Prologo. Olimpo

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"L'Olimpo. Per alcuni solo  una montagna. Per altri, il luogo più sacro della terra."


L'Olimpo è avvolto dalle nubi. Gli dèi sono radunati intorno al banchetto preparato da Dioniso. Sono passati duemila anni dall'apice del loro culto, eppure essi resistono. Intoccabili nella loro bolla fatta di noia e immortalità.

«Ricordi quando ci offrivano in sacrificio le capre?» Atena rivolge la domanda verso un annoiato Zeus, suo padre. Lui non risponde e lei continua: «Oggigiorno sembrano più civilizzati, pagano per entrare nei nostri templi. Le mie sacerdotesse dovevano scrostare il sangue essiccato dai gradini dell'ingresso, mentre altre offerte marcivano al sole! Una barbarie! Sono contenta che i mortali siano diventati più intelligenti. O forse dovrei ringraziare me stessa?» I suoi occhi corvini scrutano le espressioni degli altri commensali, in cerca di un pretesto che ravvivi il miliardesimo simposio scialbo.

«Sì, anch'io sono soddisfatto della loro intelligenza, grazie Atena.» Ares sghignazza senza ritegno dal capo opposto del banchetto, con una zampa di cinghiale che sgocciola grasso sulla tovaglia immacolata. «Quanto caos, quante guerre, quanto ingegno nei mortali per massacrarsi gli uni verso gli altri. E poi quel godimento nella devastazione, nello spargere budella del proprio parente più prossimo sul campo di battaglia! Il sangue che impregna i terreni aridi! Ah! Portatemi del ghiaccio, mi sto emozionando!» Ares si asciuga finte lacrime di commozione con lo spigolo della veste di Afrodite.

«Ares! Dèi! Siamo a tavola!» Apollo poggia la coppa di ambrosia e inizia a scuotere la testa disgustato.

Ares di rimando lo provoca: «Sai che musica ascoltano quei rinnegati?»

«Apprezzo la loro musica classica,» Apollo non coglie mai le provocazioni: per lui, ogni domanda merita una risposta seria e ragionata. «Ma ultimamente anche il latino americano devo dire che non è niente male. O almeno ha ritmo, ma non capisco cos'è quell'altra roba, quando parlano e si sputano a vicenda frasi fatte, qualcuno me la spieghi?»

Dioniso accanto a lui fa spallucce: «Sono meravigliosamente matti!» Sta spiluccando dell'uva. «Il mio culto è ancora in essere tra i piccoli umani. Hanno inventato i super alcolici, lo sapevi? È per questo che le mie orecchie sentono solo Bob Sinclar! Dai, Apollo, muovi quel bel fondoschiena di marmo!» L'occhiolino di Dioniso è pura depravazione divina.

«Sai, Atena, anch'io non ho problemi con i mortali.» Afrodite ritira delicatamente la sua veste dal muso di Ares e scuote le sue onde dorate in un leggero monito di rimprovero. «Sono tutti così attenti al loro aspetto e la chirurgia estetica è così adorabile! Beh, in realtà anche i filtri aiutano. Per lo meno sui social. Dal vivo un po' meno, ma capisci? Ho finalmente degli umani carini!» Afrodite arriccia il naso soddisfatta e strattona Atena incoraggiandola a sorridere.

«Ad ogni modo, non trovate silenziosi gli altri? Ormai neanche le mie provocazioni suscitano il dovuto effetto.» Tutti e cinque gli dèi menzionati si girano contemporaneamente verso l'altro lato del simposio.

«Beh,» assottiglia la fronte Ares. «Zeus è stato sostituito da un unico Dio, mentre Poseidone, Artemide e Demetra condividono lo stesso problema: i mortali inquinano i loro regni. E poi sai come sono fatti, quando non ne possono più, scatenano la loro furia e distruggono ogni cosa. Sono peggio di me a volte.» Ares ottiene delle occhiatacce dai diretti interessati, ma nulla di più.

«Cosa bisogna inventare per smuoverli?» chiede Efesto posizionandosi tra sua moglie Afrodite e Ares. «Torno alla mia fornace se anche questo ennesimo banchetto si conclude con questa noia immortale! E io sono paragonato a un ingegnere! E gli ingegneri, si sa, sono noiosi!» Atena abbozza una risatina.

Il giudizio di ElenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora