2.RICOMINCIARE DA GEOLOGIA

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Il trillo della sveglia mi svegliò di soprassalto; avevo dormito come una bambina per dodici ore. Allungai la mano e, a tentoni, cercai di spegnere quell'aggeggio indemoniato.

Aprii gli occhi, mettendo a fuoco la mia stanza. Era strano essere a casa.

Mi alzai e spalancai la finestra. Era una bellissima giornata di sole e anche in casa si respirava un'aria allegra e spensierata.

«Buongiorno!» entrai in cucina, accolta da un odore di caffè e pancake, mentre Camilla canticchiava un motivetto estivo. Dopo quasi sei anni di convivenza, ancora non riuscivo a capire come facesse a essere sempre così allegra di prima mattina.

«Buongiorno, tesoro.» Mi allungò una tazza di caffè e un bacio. «Dormito bene?»

«Hmm, divinamente.» Mugugnai stiracchiandomi; io, invece, non ero proprio un asso di simpatia la mattina.

«Sei ancora così?!» Diafa fece capolino in cucina. «Siamo in ritardo!»

«Dove andate?» chiesi, prendendo un morso dai pancake che Camilla mi aveva messo davanti prima di sfrecciare in camera.

«Camilla deve parlare con la professoressa per il seminario del mese prossimo. E io le do un passaggio prima di andare al lavoro. Tu oggi che fai?»

«Devo portare la macchina da Antonio per la revisione.»

In quell'istante, la mia coinquilina bionda tornò, infilandosi gli orecchini. «Dopo passi in facoltà? Ci sono gli altri e vorrebbero salutarti.» Cominciò esitante. «Non ti vedono da tempo.»

La facoltà. Un tempo era il mio luogo preferito, ma adesso solo il pensiero di metterci piede mi creava ansia. Ma era un passo che dovevo fare, dovevo riprendere in mano la mia vita, no?

«Sì.» Annuii. «Ne approfitto anche per portare tutti i documenti per l'iscrizione.»

Camilla mi sorrise in una maniera tale da abbagliare perfino il sole, mentre Diafa mi abbracciò con trasporto. Loro avevano capito.

«Ti muovi? Quanto sei lenta!» Diafa ruppe quel momento, rivolgendosi alla ritardataria della casa. «Sta' a vedere come mi prendo una ramanzina, eh!»

«Un attimo! Devo mettere le scarpe!» replicò lei.

«Ancora?!» L'altra era esasperata. «Non ce la posso fare. Povero Daniele!» concluse scuotendo la testa mentre alzava gli occhi al cielo.

Io risi con la bocca piena; mi erano mancate.

«Ci sono! Ci sono!» L'altra entrò in cucina. E devo ammettere che era davvero bellissima: aveva indossato una gonna a pieghe bianca e una camicetta a maniche corte rosa, a cui aveva abbinato un paio di sandali alla schiava e degli orecchini con delle pietre. Aveva lasciato i capelli sciolti e il viso naturale. Adesso capivo il fidanzato.

Diafa, invece, indossava una tuta in lino con le bretelle ricamate che terminava con un pantalone a palazzo, tutta rossa con dei ciondoli legati in vita, bracciali e collane con piume e fili colorati. Tra i capelli neri riccissimi spiccava una bandana arancione.

Sì, le mie coinquiline erano due gnocche allucinanti.

«Allora, gli altri pancake sono in forno.» cominciò Camilla, mentre veniva spintonata fuori dall'altra mia coinquilina, che borbottava a tutto andare.

«Ciao, Serenella! Ci vediamo stasera.» Mi soffiò un bacio e prese le chiavi, mentre Camilla continuava a parlarmi.

«...in frigo c'è anche una spremuta!» La sua voce mi arrivò ovattata da dietro la porta.

«Camilla! Giuro che ti lascio in strada come un cagnolino!» furono le ultime parole che sentii, dopodiché solo schiamazzi indistinti, poi il portone che sbatteva e il rombo dell'Audi A3 nera di Diafa.

Fin dove volano gli aquiloni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora