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Stressed out- Twenty One Pilots.
Aiden

Il tachimetro della velocità sulla mia Harley segnava valori estremi. Nell'ultima mezz'ora, avevo percorso più volte le strade desolate dei sobborghi di Londra come un pazzo, cercando di ritrovare un po' di pace nella mia testa.

Era tutta colpa sua, quella fottuta ragazza sapevo che sarebbe stata la mia rovina.

Quando sta sera l'avevo intravista abbracciata a quel suo amichetto Josh, avevo avuto l'impressione che il mio inferno personale fosse piombato sulla terra per ricordarmi quanto la mia vita fosse una merda.

Stivali alti al ginocchio, leggings talmente stretti da non lasciare nulla all'immaginazione, quel culo sodo coperto solo da un semplice giacchetto di pelle. Labbra da fata, occhioni da cerbiatta e per di più quei boccoli rossi, Cristo, che avrei pagato per tenere in pugno mentre le davo la giusta punizione per essere venuta là dove non doveva.

Sapevo che fosse tutta colpa sua. Era stata sua la cazzo di colpa se quella gara era saltata. Io e gli altri avevamo perso un consistente gruzzoletto, visto che ormai la vittoria era assicurata con la mia Harley. E poi per non parlare della polizia, avevamo rischiato grosso. Non potevo permettermi di perdere l'unica cosa che ancora mi interessasse, il mio futuro da medico.

Ma in fondo non me ne fregava un cazzo dei soldi in meno o dei rischi corsi con la polizia, quelli si mettevano sempre in gioco quando ti esponevi come guidatore nelle corse clandestine.
Quello che mi faceva davvero vedere rosso dalla rabbia era il pensiero che lei, con la sua cazzo di ingenuità da fata che si ritrovava, fosse venuta nel mio posto con i suoi amici a disturbare la quiete apparente che governava la mia vita, mettendo a rischio la sua di salute.

Non bastava doverla sopportare quando camminava tra le aule dell'università, quando la vedevo assorta tra i libri nella biblioteca o quando la incontravo a casa sua, visto che il mio migliore amico Jake fosse niente meno che suo fratello.
No, adesso dovevo ritrovarmela davanti, con quel cipiglio saccente da so tutto io, anche nei miei posti, nelle mie frequentazioni.

Lei non aveva mai avuto alcuna idea dell'effetto che mi provocasse.
Si, era vero, ci ero cresciuto insieme e per lo meno all'inizio era sempre stata per me una piccola sorellina da proteggere, sin quando avevo conosciuto Jake.

Il ragazzino un po' timido e introverso che mi era capitato come compagno di banco il primo giorno di elementari, ma che da subito aveva dimostrato un gran cuore e un carattere genuino. Il mio legame con Jake non era di sangue, ma per me era più di un fratello.

Jake c'era stato per me quando tutti gli altri si erano tirati indietro; Jake mi aveva ripulito dalle ferite che quel figlio di puttana del mio patrigno si divertiva a darmi e mi aveva accolto come un membro della sua famiglia, facendomi sentire a casa.

Aveva solo un difetto. Quella fata di sua sorella.

Victoria aveva sempre esercitato un'ascendente particolare su di me. Sin dalla prima volta che l'avevo vista a casa di Jake, mentre faceva stretching in giardino allungandosi come una gatta, con quella sua chioma ramata che rifletteva sotto i raggi del sole, sapevo che per me lei era diversa.

Non si poteva certo dire che le ragazze mi mancassero. Cristo, sapevo che mi sarebbe bastata una chiamata per averne quante ne volevo pronte a succhiarmi il cazzo come e quando volessi.

Mi piaceva il sesso. Era un buono sport, insieme al basket.

Ma le altre non avevano mai avuto paragone con lei.
C'era solo una ragazza per me.

E lei era off limits. La sorella del mio migliore amico.

Volevo un bene dell'anima a Jake, ma ero sicuro come della morte che una sola cosa fosse in grado di dividerci: sua sorella. Se mai avessi osato un passo un più, se mai Jake avesse capito di quello che io provavo per lei la nostra amicizia sarebbe finita.

Ride Or DieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora