Mi girai su un fianco, osservandolo con attenzione. La luce soffusa della luna illuminava appena i suoi lineamenti, ma in quegli occhi c'era qualcosa che non riuscivo a ignorare, una fragilità nascosta. Un ragazzo che in mezzo al campo era energia pura, adrenalinico, capace di tutto. Eppure, lì, con me, sembrava come se i suoi occhi stessero per rivelare qualcosa di più profondo, di più oscuro, un lato di sé che difficilmente mostravano.
Mi avvicinai a lui, sfiorandogli il petto con la punta delle dita. La pelle era calda, ma sentivo una tensione nell'aria, un silenzio carico di parole non dette. «Sei pensieroso,» dissi, cercando di rompere il gelo che si era creato tra di noi.
Lui mi guardò, ma il suo sguardo non era quello che conoscevo. C'era una punta di rabbia, come se avesse voluto allontanare i miei pensieri da lui, come se non volesse che mi avvicinassi troppo. «Non entrerai en mi cabeza.» rispose, la voce ruvida, carica di una tensione che mi fece fremere.
Un sorriso sfacciato mi sfuggì dalle labbra. «Già ci sono, Pablito. Ed è il motivo per cui vieni da me quasi tutte le notti.» gli risposi, cercando di mascherare la mia crescente emozione con una risata nervosa.
Poi, senza pensarci troppo, mi spinsi e mi misi sopra di lui, a cavalcioni. La sua reazione fu immediata, come se fosse stato travolto da un impulso che non riusciva a controllare. Il suo respiro si fece più profondo, e io sentii il suo corpo contrarsi sotto il mio.
«Tu eres mala.» disse, sospirando, ma non sembrava arrabbiato come prima. C'era un qualcosa di morbido, di desiderante nel suo tono. E prima che potessi reagire, mi tirò a sé, le sue mani afferrandomi con una forza che non riuscivo a contrastare. Le sue parole mi colpirono come una fitta di emozioni contrastanti, una parte di me felice di essere così vicina a lui, l'altra preoccupata per tutto quello che non dicevamo, per tutto ciò che restava sospeso tra di noi.
Il gel freddo si posò sulla mia pelle, un brivido mi percorse la schiena. La stanza era silenziosa, a parte il suono morbido della macchina che si accendeva e il respiro tranquillo della mia ginecologa, Isabel, che sorrideva con l'aria di chi ha tutto sotto controllo.
«Sempre freddo, vero?» disse con una risata leggera, cercando di mettere a suo agio anche la parte più ansiosa di me.
Annuii, cercando di rilassarmi. «Ogni volta mi sorprende, non importa quante visite ho fatto.»
Isabel inclinò leggermente la testa e mi guardò negli occhi, il suo sguardo era affettuoso, quasi complice. «Francesca, questa è una visita importante. È normale essere un po' nervosi.»
Il monitor si accese, mostrando un'immagine in bianco e nero che, per quanto cercassi di interpretare, sembrava solo un intricato gioco di ombre. Isabel si concentrò, muovendo la sonda con delicatezza.
«Ecco qui...» mormorò, indicando un punto specifico sullo schermo. Mi guardò e un sorriso genuino si aprì sul suo volto. «Vedi questa piccola macchia? È il tuo bambino. Sei di circa quattro settimane e mezzo, quasi cinque. Ancora troppo presto per sentire il battito, ma tutto sembra perfetto.»
Un'emozione intensa mi colse alla sprovvista, una combinazione di gioia e terrore. Non ero ancora pronta per questo momento, eppure eccolo, davanti a me, reale.
«Non so se essere felice o spaventata a morte» confessai, la voce appena un sussurro.
Isabel posò una mano gentile sul mio braccio. «È normale sentirsi così, Francesca. Tutto cambierà, ma hai la forza di affrontarlo. E ricorda, non sei sola. Ci sarò io e... beh, spero tu possa avere il supporto che desideri.»
Pensai a Pablo, a cosa avrebbe detto se fosse stato lì. L'incertezza tornò a galla, ma decisi di scacciarla per quel momento. «Grazie, Isabel. Sapere che ci sei tu mi aiuta davvero tanto.»
Lei annuì, scostando la sonda e porgendomi un tovagliolo per pulirmi il gel. «Passiamo ora a parlare dei primi passi da fare, della tua alimentazione e delle attenzioni da prendere. Abbiamo un viaggio da iniziare, ed è meglio farlo con consapevolezza.» mi disse sorridendo.
Rientrai a casa, avevo bisogno di distendermi, così mi tolsi le scarpe e mi diressi verso la camera da letto. Le lenzuola ancora stropicciate mi accolsero mentre mi sdraiavo, cercando invano di trovare una pace che sembrava sfuggirmi.
