Fucking confused

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"Com'è stato?" Chiedo a mia sorella, mentre cerchiamo di uscire dall'Arena: la gente si ammassa da tutte parti, accalcandosi come formiche.
Meno male che ci siamo incamminate un paio di minuti prima che la gente iniziasse a sciamare.
"Oh, niente di che..." Sorride, asciugandosi il viso. "Solo la notte più bella della mia vita."
Ha le guance rigate e la voce roca a causa delle urla, ma non se ne preoccupa minimamente: sprizza gioia da tutti i pori.
Le sorrido e le appoggio una mano sulla spalla, guidandola e tenendomela vicina.
Lentamente, schiacciati gli uni sugli altri, ci indirizziamo verso le scale e iniziamo a scenderle.
Il telefono mi squilla improvvisamente, il flebile suono della suoneria in mezzo alla calca di gente.
Lascio un attimo la mano di Margot, tutta intenta a mandare messaggi, e rispondo al telefono, non senza una qualche difficoltà di spazio.
"Mamma!" Urlo.
"Tesoro!" Ha una voce leggermente preoccupata.
"Tutto ok, il concerto è andato benissimo." La tranquillizzo subito. "Ora stiamo uscendo."
"Margot? È felice?" Chiede con voce assonnata.
"Oh si" sorrido, anche se non mi può vedere. "Te la passo!" Le dico, contemporaneamente girandomi per passare il telefono a mia sorella.
Prima di allungarlo osservo velocemente lo schermo del telefono, ma mi accorgo con disappunto che è nero. Schiaccio un bottone, ma rimane impassibile, provo ad accenderlo, ma l'icona rossa mi dice che è scarico.
Il tutto nel giro di pochi secondi.
"Margot!" Sbotto. "Mi hai scaricato il telefono con tutti quei vi--" mi giro per cercare il viso di mia sorella, ma con enorme orrore mi accorgo che non c'è più.

"Margot!" Urlo, mentre il panico mi avvolge.
Scruto con lo sguardo in mezzo alla gente, disperata, ma non la trovo: la sua testolina non è da nessuna parte.
Inizio a correre giù per le scale, non curandomi di spintonare le persone.
Schiaccio invano i tasti del telefono, maledicendo la sua scarsa batteria.
Ed ora che cazzo faccio?
Corro in mezzo ai fiumi di gente cercandola dappertutto, arrivando persino a chiedere di lei a qualcuno, ma invano.
Non capisco neanche più dove sto andando e all'improvviso mi ritrovo in una parte completamente isolata.
Mi fermo e cerco di tranquillizzarmi, respirando lentamente e ripetendomi che ha i soldi per il famoso "taxi di emergenza" di cui ci ha tanto rotto mamma.
Ma chissà se anche lei è in panico: magari si è persa.
Che schifo di genitore sarò?
Riprendo a camminare lentamente, decisa a trovare un agente a cui chiedere aiuto.

La notte è buia e vedo a malapena i miei piedi sull'asfalto, data la quasi assenza di fonti di luce.
Dove sono capitata?
Sto per ritornare indietro, quando sento delle voci: non capisco cosa dicano ma sono abbastanza vicine.
Velocizzo il passo, speranzosa.
Non mi accorgo di una porta di emergenza laterale, incastrata nel muro, che si apre all'improvviso, proprio mentre ci passo davanti.
Il metallo freddo sbatte violentemente contro la mia fronte facendomi cadere all'indietro e sbattere la testa sul cemento con un impatto che mi toglie il fiato.
Nei successivi secondi mi stupisco di non essere ancora svenuta, dato il forte dolore che si insinua in tutta la testa e la sensazione di terribile confusione.
La vista all'impatto annebbiata si fa più chiara, ma il dolore aumenta. Riconosco delle voci maschili e vedo sei figure scivolare fuori dalla porta che mi ha appena stesa.
Non riesco a pensare molto lucidamente.
Anzi, per niente.
Sento un'imprecazione e vedo una figura avvicinarsi verso di me.
Mi sta venendo addosso? Sembra mi stia cadendo sopra.
Invece si inginocchia per terra e parla con qualcuno alle sue spalle.
Lentamente riconosco i ricci castani tanto amati da mia sorella e nella mia testa aumenta ancora di più la confusione.
"Cazzo." È l'unica cosa che riesco a dire, ma la mia parola esce come un flebile sospiro.
"Oh porca merda." Esclama il ragazzo davanti a me, mentre altre quattro figure si avvicinano.
Non capisco cosa stanno urlando, sicuramente niente di interessante per me ora.
Cerco di alzarmi sui gomiti, ma la testa mi gira vorticosamente.
Sento una mano toccarmi la fronte, ma non mi sento in grado di respingerla: riesco solo a vedere del rosso sui polpastrelli.

Sto sanguinando?
E la mano che mi ha appena toccata è di un membro degli One Direction?
Il mondo non ha senso.
Le persone sopra di me stanno parlando e io riesco lentamente a riprendere lucidità, distinguendo le figure e qualche parola. Al contrario una fortissima ondata di nausea mi accoglie.
Mi accorgo che sono a solo qualche centimetro dalla faccia del ragazzo.
Com'è che si chiamava?
Harvin? Liam?
Non mi accorgo però che ho detto quei due nomi ad alta voce fino a quando tutti si girano verso di me.
"Sta avendo le allucinazioni?" Sbianca il riccioluto.
Un'ondata di energia mi travolge non appena osservo i suoi occhi preoccupati.
"No deficiente" riesco finalmente a sedermi "semplicemente non mi ricordo come cazzo ti chiami." Brontolo, toccandomi i capelli.
Lui mi guarda sconvolto, mentre alle sue spalle qualcuno scoppia a ridere.
Non è divertente, affatto.
"Sono Harry." Mi dice tranquillamente, un accenno di sorriso sulle labbra. "Ce la fai ad alzarti?" Mi chiede.
Afferro con riluttanza la mano che mi porge, scoprendola grande e sudata.
Lui mi tira verso l'alto, ma con mio grande orrore scopro che non mi reggo sulle gambe.
"Chiamate una fottuta ambulanza." Esclama, afferrandomi le braccia, mentre una lacrima mi scende sulla guancia.
"Harry, non urlare merda." Esclama un'altro alla sua destra. "Ti rendi conto? Non possiamo chiamare l'ambulanza, faremmo troppo casino e innanzitutto potremmo finire sotto processo. Non contando l'attenzione che attirerebbe e quindi tutte le fan." Si strofina i capelli corti castani nervosamente.

"Dov'è Brandon?" Chiede un'altra voce.
"Ci sta venendo incontro." Risponde qualcuno. "Se la fottuta porta da cui avevamo organizzato di uscire non fosse bloccata!" Esclama esasperato.
La nausea è sempre più forte: Harry mi adagia di nuovo per terra mentre le voci iniziano a farsi più confuse, di nuovo.
Poi il ragazzo fa una cosa che non mi sarei mai aspettata: si siede per terra, incrocia le gambe e prende la mia testa, appoggiandomela delicatamente sulla sua pancia. Poi inizia a spostare distrattamente i capelli appiccicati di sudore e sangue, dal mio viso.
Sono sconvolta: ragazzo viziato famoso in tutto il mondo, grazie al quale qualunque posto in cui poggia il suo sedere diventa sacro, il ragazzo che probabilmente non va in un albergo da meno di cinque stelle da qualche anno, il ragazzo che ha milioni di followers sui social è seduto sul cemento lurido con la mia testa sulle sue gambe.
Sono troppo stanca e scioccata per alzare gli occhi verso il suo viso e la testa mi pulsa incredibilmente.
"Margot..." Sussurro con voce spezzata, ricordandomi di nuovo della sorella. Cerco di spostarmi, ma due mani mi spingono con delicatezza verso il basso.
"Mia sorella..." Mi lamento. "L'ho persa..." Un'altra lacrima mi scende sulla guancia.
"Tranquilla..." La sua voce roca tenta di rassicurarmi.
Voglio urlargli che non sto tranquilla, che li odio per avermi fatto tutto ciò, anche se accidentalmente, ma non lo faccio.
Non ne ho le forze.

"Harry..." Una voce lo sta chiamando.
Riapro gli occhi, emergendo dal buio.
"Sto pensando a cosa fare Brandon." Risponde il ragazzo dietro di me. "Sei tu il fottuto manager che decide tutto!" Sbotta. "Dimmi, dimmi cosa cazzo fare!"
Sembra disperato.
Mi sento improvvisamente in colpa, devo intervenire.
Tossisco leggermente. "È tutto ok." Dico, cercando di sembrare convincente.
Il male in effetti è un po' diminuito.
"Ce la faccio ad alzarmi" aggiungo "lasciatemi a un responsabile della sicurezza e mi arrangio. Voi continuate pure il vostro tour." Non posso fare a meno di mettere una piccola nota di disprezzo nell'ultima frase.
Mi alzo lentamente, questa volta stabilendomi bene sulle gambe.
"Non puoi dirlo sul serio." Harry mi appoggia una mano sulla spalla.
"E invece sì." Rispondo. "Se questo è il fottuto sogno di una ragazzina tredicenne che incontra i suoi idoli, per me è solo un incubo." Affermo, con una nota di amarezza.
Gli altri tre stanno discutendo animatamente tra loro, mentre uno di loro sta parlando con colui che ho capito sia il manager.
All'improvviso intravedo un'ombra correre verso di noi. Lentamente distinguo la divisa di un bodyguard e la sua faccia allarmata.
"Tutti in pullman." Afferma deciso, senza badarmi di uno sguardo. "Immediatamente."
Non passano neanche tre secondi di silenzio e di confusione, che un'orda di gente appare alla fine della via.
Sento urla femminili e quelle disperate degli uomini della sicurezza che cercando di trattenerle.
"Oh--"
"Andiamo!" Urla qualcuno, interrompendo l'imprecazione del biondo accanto a me.
"Non possiamo fottutamente portarcela con noi!" Sbraita un altro.
"Hai migliori soluzioni?" Interviene Harry.
La vista mi si annebbia di nuovo e scivolo di nuovo per terra, mentre una nuova ondata di nausea mi porta a vomitare sul cemento.
Finalmente non sento più niente e liberata momentaneamente dalla nausea mi concedo di perdere i sensi.

Ecco a voi il terzo capitolo! Grazie ai commentatori e vi chiedo di votare la storia se vi piace! Ci ho messo impegno per scrivere questo capitolo, essendo un po' delicato... Grazie per le quasi 60 visualizzazioni!
(Non si visualizza la foto in alto! Mi dispiace! Se la vedete avvisatemi)
Lasciatemi qualche commento dai!❤️
Baci from ||Me

Unpredictable.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora