6. Per aprire un varco ti è bastato uno spiraglio

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La presentazione della squadra era alle porte, nell'aria si respirava quella tipica frenesia pre-evento. I colori azzurri invadevano ogni angolo di Dimaro, mentre le bandiere ondeggiavano nel vento leggero che portava con sé il profumo d'estate. Anita aveva ultimato le prove tecniche: aveva coordinato gli incontri con il sindaco per delimitare il perimetro dell'evento, e il posizionamento di ogni transenna era stato meticolosamente studiato per gestire il flusso di tifosi che avrebbe inevitabilmente riempito la piazza. Ogni minimo dettaglio era stato curato fino allo sfinimento, aveva passato ore al telefono per assicurarsi che quella serata filasse liscia. Il tutto era diventato quasi meccanico, un rifugio momentaneo dal tormento interiore che non la lasciava mai in pace. Il tempo per restare in quella bolla di lavoro e organizzazione era però ormai scaduto. Doveva tornare a bordo campo, occupare nuovamente l'ufficio improvvisato al campo sportivo, e riprendere il controllo della creazione dei contenuti per la società. Fabrizio le aveva affidato l'ennesimo compito: realizzare un video per presentare Giovanni come nuovo capitano. Un video che doveva trasmettere forza e connessione emotiva con il tifo azzurro.


Camminava a passo svelto verso l'ufficio, l'iPad stretto tra le mani, gli auricolari penzolanti al collo, come sempre immersa nei pensieri. Annotava idee per il video, elementi per la newsletter, mentre cercava di tenere tutto sotto controllo. Tuttavia, non era preparata abbastanza per quello che l'aspettava dietro l'angolo. Appena svoltato, il profumo familiare di dopobarba la colpì prima ancora di vederlo. Giovanni era lì, davanti a lei. Quel profumo che un tempo le aveva dato conforto, ora la destabilizzava. "Hai ignorato i miei messaggi..." la sua voce era un misto di stanchezza e rimprovero, un soffio di parole che sembravano portare con sé tutto il peso di quei giorni di distanza. Anita alzò lo sguardo verso di lui, e per un istante il tempo sembrò fermarsi. Gli occhi verdi, che in altre occasioni avrebbero brillato di vitalità e sicurezza, ora tradivano un'espressione turbata, le labbra si serrarono in una linea sottile mentre la fissava. "Lo so..." mormorò, abbassando gli occhi per un istante, lottando contro la voglia di cedere al suo cospetto. "È difficile per me fare i conti con tutta questa storia mentre cerco di non mandare all'aria il mio lavoro" ammise, quasi stanca di dover sempre mantenere quel fragile equilibrio tra le sue emozioni e la professionalità che l'aveva sempre contraddistinta. Giovanni fece un passo avanti, un sospiro sfuggì alle sue labbra. "Mi sento sempre come se mi mancasse l'aria quando non ci sei" disse con un filo di voce, le mani lungo i fianchi che si muovevano nervose mentre ripeteva quella frase che le aveva fatto nascere un nodo in gola quando era comparsa sullo schermo del suo cellulare. "Questi giorni in cui non ti sei neanche presentata al ristorante... mi hanno devastato." Anita lo guardò, il cuore che batteva forte nel petto. Era assurdo come una parte di lei trovasse un piacere segreto nel sapere quanto a lui fosse mancata, nonostante tutto. Le sue labbra si curvarono in un sorriso tenue, ma il cuore gridava la sua confusione. "Non riesco a smettere di pensare a te, neanche per un attimo" continuò Giovanni, la voce incrinata dal peso delle emozioni. Il volto contratto in una smorfia sofferente, come se le sue parole non fossero abbastanza per esprimere tutto quello che provava. "Giovanni..." provò a parlare, ma lui scosse la testa, interrompendola. "Ogni volta che mi chiami così, sembra che tu stia mettendo un mattone in più sul muro che hai alzato tra di noi" disse con una nota di frustrazione. Un altro sospiro, un altro passo avanti. La distanza tra di loro era minima, ma sembrava immensa a livello emotivo. Anita si inumidì le