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Cameo Island, in Grecia, è uno di quei posti che ti toglie il fiato appena arrivi. Tutto sembra troppo perfetto per essere vero. La piccola isola, collegata alla terraferma da un pontile di legno sospeso sull'acqua turchese, è come uscita da una cartolina. A volte penso che il mio corpo non riesca a contenere tutta l’energia che ho dentro, soprattutto quando sono in posti come questo.

«Papà, dai, muoviamoci!», urlo, saltellando come una bambina. Mio padre, sempre paziente, mi guarda con un sorriso stanco, probabilmente già esausto solo all’idea di starmi dietro.

«Alex, calmati un attimo. Non ci corre dietro nessuno», mi dice, ma lo ignoro. Non posso calmarmi, non ora che ho tutta l’isola davanti a me e un’intera giornata da riempire.

Mio fratello minore, Nicolás, mi fissa da sotto il cappello che ha calcato sugli occhi. È il contrario di me: tranquillo, osservatore. Ma quando si tratta di avventure, non può resistere. «Facciamo un giro in barca?», gli chiedo con un sorriso furbo. So che non dirà di no.

«Ok, ma se cadi, non vengo a ripescarti», risponde, cercando di fare il duro, ma lo vedo che si sta già emozionando all’idea.

Troviamo un piccolo noleggio di barche poco lontano dal pontile, un paio di ragazzi del posto che sorridono e ci dicono che possiamo prendere una barca a motore per qualche ora.

Non appena saliamo a bordo, io prendo subito il controllo. Mio padre è abituato al mio entusiasmo, così mi lascia fare, mentre Nicolàs si siede a prua con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. Il motore ruggisce sotto di me e sento il vento che mi scompiglia i capelli, ma non mi importa. Anzi, mi fa sentire più viva.

Le onde ci fanno sobbalzare un po', ma io rido come una matta, godendomi ogni momento. Non ho mai capito quelli che si tengono tutto dentro, che sono sempre così controllati. Quando sei qui, in mezzo al mare, con l'acqua che scintilla sotto il sole e il vento che ti rinfresca, come puoi non sentirti libero?

Navigo lungo la costa di Cameo Island, costeggiando le piccole spiagge nascoste tra le rocce. Ogni tanto rallento un po', perché vedo qualcosa che voglio esplorare. «Nico, guarda là! C’è una grotta! Dobbiamo andare a vedere!»

«Alex, non esagerare…», inizia a dire, ma so che mi seguirà comunque. L’eccitazione che provo è troppo contagiosa, e presto lo vedo alzarsi e sporgersi per guardare meglio.

Avvicino la barca all'ingresso della grotta, spegnendo il motore per lasciarci scivolare dolcemente all’interno. L'ombra ci avvolge, e il rumore delle onde che si infrangono contro le pareti di roccia è quasi ipnotico. «È incredibile», sussurra Nicolás, quasi controvoglia. Lo capisco, anche se non lo dice a parole: anche lui è colpito.

Sento l’adrenalina scorrermi addosso. «Ok, dobbiamo tuffarci», dico, già pronta a saltare in acqua. Mio fratello mi guarda come se fossi pazza, mentre mio padre scuote la testa con un sorriso. Ma non c’è niente da fare: io sono già in piedi, pronta a buttarmi.

«Alex, aspetta!», grida Nico, ma è troppo tardi. Mi lancio nell’acqua fresca con un urlo di gioia, sentendo il sollievo del mare che mi avvolge. Quando riemergo, rido e mi asciugo il viso. «Vieni!»

«Nemmeno per sogno», risponde, ma vedo nei suoi occhi che ci sta pensando. Dopo qualche secondo, finalmente si decide e si tuffa anche lui, con meno entusiasmo di me, ovviamente.

Restiamo lì per un po', nuotando intorno alla barca e esplorando la grotta. È un momento di pura libertà, senza preoccupazioni o pensieri. Solo l’acqua, il sole che entra a sprazzi tra le rocce, e le nostre risate che rimbalzano contro le pareti.

Quando risaliamo a bordo, esausti ma felici, guardo mio padre. «Papà, sono la migliore guida turistica, vero?»

«Lo sei sempre stata, Alex», risponde, e vedo nei suoi occhi quanto è orgoglioso di me, anche se a volte penso di stressarlo troppo.

𝐎𝐂𝐄𝐀𝐍ʰᵉᶜᵗᵒʳ ᶠᵒʳᵗDove le storie prendono vita. Scoprilo ora