Chiusi gli occhi per un momento, ascoltando il silenzio della casa. Dopo alcuni minuti di inutili tentativi di rilassarmi, mi alzai con un sospiro e presi il portatile dalla scrivania accanto al letto. Aprii il computer, pronta a immergermi nel lavoro e a distrarmi almeno un po'. Mentre digitavo, il ticchettio dei tasti si mescolava al ritmo frenetico dei miei pensieri. Ero quasi riuscita a concentrarmi quando un rumore improvviso mi fece sussultare. Un bussare deciso alla porta squarciò il silenzio della casa, facendomi sollevare lo sguardo di scatto. Un'improvvisa speranza mi colse: forse era Pablo, finalmente pronto ad affrontare la realtà insieme a me, ad impegnarsi con me e con il bambino. Ma subito, quel pensiero si dissolse, consapevole che quella favola esisteva solo nella mia testa.
Mi alzai in fretta, scalza, e mi diressi verso la porta. Quando aprii, davanti a me una ragazza bionda, con gli occhi velati di tristezza. Non riuscivo a leggere nulla di positivo in quello sguardo.
«Ciao, cerchi qualcuno?» chiesi, cercando di mascherare la crescente inquietudine che mi stava travolgendo.
La ragazza mi guardò intensamente per un attimo, prima di rispondere in modo brusco, quasi come se avesse appena trovato il coraggio di farlo: «Francesca, sono Aurora, la sorella di Pablo. Devo parlarti.»
Sentii il cuore fermarsi per un istante. Un'onda di panico mi investì, e senza riuscire a trattenere la voce tremante, chiesi: «Di cosa si tratta?»
Il mio corpo si irrigidì, incapace di decifrare le emozioni che stavano prendendo il sopravvento. C'era qualcosa di profondamente sbagliato, qualcosa che non andava.
Mi feci da parte per farla entrare e la porta si chiuse dietro di me. Senza dire nulla, lei mi guardò per un momento, come se stesse cercando le parole giuste. Poi, con un tono che tradiva una preoccupazione che non riusciva a trattenere, disse:
«È meglio che ti siedi.»
Il cuore cominciò a battere più velocemente, mentre una fitta di preoccupazione mi attanagliava lo stomaco. Con passo incerto, mi avvicinai al divano e mi lasciai cadere su di esso, il respiro affannoso.
«Perché sei venuta qui?» chiesi, cercando di sembrare calma, ma la mia voce tremava, tradendo l'ansia che cresceva dentro di me.
Finalmente, dopo un lungo silenzio, le sue parole mi colpirono come un pugno allo stomaco.
«Pablo ha avuto un incidente.»
Un'onda di panico mi investì, ma cercai di mantenere il controllo. «Un incidente?»
Aurora fece una pausa, le mani che tremavano leggermente, e sentii la sua voce spezzarsi:
«Era a Valladolid, la settimana scorsa... in campo, durante la partita contro la Georgia.»
«Non... non capisco,» balbettai, cercando di raccogliere i pensieri. «Cosa è successo esattamente? Come sta?»
Aurora si avvicinò e, con gli occhi pieni di lacrime trattenute, disse, quasi in un sussurro:
«Si è rotto il crociato.»
Non riuscivo a credere a quello che stavo sentendo. Una lesione che avrebbe cambiato tutto? La sua vita, così piena di adrenalina e sogni, ora sprofondava in un abisso che sembrava impossibile da attraversare.
La mia mente si rifiutava di accettare la realtà, ma la voce di Aurora continuava a rimbombare nella mia testa, mentre lei, quasi in lacrime, continuava a parlare, come se cercasse di darmi una spiegazione che non poteva essere data.
«La sua carriera si fermerà per circa un anno,» aggiunse, con la voce incrinata. «È grave. Non possiamo più pensare alla stessa vita di prima. È un periodo difficile per tutti, soprattutto per lui.»
Mi sentii come se la terra fosse venuta a mancare sotto i piedi. Un anno senza il calcio, senza la sua energia, senza quella passione che lo aveva sempre definito. Aurora sembrava in lutto, e non riusciva a trattenere le lacrime. La sua vulnerabilità, la sua sofferenza, mi toccavano, ma in quel momento ero sopraffatta dalla mia confusione e paura. Sospirai, stringendomi le mani sulle ginocchia, cercando di trovare un po' di lucidità. Ma nulla sembrava più chiaro.
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Secreto - Pablo Gavi [IT]
FanfictionDopo un anno di studi a Barcellona, ho deciso di trasferirmi definitivamente nella città catalana. Una notte, al Pacha, il destino mi ha fatto incontrare il misterioso calciatore del Barça, Pablo Gavi. Tra luci scintillanti e ritmi travolgenti, abbi...