labbra, sentendo il familiare nodo allo stomaco. In quel momento, Giovanni stava facendo in modo che si sentisse in colpa, e lo sapeva. Era sempre lo stesso: lui la faceva sentire come se fosse lei quella che stava sbagliando, come se fosse lei quella che si stava allontanando. E lei, nonostante tutto, cedeva. Come neve al sole si scioglieva davanti al suo sguardo, incapace di resistere a quel magnetismo che aveva sempre avuto su di lei. "Mi hai fatto così tanto male che credevo mi sarei spezzata" confessò infine, la voce velata da una malinconia sincera. "Quando hai indossato quell'anello, ho sentito la mia vita crollare, pezzo dopo pezzo." Parlava a cuore aperto, senza filtri, mentre cercava di fargli capire che non si trattava solo di mancanza di tempo o del lavoro. Aveva bisogno di ricostruirsi, di ritrovare quella parte di sé che aveva perso. Giovanni le prese la mano, e una scarica elettrica le percorse la schiena. "Nina, mi manchi." Le sue parole, pronunciate con una tale intensità, le fecero tremare il cuore. Ogni fibra del suo corpo le diceva di lasciarsi andare tra le sue braccia, qualcosa la tratteneva lì, sospesa tra passato e presente. Le dita di Anita tremavano leggermente mentre la loro pelle si sfiorava, un tocco appena percettibile, ma che per lei era come un filo sottile, capace di tirare giù tutte le sue difese. Giovanni l'aveva chiamata Nina con una dolcezza che le faceva male, come una carezza carica di ricordi. Il calore del suo corpo vicino a quello di Giovanni, l'odore di ambra e vaniglia che aleggiava intorno a lui, le stava annebbiando i pensieri, confondendo il confine tra quello che desiderava e quello che sapeva sarebbe stato giusto. "Ti prego, Gio" sospirò, incapace di nascondere del tutto il cedimento nella sua voce. Le parole sembravano uscire da una ferita aperta, un misto di rimpianto e desiderio. Giovanni sorrise appena, in quel modo che aveva sempre avuto il potere di farle dimenticare tutto il resto. Lo sapeva, e ne approfittava. "Lo so che sono stato uno stronzo" ammise, la voce più bassa, quasi un sussurro che solo lei poteva sentire. Gli occhi di Anita scattarono verso di lui, pieni di un misto tra rabbia e disperazione. Le parole che pronunciava erano sempre le stesse: ammissioni e promesse vuote che non cambiavano nulla. Ma il modo in cui la guardava... quel modo che aveva il potere di rimescolare ogni suo pensiero. "E ti chiedo scusa. Ma ti prego, Nina, non tenermi così lontano." Il suo tono aveva quella sfumatura supplice che non le aveva mai mostrato prima d'allora, e questo la destabilizzava ancora di più. La testa di Anita si inclinò leggermente all'indietro, cercando di allontanarsi, anche solo per respirare meglio, ma il suo profumo le invadeva i polmoni, le serrava il cuore in una morsa soffocante. Il calore del corpo di Giovanni a pochi centimetri dal suo, il contatto delle mani, tutto contribuiva a smantellare pezzo dopo pezzo le barriere che aveva faticosamente costruito. "Dovresti lasciarmi andare" mormorò con voce rotta, cercando di restare ferma. "Hai lei." Quelle parole erano una lama affilata che vibrava nel silenzio, una verità crudele che lei stessa aveva bisogno di ripetere, come un mantra per non cedere del tutto. "Non voglio, Nina. Non voglio." Le sue parole, dense, quasi sofferte, rimbalzarono su di lei come onde che si infrangono sugli scogli. Avvertì il dolore nascosto sotto quella dichiarazione, un dolore che avrebbe dovuto ignorare, ma che riusciva a toccarla più di quanto avrebbe voluto. Poi, improvvisamente, il vociare dei ragazzi che uscivano dalla palestra esplose nella loro bolla di intimità, come un segnale che quel momento doveva finire. Giovanni si mosse di un passo, lasciandole la mano, e tutto l'incanto si spezzò.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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Oltre l'ultimo bacio | Giovanni Di LorenzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora