tanto," commentai con un tono volutamente sarcastico, incrociando le braccia mentre la osservavo. "Potresti riposare un altro po', sai. Dopo tutto, non è che devi dimostrare qualcosa a nessuno qui."
Maki si voltò verso di me, il suo sguardo tagliente come una lama. "Non ho bisogno del tuo consiglio," ribatté. "Posso gestirmela da sola."
La tensione tra noi era così densa che potevo quasi sentirla vibrare nell'aria. Eppure, c'era qualcosa di diverso questa volta. La mia preoccupazione per lei, quella preoccupazione che avevo provato durante la battaglia, era ancora lì, nascosta sotto la superficie del nostro odio reciproco.
"Già, come nella missione," dissi, alzando un sopracciglio. "L'hai gestita benissimo, vero?"
Il viso di Maki si irrigidì, ma non rispose subito. Mi stavo spingendo oltre, e lo sapevo. Lei odiava essere vista come debole o vulnerabile, ed ero consapevole che continuare su questa strada avrebbe solo alimentato la nostra rivalità. Ma in qualche modo, non riuscivo a trattenermi.
"Forse dovresti concentrarti di più sul tuo controllo, invece di pensare di essere superiore a tutti," continuai, mantenendo il mio tono pungente. "La prossima volta potrei non essere lì a salvarti."
Maki strinse i denti, le nocche delle sue mani diventando bianche mentre si aggrappava al bordo del letto. "Non mi serve il tuo aiuto, Camilla," disse con una freddezza glaciale. "Non mi è mai servito e non mi servirà mai."
La sua voce era bassa, carica di rabbia. Il nostro sguardo si incrociò, e per un attimo tutto il mondo sembrò fermarsi. Sapevo che stava mentendo, e sapevo che anche lei lo sapeva. Ma nessuna delle due era pronta a cedere terreno.
La mia mente tornò alla missione, al momento in cui l'avevo vista crollare a terra, al terrore che avevo provato nel pensare che potesse essere ferita gravemente. Eppure, anche ora che era davanti a me, viva e apparentemente in forma, non riuscivo a scrollarmi di dosso quella sensazione. Forse era la paura di perderla, forse era qualcosa di più profondo che non volevo ancora ammettere.
"Non fare l'eroina, Maki," ribattei, avvicinandomi di un passo. "Non stavolta."
Lei si voltò di scatto verso di me, facendo un passo avanti per ridurre la distanza tra noi. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio, e potevo sentire la sua rabbia come una fiamma calda che mi bruciava la pelle.
"Sei solo una principiante," disse a denti stretti, la sua voce velenosa. "Non pensare neanche per un secondo di essere al mio livello."
Il mio sangue ribollì. Sapevo che stava cercando di provocarmi, e ci stava riuscendo. Ogni fibra del mio corpo voleva gridarle contro, volevo dirle che non era perfetta, che anche lei aveva dei limiti. Ma qualcosa mi fermò.
"Forse hai ragione," ammisi lentamente, stringendo i pugni. "Forse non sono al tuo livello. Ma almeno io so quando chiedere aiuto."
Le sue labbra si serrarono, e per un attimo vidi un lampo di qualcosa di diverso nei suoi occhi. Forse rabbia, forse orgoglio ferito, o forse, solo per un secondo, aveva considerato che potessi avere ragione.
Ma l'istante passò, e Maki si voltò di nuovo verso il letto, ignorandomi completamente. "Non ho tempo per queste sciocchezze," disse con un tono tagliente. "Ho cose più importanti di cui preoccuparmi."
Il mio stomaco si strinse in un nodo di frustrazione. Anche se ogni nostro scambio era una battaglia, c'era una parte di me che non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei. E odiavo il fatto che fosse così difficile farle capire che, nonostante tutto, non ero lì solo per competere con lei.
La guardai allontanarsi, ancora furiosa, e mi sentii invasa da una sensazione di sconfitta. Nonostante tutto ciò che era successo tra di noi, sembrava che non avessimo fatto alcun progresso. Ma mentre usciva dalla stanza, una parte di me sapeva che non era finita. Non lo sarebbe stata finché non avremmo trovato un modo per gestire questo strano, complesso legame che stava iniziando a formarsi tra di noi.
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Scusare per il capitolo corto, ne pubblicherò uno più lungo, alla prossimaa❤
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