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Si informano i gentili passeggeri che il volo 0209 è in arrivo all'aereoporto di Heathrow, Londra. Speriamo che abbiate trascorso un piacevole viaggio. Alla prossima.

La voce metallica dagli altoparlanti dell'aereo mi fece improvvisamente riscuotere dal sonno profondo, in cui da qualche ora mi ero cullata. Urtai con la testa il finestrino contro cui ero appoggiata, sbuffando un infastidito "ahi, che botta."

Il mio vicino di posto, un ragazzo sulla trentina che era stato impegnato sin dall'inizio del viaggio a digitare qualcosa (probabilmente di estremamente noioso, considerati i mille codici che avevo visto alternarsi sul suo schermo), sollevò lo sguardo e nascose un piccolo sorriso sotto i baffi. Per tutta risposta lo guardai male, e iniziai a raccogliere tutti i miei averi sparsi sul sedile, ignorando la fitta di dolore sul capo sinistro.

Svegliarsi con una bella botta non poteva altro che essere stato un segnale dal destino. Tornare a Londra non sarebbe stato semplice, figuriamoci anche con un bel bernoccolo..

Sospirai al pensiero. Non mi sentivo pronta per tornare a casa. O almeno non ancora.

E non era soltanto perché il clima raggiante e tiepido di Miami mi sarebbe inevitabilmente mancati, in confronto all'immancabile cielo nuvoloso di Londra. Nè solo perché avrei sentito la nostalgia dei caffé del pomeriggio con Lexi, la mia coinquilina con cui avevo condiviso 12 mesi di ricordi..Dopo l'anno di Erasmus che mi aveva portata lontana da casa, dai miei amici e anche da tutto ciò che era successo, il solo pensiero di dover ritornare alla "routine" di sempre, di dovermi reintegrare con persone che erano andate avanti, magari erano anche cambiate...

Una fitta di angoscia si propagò dal mio ventre, spargendosi in alto verso lo stomaco.

Certo, a casa c'erano Amy e Gio, le mie due migliori amiche secolari, insostituibili pazze che mi avevano aggiornata ogni singolo istante riguardo a ciò che succedesse a Chelsea street in questi mesi. C'erano Josh, London, Travis, i miei amici, il mio gruppo di sempre. C'era la mia facoltà di medicina, c'erano i miei genitori, la mia famiglia, nonna Lucy, mio fratello Jacob e anche...

Ignorai la fitta di ansia che mi pervase al pensiero del suo nome. No, lui decisamente non c'era per me. Così come non c'era mai stato, nè durante il mio anno all'estero e tantomeno prima che io partissi..

Questo anno in Florida, passato tra i colori e il sole di Miami, con la sua eccentrica vita in spiaggia che mi aveva fatto sognare, e il caloroso sorriso dei surfisti , mi aveva cambiata. Non ero né mi sentivo più la bambina eccentrica che cercava la sua attenzione e smaniava per lui. Non ero più la ragazzina che si era fatta raggirare dalla sue attenzioni, che tanto avrebbe fatto di tutto per lui...

Io e lui...non eravamo mai esistiti, e così sarebbe rimasto. Per sempre.

Eppure...

Ignorai con l'ennesimo sospiro quel presentimento angosciante e caricato lo zainetto in spalla mi iniziai ad avviare verso l'uscita, aspettando pazientemente che arrivasse il mio turno per uscire.

Certo, non si poteva dire che non fossi anche felice. Molto felice. Di rivedere i miei, di riabbracciare i miei amici, di ricominciare a far festa il venerdì, il sabato, andare alle partite la domenica (no forse questo non mi era fin troppo mancato) e portare Blake a spasso la domenica sera. Sapevo che le mie erano paranoie, più che altro, di una ragazza che aveva passato tanto tempo da casa e aveva paura di non trovare più le cose come prima...

Ma in fondo, sapevo che loro ci sarebbero stati sempre per me. E sapevo che, nel profondo, non avevo nulla di cui preoccuparmi.

Mi feci largo tra le svariate persone che erano ferme nell'area ARRIVI aspettando di riconoscere qualche loro familiare, amico, o anche tassista che li avrebbe riportati a casa; scannerizzai la folla, cercando qualche povera anima appartenente alla mia famiglia.

Ride Or DieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora