5. La casa del diavolo

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San Siro deserto era uno spettacolo deprimente per Zlatan, abituato alle urla e ai cori dei tifosi

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San Siro deserto era uno spettacolo deprimente per Zlatan, abituato alle urla e ai cori dei tifosi. Dalla vetrata della zona lounge osservava i sedili arancioni della tribuna opposta, spettatori silenziosi della sfilata che gli invitati stavano facendo sul prato verde brillante, in favore dei flash dei fotografi.

Gettò un'occhiata alla curva Sud, nella sua mente piena zeppa di ultras e bandiere sventolanti. Si immaginò lì sotto, le braccia spalancate ad accogliere il loro ruggito. La casa del Diavolo. Gli mancava da morire quella sensazione di onnipotenza dopo un gol, l'energia di migliaia di tifosi che urlavano il suo nome.

«Zlatan, ti aspettano per l'intervista a Milan TV.»

Si voltò verso l'addetto stampa che lo attendeva sulla soglia. «Arrivo.»

Il Milan aveva organizzato un evento privato e non c'erano giornalisti o fotografi esterni, solo lo staff del club. Nella sua nuova veste da dirigente avevano deciso che avrebbe parlato ai microfoni della tv della società, ma non avevano concordato nessuna domanda.

Uscì dalla lounge nella quale era stato apparecchiato il tavolo per la cena e raggiunse l'angolo dove era stata posizionata la telecamera e i giornalisti di Milan TV stavano finendo di intervistare Christian Pulisic.

«Questa sera c'è anche Zlatan, il nuovo senior advisor del Milan» disse il giornalista mentre Christian se ne andava e Zlatan avanzava per mettersi di fronte alla telecamera.

«Ciao, buonasera.»

«Zlatan, com'è tornare al Milan in questa nuova veste?»

«No, bello. Nuova avventura, sono molto carico. Poi, sapete tutti che ho un rapporto speciale con questo club, che mi ha dato tanto e...»

Una ragazza passò di fianco a loro. Un vestito lungo, aderente, di un tessuto luminoso e cangiante, che cambiava colore facendo assomigliare il suo corpo a un sinuoso serpente nero che si accendeva di rosso a ogni movimento. La ragazza si voltò appena un attimo perché lui la riconoscesse.

Amara.

Non la vedeva dalla serata in quel locale dal nome bizzarro in cui li aveva portati, tre giorni prima. Era stato troppo duro con lei, se ne era pentito quasi subito. Nel momento in cui lei era andata via Zlatan era tornato al tavolo e aveva detto a Carlo di voler tornare a casa. Carlo non gli aveva dato retta e lui aveva trascorso il resto della serata seduto in silenzio, a pensare a quanto fosse stato cattivo con una ragazza che voleva solo divertirsi e farlo divertire.

Forse le avrebbe chiesto scusa se l'avesse rivista, ma a dire il vero, era piuttosto sicuro che non l'avrebbe incontrata mai più.

E invece eccola lì, a una cena privata, alla quale erano state invitate pochissime persone oltre ai calciatori del Milan. Come aveva fatto a essere invitata? Certo doveva ammettere che era una che non si arrendeva facilmente.

Dietro la telecamera gli fecero segno di parlare.

Zlatan riportò l'attenzione sul giornalista che gli teneva il microfono davanti.

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