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La BAU, Behavioral Analysis Unit, l'Unità Analisi Comportamentale nella sua lingua.

In Italia, in realtà, non esisteva nulla del genere, almeno non che lei sapesse. Samantha non si era mai informata al riguardo, neanche quando aveva finito l'università. Presa la laurea aveva fatto i bagagli ed era volata dritta in America, in Virginia per l'esattezza solo per entrare nell'Accademia dell'FBI così da far parte, un giorno, di quell'unità.

Era già passato un anno da allora e lei non aveva ancora metabolizzato il fatto di trovarsi così lontana da casa. Invece eccola lì, a Quantico, e quel giorno non per andare a lezione, bensì per un colloquio diretto con il capo della BAU.

Mentre aspettava che l'ascensore si decidesse ad aprirsi davanti a lei, prese uno specchietto dalla tasca interna della sua giacca nera e diede un'ultima occhiata al proprio aspetto: scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro e controllò che il trucco non avesse sbavature.

Di norma non era una ragazza che teneva al suo aspetto fisico ma voleva dare l'idea della studentessa modello tutta acqua e sapone, ciò che in realtà era. Voleva sembrare professionale agli occhi dei suoi capi, soprattutto a quelli di Jason Gideon, uno dei fondatori dell'unità, nonché uno dei suoi idoli, di cui aveva seguito ogni singolo corso e conferenza da quando era entrata in Accademia.

Sapeva, però, che a tenere i colloqui non sarebbe stato lui bensì l'Agente Speciale Supervisore Aaron Hotchner. Lo aveva visto ogni tanto e conosceva la sua fama di uomo rigido e severo, il tipo che viveva solo per il lavoro e, a dire il vero, era molto spaventata all'idea di avere a che fare con lui.

Finalmente le porte dell'ascensore si aprirono davanti a lei. Sam si sbrigò ad entrare prima che si chiudesse di nuovo, non intendeva arrivare in ritardo al suo primo colloquio.

«Aspetta, aspetta!» Qualcuno gridò dall'ingresso della struttura, correndo verso di lei.

Sam bloccò con il piede le porte prima che si chiudessero del tutto, queste si riaprirono e di fronte a lei apparve la figura di un ragazzo alto e magro, con capelli corti e occhiali da vista: il dottor Spencer Reid.

«Uff, per un pelo... grazie!» Il giovane entrò e si posizionò accanto a lei mentre le porte si richiudevano.

Lei deglutì: «Si figuri, dottore...»

All'interno dell'ascensore scese un silenzio imbarazzante.

Fino a quel momento era stato pieno ad ogni viaggio di minimo una decina di persone, tanto che lei non aveva trovato spazio e aveva dovuto attendere dieci minuti abbondanti ma in quel momento sembrava che tutta Quantico si fosse messa d'accordo per lasciare lei da sola dentro quella trappola di acciaio con una delle persone che più la metteva in soggezione al mondo.

Aveva visto il dottore di persona per la prima e ultima volta circa sei mesi prima, durante una lezione di Jason Gideon al centro d'addestramento, ma era piuttosto famoso tra gli aspiranti profiler dell'FBI: aveva la sua età e possedeva già due lauree, svariate specialistiche, con un QI maggiore della media e una memoria eidetica. Era insommaun giovane genio, un ragazzo prodigio e Samantha non poteva fare a meno di pensare a quanti problemi sarebbe riuscita ad evitare nella sua vita se avesse avuto la fortuna di nascere con il cervello di quel giovane. Lo invidiava, non aveva paura di ammetterlo a sé stessa anche se non lo avrebbe mai detto ad alta voce. Lei invidiava con tutto il cuore Spencer Reid.

«Dove sei diretta?» Le chiese lui, a disagio a sua volta forse per quella situazione.

«BAU.»

«Oh, sei una degli agenti che deve tenere il colloquio?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 26 ⏰

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