CAPITOLO TRE

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Anche se l'aeroporto dista venti minuti da casa mia, per colpa delle persone che non sanno guidare ci abbiamo messo il doppio del tempo.
La strada era affollata dal traffico.
Scendo dalla limousine con la mia borsa in spalla e aspetto che gli addetti del ritiro bagagli arrivino. Saluto Paul e Dolores con un bacio sulla guancia e un abbraccio. Le mie amiche non potevano venire, quindi ci siamo dette addio ieri. L'idea di abitare dall'altra parte del mondo senza più loro con me non mi aiuta molto.
<<Il taglio non è ancora guarito?>> rivolgo questa domanda all'uomo bassino davanti a me.
<<No, in settimana andrò a rifare un controllo>>
Paul era insieme a mia madre quando è accaduto l'incidente. Una macchina è andata a sbattere con violenza contro la parte posteriore della limousine. Mia madre si trovava lì, mentre lui era davanti, alla guida. Si è salvato, gli sono andati solo dei vetri sul volto che gli hanno procurato un taglio profondo sulla guancia, ma fortunatamente è vivo.
Lei invece non ha avuto la stessa sorte. Purtroppo quel giorno ha perso la vita.

Due uomini in divisa gialla e blu si avvicinano a noi e ci salutano. Li squadro dalla testa ai piedi appena noto lo squallido abbinamento di colori che indossano. Uno di loro si accorge di come li ho guardati e mi rivolge un'occhiata d'odio.
<<Scusa, qualche problema?>> mi chiede infastidito.
<<Io? Ma no. Stavo ammirando il vostro travestimento. Non sapevo fossimo già a carnevale, ottima scelta i minions comunque>> sorrido e lui sta per ribattere, ma viene fermato dal suo collega. Quindi si allontanano sparendo dentro all'aeroporto con le mie valige tra le mani.
Quando mi volto, scorgo la disapprovazione nei volti delle persone davanti a me.
<<Che c'è? Nella vita ci vuole sincerità. A proposito, Dolores secondo me con un bel taglio di capelli staresti ancora meglio. Consigli da amica>> le faccio l'occhiolino.
<<Grazie. Ma la sincerità va saputa equilibrare con il tatto>> mando gli occhi al cielo e poi sorrido.
<<Okay, non mi mancheranno le tue frasi sagge>> ridiamo tutti e tre e poi ci salutiamo per l'ultima volta.
<<Ci rivedremo vero?>>
<<A Natale tutti a Brooklyn>>
<<Speravo più a Montecarlo>> sorrido.
Poi mi avvio dentro. Tra due ore ho il volo.

Io e mia madre non abbiamo mai preso un aereo all'aeroporto. Abbiamo sempre viaggiato con quello privato, e adesso ne capisco il motivo.
Bambini che urlano, puzzo di sudato proveniente da persone che non sanno nemmeno cosa sia una doccia, e per finire in bellezza; i ritardi. Ci hanno fatti salire un ora dopo rispetto all'orario previsto.
Ma d'altronde non ho potuto farci niente, Dolores mi ha detto che c'era stato un problema con quello privato e che quindi ha dovuto prenotarmi un volo normale.
Quando siamo saliti ognuno ha preso posto nel proprio sedile assegnato e per scusarsi il personale ha offerto a tutte le persone un caffè gratis. Adesso sono seduta e lo sto sorseggiando. A momenti partiremo.
Di fianco a me è seduta signora anziana mentre dall'altra parte, siccome non vedendo arrivare nessuno, ci appoggio la mia borsa.

Il viaggio durerà nove ore, proprio per questo mi sono munita di tutto il necessario che mi servirà per sopravvivere. Tiro fuori dalla borsa il mio computer, un libro, le cuffie, la pochette nel caso mi venisse voglia di truccarmi e infine una mascherina per gli occhi. La coperta e il cuscino invece li ha forniti il personale a tutti noi.
La signora osserva tutte le cose che ho appoggiato sul sedile accanto e mi rivolge uno sguardo stupito. Cosa c'è di strano? Dovrò pur fare qualcosa per tutto questo tempo. Inizio aprendo la coperta e la stendo sulle gambe, poi metto il cuscino dietro al collo e come tocco finale; mascherina sugli occhi. Nello stesso momento in cui la metto, l'aereo decolla.

Quando mi sveglio, vengo scossa da un brivido su tutto il corpo. Fa freddissimo adesso, cavolo. Tolgo la maschera e noto che hanno abbassato anche le luci. Guardo sul telefono che ho messo in modalità aereo quanto tempo è passato da quando mi sono addormentata, e con mia felicità scopro di aver dormito per ben cinque ore di fila. Ciò significa che ne mancano solo quattro all'arrivo.
Tiro la coperta più su per coprirmi anche le braccia e mi rimprovero per non aver portato con me anche un cappotto. Siamo solo a inizio settembre, ma la sera fa freddo.

La noia è tanta. E il bisogno di andare in bagno si fa sempre più forte. Non dovevo bere tutto quel caffè. Mi slaccio la cintura di sicurezza e mi alzo dal posto. Una volta arrivata davanti alla porta del bagno, aspetto che si liberi. La maniglia segna il rosso, quindi è occupato. Eddai! Rischio di farmela addosso.
Giusto in tempo per evitare il disastro, un uomo esce. Mi precipito dentro al bagno e chiudo a chiave.

Mi sto lavando le mani quando una turbolenza mi fa barcollare. Mi aggrappo al lavandino ma avendo le mani scivolose dal sapone mi torna difficile. Appena l'aereo diventa lineare mi stacco.

Controllo i numeri dei sedili per ritrovare il mio, e quando arrivo, noto che la signora che era accanto a me non c'è più. Al suo posto trovo un ragazzo moro, che appena mi vede arrivare posa i suoi occhi verdi su di me.
Penso di aver sbagliato numero, ma quando abbasso lo sguardo sulle mie cose capisco che non è così. È il posto giusto. Mi siedo e decido di ascoltare la musica. Cerco le cuffie nel sedile accanto ma non le trovo. Guardo se per caso le ho rimesse dentro alla borsa dimenticandomene, ma quando controllo non sono nemmeno lì. Mi ricordo di averle tirate fuori insieme alle altre cose. Ci devono essere per forza. Me le hanno rubate? Mi giro verso il ragazzo di lui; la domanda mi viene spontanea.
<<Scusa, per caso mi hai rubato le cuffie?>> continuo a guardarlo. Ha gli occhi chiusi e il cappuccio nero della felpa alzato. Non può essersi già addormentato, sta fingendo. Premo il dito sulla sua spalla un paio di volte per svegliarlo e finalmente li apre. Si gira verso di me togliendosi un auricolare dall'orecchio, che però non è il mio. Ciò non toglie il fatto che possa avermele rubate ugualmente.
<<Mi hai rubato le cuffie?>> richiedo.
<<Scusami?>> risponde quasi offeso.
<<Hai capito bene>>
<<No, queste sono le mie>> rigira la testa e quando sta per riavvicinare l'auricolare nero all'orecchio, gli fermo il braccio.
<<Si a quello ci arrivo anche io. Le mie cuffie fino a dieci minuti fa erano nel sedile accanto. In queste cinque ore sono sempre rimaste lì, ma ora guarda caso sono sparite. Se non vuoi una bella denuncia caro mio ti consiglio di ridarmele>>
<<È un problema mio se tieni le tue cose a portata di tutti? Io non ti ho rubato un bel niente>> dice acido, poi senza degnarmi di altra attenzione si gira dall'altro lato. Nessuno mi risponde in questo modo. Soprattutto se si tratta di un uomo. Prendo il suo zaino da sotto il sedile ma non faccio in tempo ad aprirlo che me lo toglie di mano.
<<Ma che problemi hai?!>>
<<Dammi lo zaino. Se non me le hai rubate non hai alcun motivo per non farmi controllare, o sbaglio?>>
<<Tu sei pazza, non ti farò vedere il mio zaino>>
Proprio in quel momento l'aereo avverte un'altra turbolenza, e le cuffie appaiono da sotto il mio sedile. Che stupida. Ho controllato in tutti i posti tranne in quello più ovvio. Mi sento morire per la figura appena fatta, ma non lo do a vedere. Non gli darò mai la soddisfazione di aver avuto ragione.
<<Allora?>> mi rivolge questa domanda compiaciuto.
<<Allora cosa? Tutti possono sbagliare nella vita, goditi il viaggio>> mi chino per raccoglierle e controllo che non si siano rotte.
<<Uno "scusa" fa sempre piacere. Non so se nel tuo vocabolario questa parola esista>> mi viene quasi da ridere per la cavolata che le mie orecchie hanno appena sentito. 
<<È riservato alle persone a cui mi interessa chiederlo, non sei tra quelle>> rispondo e gli sorrido, poi senza degnarlo più di alcuna attenzione metto gli auricolari e faccio partire la mia canzone preferita.
Chiudo gli occhi. Non faccio più caso alle persone intorno a me, soprattutto a lui.

TAKE ME AWAY -portatemi viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora