2. The painting

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Melanie

La mattina successiva, mi svegliai verso le otto e mezza, alle 9:30 dovevo essere già in azienda, l'assistente Nathalie Miles mi informò, tramite email, che il signor Blackwood non accettava ritardi di nessun tipo.
Feci colazione, mi lavai veloce e poi mi ritrovai davanti allo specchio chiedendomi cosa vestire, passai una ventina di minuti davanti l'armadio, quando diedi uno sguardo veloce alla sveglia che segnava le otto e cinquantacinque, decisi subito di mettere un pantalone nero elegante stretto ai punti giusti, una camicia bianca corta e un gilet di lana anch'esso nero, il tutto combinato con dei tacchi a spillo neri. I capelli li raccolsi veloce in uno chignon disordinato e scesi in tutta fretta pe avviarmi nel parcheggio.
Salì in macchina e guidai all'incirca una ventina di minuti, il mio appartamento non dista così tanto dalla Blackwood, ma quando c'è traffico, il cammino potrebbe durare anche il doppio.
Trovai parcheggio facilmente dato che l'azienda ne possedeva uno tutto suo, presi la borsa, contenente iPhone e iPad, e alcuni documenti e scesi dalla macchina.

Percorsi la grande scalinata della Blackwood Enterprises, arrivata davanti l'entrata salutai il portiere, e una volta dentro mi avviai verso l'ascensore.
Aspettai di arrivare al piano dove si trovava l'ufficio , e nel mentre le parole di Zach mi ronzavano ancora nella testa. Cercai di scuotermi quei pensieri di dosso. Non potevo farmi sopraffare da superstizioni.

Arrivata all'ufficio, fui accolta dalla sua assistente Nathalie, con lo stesso sguardo da donna severa che mi aveva fatto accomodare il giorno precedente.
Mi disse: "Il signor Blackwood ti aspetta nel suo studio. Segui me."

Mi ritrovai di nuovo tra le imponenti pareti dell'azienda, camminando lungo corridoi decorati con opere d'arte antiche e dal valore inestimabile. Era impossibile non sentirsi un po' intimiditi dall'atmosfera. Ogni pezzo sembrava raccontare una storia sepolta da secoli, e ora sarebbe toccato a me riportarle alla luce.

La porta dello studio di Andrew Blackwood si aprì con un leggero cigolio. Questa volta, lui era già lì, in piedi accanto a una grande scrivania di mogano. Non c'era nessun'altra persona, nessun movimento, solo lui e quel suo sguardo impenetrabile.

"Melanie," disse con voce ferma, facendomi cenno di avvicinarmi. "Ho esaminato meglio il tuo lavoro. Credo che potresti iniziare immediatamente."

Annuii, cercando di nascondere il nervosismo che sentivo crescere dentro di me. "Di cosa si tratta esattamente?"

Andrew si voltò verso un grande tavolo alla sua destra. Lì, distesa sotto una luce soffusa, c'era un'opera d'arte che sembrava provenire da un'altra epoca. Era un dipinto, antico, con colori sbiaditi dal tempo e dalle ombre.

"Questo," disse lui, avvicinandosi al quadro, "è uno dei pezzi più preziosi della nostra collezione. Ha una storia complessa. Molti ci hanno provato, ma nessuno è riuscito a riportarlo alla sua forma originale."

Mi avvicinai, osservando attentamente la tela. C'era qualcosa di strano in quel dipinto. Non solo per il suo aspetto usurato, ma per l'atmosfera che emanava. Le figure ritratte sembravano quasi... vive.

"C'è qualcosa di particolare in quest'opera," continuò Andrew, la sua voce diventando più bassa. "Qualcosa che solo tu, con la tua sensibilità, potresti cogliere."

Lo guardai perplessa. "Cosa intende?"

Andrew si girò verso di me, i suoi occhi fissati nei miei. "Il passato che questo dipinto racchiude è... oscuro. E non tutti sono in grado di vedere oltre le crepe della tela. Ma tu sì, Melanie. Lo sento."

Non sapevo se fosse un complimento o un avvertimento, ma in quel momento, capii che il mio lavoro qui sarebbe stato molto più che un semplice restauro. Mi stavo immergendo in un mondo che non conoscevo, un mondo in cui l'arte e l'oscurità si intrecciavano, e Andrew Blackwood era la guida di questo viaggio misterioso.

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