Capitolo 1

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Ilaria

«Ancora un minuto, ti prego» mugugnai sotto le coperte, nel vano tentativo di riappisolarmi.
La sveglia suonava senza sosta, in attesa di essere spenta dalla mia mano. A malincuore la spensi e mi trascinai fuori dal letto. Il calore avvolgente del piumone cedette il posto al fresco mattutino. Aprii la finestra per far cambiare l'aria e i primi raggi del sole entrarono a illuminare la mia piccola stanza.
L'armadio bianco a sei ante fu il primo oggetto che si tinse della dorata luce, regalandomi un istante di pace interiore.
Era questo il mio rituale per iniziare al meglio le mie giornate, e se poi quel giorno era un lunedì mi servivano il doppio delle energie!

Andai in cucina, attraversando un piccolo corridoio, per preparare la colazione. Feci mente locale: tazze, latte, caffè e biscotti. Tutto l'occorrente si trovava nel frigo e nella credenza in legno ciliegio. Maneggiai con molta cura le tazze di ceramica, regalo della nonna di Rebecca.
Che fortuna, la mia, averla incontrata! Dopo la morte dei miei genitori, in un incidente stradale, fu il mio appiglio nell'oscurità. Da due anni mi accoglieva nella sua confortevole casa e il suo sostegno psicologico.
Non era più solo una coinquilina per me. Era diventata madre, sorella e amica. La mia seconda famiglia.

Rebecca era alta, snella e vivace. Capelli ricci castani scuri, avvolgevano il suo volto con le loro onde ribelli. I suoi occhi verdi incutevano vitalità, gioia di vivere. La mia amica emanava una forte energia vitale, sapeva donare vita con il suo carattere gioioso e socievole, ma anche con il suo lavoro. Frequentava il settimo anno di università di Medicina e Chirurgia alla Sapienza, con il sogno di diventare una chirurga nel reparto di chirurgia d'urgenza.

Io avevo i capelli lunghi di colore biondo cenere, gli occhi azzurri e la carnagione chiara. Di carattere ero timida, ma determinata. E se ero in compagnia di persone a me affini riuscivo persino ad essere divertente. Frequentavo il secondo anno di università, facoltà Mediazione Linguistica alla Gregorio VII. Avevo una grande passione per le lingue straniere, infatti studiavo l'inglese, lo spagnolo, il francese e il russo. Volevo fare la traduttrice o l'interprete.

Rebecca fece capolino dalla sua stanza «Buongiorno, tesoro» mi strinse in uno dei suoi calorosi abbracci.

«Buongiorno, Reby. La colazione è quasi pronta» risposi con tono dolce e premuroso.

Per noi quel momento era sacrosanto. Davanti a una buona tazza di latte e caffè, le nostre conversazioni fluivano liberamente. Si parlava di tutto, ci confidavamo i nostri segreti da custodire gelosamente. Lei fu la prima custode della parte più fragile e nascosta del mio cuore.

Dopo la morte dei miei genitori fu la prima a sapere della mia disabilità: all'età di sette anni mi fu diagnosticato un ritardo mentale del sessanta percento. A scuola avevo il docente di sostegno, dalle elementari fino al secondo anno di scuola superiore di secondo grado. Compiuti i diciotto anni, rifeci la visita alla ASL per rinnovare il mio certificato di invalidità civile, e il tasso scese al quarantadue percento.

Dopo il pasto mattutino, mi lavai, indossai i miei abiti comodi e pettinai i miei lunghi capelli. In quanto al makeup, optai per una semplice base, mascara e rossetto color pesca. Non mi era mai piaciuto truccarmi eccessivamente, ma volevo almeno essere ordinata e pulita.
Il blu dei jeans scuri, abbinati al panna del mio maglione a collo alto, formavano un bel contrasto. Era il mio outfit preferito, oltre che il più comodo.
Misi lo zaino in spalla, abbracciai Rebecca per salutarla e scesi alla Stazione Tiburtina per prendere il bus numero 490 che mi portava tutti i giorni alla sede della mia facoltà.
Ad aspettarmi al bar vicino trovai Alice ed Eleonora, le mie amiche e colleghe più fidate.
Alice era bionda, occhi marroni e di carattere solare. Eleonora aveva i capelli lunghi castani chiari eocchi marroni. Era più riservata, a volte scontrosa, ma se riuscivi a scovare la parte più nascosta e fragile del suo cuore si scopriva la dolcezza del suo animo. In classe mi trovavo bene con tutti, ma con loro c'era un rapporto speciale.

«Mi spieghi come cazzo fai a sorridere il lunedì mattina?» fece Eleonora, in finto tono polemico. La conoscevo bene, dopo un anno di università, ogni lunedì la stessa storia.

«Andiamo, Ele» fu il turno di Alice. «Dovresti prendere spunto da Ilaria. Quando lei è con me questa università è più allegra»

«Grazie, Ali. Menomale che mi difendi» sorrisi alla mia amica. «Oggi sono di buonumore perché c'è Mediazione Linguistica Orale di francese le prime due ore ed è la mia materia preferita» ammisi. Ordinato cappuccino e cornetto, come ogni mattina, informai le ragazze di una cosa carina che mi era successa sul bus.

«Stamattina Spotify mi ha proposto nella riproduzione casuale Grande Amore de Il Volo. Non l'ascoltavo da parecchio, mi ha dato una sensazione di pace. Ah, come vorrei incontrare il mio Grande Amore»

«Ti piacciono davvero quei tre? Ilaria no, te prego!» Eleonora fece una smorfia di disgusto. «Se ti vuoi tagliare le vene fai pure, io te li sconsiglio proprio. Poi mammamia come se la tirano, specialmente quello col ciuffo in su. Aspetta come si chiamava? Ginobile? Oddio c'ha la faccia da pompato»

A quanto capivo, non rientravano nei suoi gusti musicali. Mi stupii del suo disappunto, non mi aspettavo lì criticasse così tanto. «A me non sembra se la tirino. Non li seguo come seguo Ermal Meta, ad esempio, ma sembrano tre ragazzi molto alla mano. Ah, si chiama Ginoble, Gianluca Ginoble» mi difesi, ma Eleonora non la smetteva di dargli addosso. «Eh, brava quello là. Non lo sopporto»

Alice fece troncare la discussione «Vabbè dai ognuno hai i suoi gusti. Se a lei piacciono non vedo il motivo di scaldarsi tanto»
Poco dopo, entrammo in aula per iniziare la lezione. La prof Vaneecke ci accolse con un grande sorriso. «Buongiorno, ragazzi. Che la lezione abbia inizio!»

La giornata volse a termine, tra traduzioni e conferenze in cabina. L'università mi piaceva moltissimo, a tal punto da non farmi pesare di alzarmi alle sei del mattino. L'indomani, oltre le lezioni, si sarebbe tenuto il mio corso di fotografia e non vedevo l'ora di andarci.

La musica e la fotografia erano le mie più grandi passioni. Iniziai questa attività insieme all'università, un po' come svago, e man mano che andavo avanti con le lezioni mi appassionavo sempre di più.

Chissà se potrà nascere qualcosa, in senso lavorativo. Pensai mentre tornavo a casa e sulle mie labbra comparve un sorriso. Nel mio cuore sentivo che qualcosa stava per accadere ed ero pronta ad accogliere tutte le novità che la vita mi avrebbe riservato da quel momento in poi.

Mi addormentai con un sorriso stampato in volto, anche Rebecca si accorse del mio cambiamento d'umore. «Sei così radiosa, come se fossi innamorata.»

«Ma quale innamorata!» sbuffai. «Non potrei piacere a nessuno, ho talmente tanti problemi che nessuno potrebbe sopportarmi.»

«Tu ti sminuisci sempre! Sei bella così come sei, avventurosa, spontanea ed empatica. Io se fossi un ragazzo ti chiederei subito di essere la mia ragazza» Rebecca tentò di risollevarmi il morale. «Hai la mente più aperta di tutti i ragazzi della tua età, sei gioiosa, sognatrice, determinata. Vedrai che arriverà chi ti amerà davvero per quella che sei. L'attesa sarà ripagata.»

Chissà se troverò anche io il mio Grande Amore. Mormorai prima di crollare nel sonno.

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