Capitolo 2

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I corridoi in pietra della scuola erano affollati di studenti. Da fuori la scuola aveva l'aspetto di un castello medievale ben tenuto. Alcune ale erano meno curate di altre, ma comunque non era un brutto posto.

Spintonai gli altri, cercando di farmi largo tra la folla e rimanere accanto ad Avery.

- Bel discorso no? – Mi disse, mentre ci facevamo largo nella calca.

- Ho sempre pensato che fosse bravo con le parole. – Concordai, afferrandole un gomito per non rimanere troppo indietro.

- Fyrvega è già fuori? – Chiese. – Non so se dire a Saphira che può già scendere. –

- Non ho idea di dove sia Fyrvega. Ma probabilmente lui e Saphira sono assieme. Non preoccuparti, scenderanno al momento giusto. - Saphira era la fenice di Avery. Era particolarmente sorprendente per il colore del suo piumaggio: le fenici tradizionali infatti erano caratterizzate da piume rosse come il fuoco. Le piume di Saphira erano color del cielo azzurro e molto probabilmente era da quello che derivava il suo nome.

Il suo rapporto con Fyrvega era molto simile al mio con Avery. Come fratelli.

Le creature, quando eravamo a lezione o comunque impegnati, erano liberissime di vagabondare in giro per il castello. I cortili erano davvero enormi, e anche fuori dalle mura c'era molto spazio. Oltre ai cortili avevamo naturalmente delle arene.

- Tiarno? – Domandai improvvisamente. Avery si voltò verso di me e rimanemmo un attimo immobili nella folla.

- Che intendi? – Chiese, guardandomi.

- Sai cosa intendo! – Le risposi, attirandola a me per evitare che finisse contro un ragazzo che andava nella direzione opposta alla nostra.

- Possiamo parlarne dopo? – Mi domandò, e vidi che sembrava preoccupata. Aprii la bocca per replicare ma lei mi guardò con uno sguardo supplicante.

- Come vuoi. – Le dissi.

Finalmente arrivammo nel cortile principale. Non era altro che un enorme prato con qualche albero centennale, diverse pozze d'acqua, qualche tavolo sparso qua e là. Durante l'anno ci andavamo per studiare, giocare fra di noi e stare assieme. Per l'occasione erano stati portati fuori altri tavoli e panche, ed erano stati piantati dei pali su cui erano appese ghirlande e luci colorate.

Avery si voltò verso di me, e poi mi prese la mano. – Ho lasciato un biglietto a Tiarno. In qualsiasi modo reagisca, non lo rivedrò molto spesso. – Mi disse e io annuii. Finalmente aveva avuto il coraggio di dire a Tiarno (e a me) cosa provava. Si allontanò in fretta, con un sorrisetto in volto. Mi fermai in mezzo al prato, tentando di riconoscere qualcuno di conosciuto nella folla per fare due chiacchiere. Con sorpresa notai che c'erano volti che non mi sembrava di avere mai scorto, ed ero lì da ben cinque anni. Oltre agli umani cominciavano ad atterrare anche draghi, fenici e viverne, di tutti i tipi e colori.

- Ehi! – Disse una voce maschile. Mi voltai e mi ritrovai davanti Tiarno.

- Ciao! – Gli dissi. – Come va? –

Tiarno sorrise. Era sempre stato un ragazzo molto carino, sin da piccolo, e buono di carattere. – Bene, direi, siamo arrivati alla fine. Questi anni sono volati. Non mi mancherai, sai? – Rise. I suoi occhi castani luccicavano alla luce del sole.

Pensando fosse uno dei suoi soliti giochi risi anche io. – Neanche tu! – Esclamai. Lui mi guardò confuso.

- Chi te lo ha detto? – Domandò.

Scossi la testa, altrettanto confusa. – Detto cosa? – Gli chiesi.

- Pensavo tu ed Avery foste rimaste al fatto che sarei andato al Sud, a fare da guardia. – Disse. Il padre di Tiarno era stato per molti anni una guardia al Sud, ed era praticamente ovvio che il figlio avrebbe seguito le sue orme.

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