1. Gocce di pioggia si rincorrono sul viso

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Il profumo del caffè le arrivava dritto nelle narici annunciandole che era arrivato il momento di iniziare quella giornata. Il sole entrava prepotente negli spazi delle veneziane della cucina, illuminandole il corpo sudato e appiccicaticcio avvolto da una delle maglie che lui le aveva lasciato in casa. Quella appena trascorsa era l'ennesima notte insonne di quella settimana. L'ennesima notte in cui si era persa nel fiume in piena dei ricordi che la conducevano inevitabilmente alle braccia tatuate e possenti di un uomo che non era mai stato completamente suo. In quelle settimane si era interrogata spesso sul come era finita in una situazione così surreale. Proprio lei, attaccata com'era all'idea di famiglia, di fedeltà, di amore e di rispetto reciproco. Proprio lei che da quando ne aveva memoria aveva sempre sognato di sposare il suo primo amore, mettere al mondo dei figli e ricreare la famiglia della Mulino Bianco. Sbuffò stropicciandosi gli occhi coperti dagli occhiali da vista, era stanca, stremata da quei giorni. Il caldo, il lavoro, i ricordi e l'incombente evento le stavano togliendo ogni briciola di voglia di andare avanti con la sua vita. In quel momento avrebbe solo voluto riavvolgere il nastro della sua vita, ritornare a poco più di un anno prima e rifiutare il passaggio in auto che le aveva offerto. Detestava il modo in cui lui aveva il totale controllo della sua vita. Detestava il modo in cui lei era dipendente dal suo profumo, dai suoi occhi che la fissavano con desiderio, dal suo odioso accento toscano.


La sveglia delle sette iniziò a riempire il silenzio della sua casa, la rinviò e riempì la tazza con del latte dopo aver acceso la tv per ascoltare il telegiornale. Le notizie sportive circa arrivi e partenze in Serie A catturarono la sua attenzione, ricordandole che avrebbe dovuto assolutamente completare il piano editoriale commissionatole da Fabrizio. Da due anni ormai lavorava per il Napoli nel reparto comunicazione. Raggiungere quell'obiettivo dopo anni di studio e praticantato ai limiti dello sfruttamento era stato per lei come toccare il cielo con un dito. Fare il lavoro dei suoi sogni per la sua squadra del cuore poi le riempiva il cuore d'orgoglio, soprattutto perché nessuno aveva mai creduto in lei così tanto come Fabrizio. Non poteva di certo permettere ai suoi problemi di cuore di mandare in fumo un'opportunità di quel calibro, dato che - da come le aveva riferito Francesca - si vociferava di promozioni tra gli uffici del centro sportivo azzurro.


Sorseggiava la sua tazza di latte e caffè con l'iPad a illuminarle il viso. Scriveva velocemente appunti e idee sulla campagna social che voleva proporre a Fabrizio mentre la seconda sveglia di quella mattina le arrivava alle orecchie infastidendola. Decise che era arrivato il momento di gettarsi in doccia e darsi una mossa, aveva intenzione di arrivare qualche minuto prima in ufficio così da poter riordinare le idee prima della riunione di quella mattina. Scegliere di abitare nei pressi del centro sportivo era stata la miglior soluzione per lei dato che le risultava difficile barattare le ore di sonno per una casa che avrebbe, alla fine dei conti, vissuto poco. Il suo orario di lavoro la teneva impegnata negli uffici del quartier generale del Napoli dalle otto e trenta alle diciotto, tutti i giorni. Per non parlare poi delle trasferte alle quali doveva partecipare, delle serate allo stadio e tutti gli impegni del calendario del Napoli. Le sarebbe servito a poco mantenere l'appartamento in centro a Napoli, visto che la sua vita orbitava intorno a Castel Volturno e alla Società Sportiva Calcio Napoli.


Il caldo stringeva la cittadina casertana in una morsa implacabile, il sole era già alto nel cielo e le temperature erano al limite della sopportazione. Neanche l'aria condizionata della sua auto riusciva a darle sollievo. Sbadigliò rumorosamente percorrendo le stradine del Villaggio Coppola per raggiungere il centro sportivo. Scostò una ciocca di frangetta, ormai troppo cresciuta, dagli occhi e infilò gli occhiali da sole prima di arrivare in prossimità del cancello d'ingresso del centro. Parcheggiò e notò che fosse tra le prime arrivate dei suoi colleghi, recuperò le sue cose e si diresse a passo svelto nel suo ufficio. Camminare tra quei corridoi in quei giorni era più pesante del solito. Rivivere ogni momento di quella storia clandestina che con ostinazione aveva portato avanti era estenuante, le mandava lo stomaco in subbuglio. Le spezzava il cuore. Pensare alle occhiate fugaci, alle mani sfiorate, ai baci veloci che si erano scambiati le mandava in confusione il cervello. Mentre lampeggiava prepotentemente nella sua mente la data di quel venerdì, giorno in cui avrebbe detto Sì sull'altare a una donna che non era lei. Maturare quel pensiero fece ritornare le lacrime nei suoi occhi scuri. Lo detestava, ma più di tutto detestava se stessa per essersi prestata a quel subdolo gioco in cui aveva investito la sua vita e i suoi sentimenti, ben cosciente che fosse destinata a uscirne sconfitta. Polverizzata.

Oltre l'ultimo bacio | Giovanni Di LorenzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora