XVIII - Athena

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"Abbiate cuore.
E un po' meno paura"

***

«Parlare?!» quasi esclamai «tu vorresti parlare? Davvero?»
Non potevo crederci.
«Mi sembra di aver detto proprio questo» rise.
«Ma cosa ti ridi» lo guardai male.
«Solo cinque minuti» si avvicinò a me «per favore»

Rimasi a guardarlo negli occhi per qualche secondo, fino a che non mi allontanai di getto.
«Io devo ancora finire di lavorare» gli ricordai.
«Andiamo» portò la testa all'insù e iniziò a camminare verso il suo ufficio «è tardi, hai bisogno di riposare»
Lo guardai storto.
Lui ignorò il mio sguardo e prese la sua giacca.

«Facciamo una passeggiata, ti riaccompagno a casa» mi guardò come se mi stesse supplicando.
Forse stava anche aspettando una risposta, che però non gli diedi.
«Dai, Athena, non farti pregare»
Sbuffai.
«Evvai! Uno a zero per me» lo fulminai con lo sguardo e lui smise di sorridere.
«Scusa» abbassò la testa e mi aprì la porta.

Emotivamente volevo restare.
Intellettualmente volevo andarmene.
Come sempre, sembrava che mi piacesse punirmi.

Lo superai e nascosi il più possibile la mia faccia dalla sua visuale.
Non volevo fargli vedere il sorriso che solo lui è sempre stato in grado di generare sul mio volto.

***

«Andiamo» dissi, mentre iniziammo a camminare «di cosa vuoi parlare?»
«Di quello che è successo» mi disse, alzando le spalle.
«Beh, io non ho niente da dire. Forse dovresti iniziare tu, visto che sei sparito» marcai l'ultima parola con un po' troppa rabbia.
«Si, esatto. Proprio di questo» si guardò intorno.

«Sto aspettando, Enea» lo incalzai.
«Io... ti chiedo scusa» si fermò per guardarmi negli occhi «mi dispiace davvero tanto, per tutto. Avevo paura di affrontare la realtà. Dovevo andarmene e non ero pronto»
«Quindi hai deciso di venire a letto con me e poi sparire?» replicai, ironica «bella mossa, complimenti»
Mi stava facendo arrabbiare.

«Non mi sono comportato bene, lo so. Per questo ti sto chiedendo scusa»
«Pensi che basti chiedermi scusa?» alzai gli occhi al cielo.
«No... cioè, speravo di sì» balbettò «farò qualsiasi cosa affinché tu possa perdonarmi»
«Perdonarti?!» quasi urlai «tu non capisci, come potrò mai perdonarti?»
«Io... non lo so» alzò le spalle «ricominciamo da zero. Facciamo finta che ci siamo conosciuti ora»

«Stai scherzando?» non potevo crederci.
Ripresi a camminare. Stavolta a passo svelto.
Non avrei voluto passare un secondo di più accanto a questo essere schifoso.
Ti piace passare del tempo insieme a questo "essere schifoso", però.
Oh, ma stai zitta.

Enea mi corse dietro «Athena, eddai. Aspettami»
«Sai cosa, Enea?» dissi, senza però fermarmi.
«Cosa?» disse, con un po' di fiatone.
«Avevo paura che, se non fossi venuta a letto con te, tu mi avresti lasciata lì, da sola. E che, dopo, non ti saresti fatto più sentire»
Lo sentii fermarsi di colpo.
Rallentai il passo, fino a fermarmi pochi metri più avanti a lui.

Come se non bastasse, iniziò a piovere.
Che fortuna.
«Athena, io...» lo fermai subito.
«Invece» stavo per scoppiare a piangere.
Feci un respiro profondo e ripresi a parlare «Invece io sono venuta a letto con te. E tu mi hai lasciata sola ugualmente»
Sospirai.
«Senti, non sono arrabbiata perché mi hai mentito... perlomeno, non più» dissi, in tutta sincerità «sono arrabbiata perché, d'ora in poi, non potrò più crederti»

Non riuscii più a guardarlo negli occhi.
Lui, invece, iniziò ad avvicinarsi.
«Non sai quanto io mi senta in colpa, sono stato uno stronzo e non mi perdonerò mai. Non ho fatto altro che pensarti da quando me ne sono andato» fece un respiro profondo e si fermò proprio davanti a me «ma fidati, il fatto che tu sia venuta a letto con me non c'entra assolutamente nulla con la mia scomparsa. Io... me ne sarei andato lo stesso»

Al contrario di ogni aspettativaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora