Chapter 2

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In realtà ero convinta di star ascoltando solo le pazzie che la mente poteva diffondere in una vecchia come lei, ma le mie gambe esultarono quando potei finalmente sedermi e riposare. Sapevo che il mio letto sarebbe stato mille volte meglio, ma quella signora mi faceva troppa pena per abbandonarla in quello che probabilmente era uno degli ultimi giorni della sua vita.

Così decisi di lasciarla parlare, senza interromperla e concentrandomi giusto il necessario per non perdere il filo del discorso.

"Il governo ci sta avvelenando" cominciò.
"Avvelena tutti noi."

Capii che sarebbe stato difficile non ostentare un'espressione scioccata, ma ci provai comunque. Trattenni la mia perplessità e mi obbligai a restare zitta.

La vecchia, capendo che non me ne sarei andata seduta stante, continuò.

"Ci avvelenano con il cibo. Il mondo non è veramente come lo vediamo. Noi vivevamo un' altra vita, con un contesto costante, pacifico. Non bisognava lottare per la propria vita, non si rischiava di morire ogni settimana. Gli animali non erano terrificanti. Non c'erano le corse, perchè non c'era bisogno di combattere."
Riprese fiato, chiaramente sotto sforzo.
"Le persone potevano avere una dimora stabile, con una famiglia e degli amici che non avresti rischiato di perdere da un momento all'altro. Si poteva passeggiare per le strade tranquillamente, senza pensieri, senza doversi costantemente preoccupare."

Boccheggiò in cerca d'aria, provata dalle parole dette tutto d'un fiato. Per un attimo ebbi la certezza che sarebbe morta seduta stante, proprio davanti a me, ma poi riprese a parlare.

"Avevamo tutti un'altra vita, prima di questa. Io avevo una vita. Avevo dei figli."

Una lacrima le scorse lungo la guancia e percorse le rughe del suo viso. Ma la sua non era più un'espressione di dolore, ormai.

In faccia le leggevo solo una profonda rassegnazione.

"James e Alina. Mi ricordo i momenti passati con loro. E adesso non potrò vederli più."

Il racconto era ormai spezzato dai singhiozzi, ma io non riuscivo a consolarla. Ero ipnotizzata dalla sincerità che esprimevano le sue parole, nonostante la ragione mi dicesse che stava semplicemente andando in escandescenze.

"Non so dove si trovano. Non so se anche loro sono stati catturati. Non so se sono al sicuro."

Una mano ossuta lasciò il riparo della coperta e mi agguantò il braccio. Era pelle e ossa, la sua presa così leggera che a malapena la sentivo.

"Tu devi darmi retta" mi implora. "Perfavore" aggiunse, vedendo il mio sguardo titubante.

Per la prima volta, azzardai a fare una domanda.

"Se ciò che dici è vero" le dissi, cauta "come mai chi rischia di morire di fame in contesti ostili non ha mai detto nulla?" le chiese, provando a farla ragionare.

"Penso... penso che anche l'aria sia avvelenata."

Mi fece pena, col suo sguardo angosciato e la sua ricerca di giustificazioni. Forse mi sbagliavo. Forse la sua era stata una vita difficile, che l'aveva condotta in quello stato.
Non era possibile che ciò che dicesse fosse vero.

Pensai al suo respiro flebile. Allo sforzo che le richiedeva respirare e alle frequenti pause che doveva fare mentre parlava per riprendere fiato. No, non pensarci neanche.

Un sentimento di pietà si impossessò di me.

Quella povera vecchia era quasi riiscita a farmi credere a ciò che stava dicendo, talmente il dolore le faceva sembrare tutto così reale.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 3 days ago ⏰

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