5 - dove corrono dolcissime le mie malinconie

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Simone si sveglia quella mattina con la consueta pesantezza addosso, come se il sonno non facesse altro che trascinare i suoi pensieri da un giorno all'altro, senza tregua.

Fino a che non riaffiorano alla mente i ricordi della sera precedente.

Manuel.

Manuel che legge per lui.

Come se fosse la cosa più normale del mondo stare lì, seduti l'uno di fronte all'altro sul letto, con le gambe incrociate e quel libro aperto tra di loro, e fargli sentire che va tutto bene, anche solo per quel breve istante.

Allunga una mano verso il libro, sfiora la copertina con le dita, come per verificare che tutto fosse reale. Sente ancora l'eco delle parole di Manuel risuonare nella sua mente mentre cerca di trovare il nome al miscuglio di sensazioni che ha provato la sera prima; condividere qualcosa senza che l'altra persona si aspetti nulla in cambio è un aspetto di normalità che sente di aver dimenticato, o forse di non aver mai provato, eppure.

Si rende conto che Manuel ha qualcosa di semplice e allo stesso tempo straordinario: gli ha offerto uno spazio dove smettere di preoccuparsi, dove poter essere solo un ragazzo che, in compagnia di un altro ragazzo, ascolta una storia piena di magia e speranza.

È forse questa la sua bella sensazione?

Sospira e si alza dal letto, appoggiando i piedi scalzi sul pavimento freddo.

Un brivido gli percorre la schiena quando sente bussare alla porta, anche se sempre aperta, avvertendolo dell'imminente arrivo di un operatore sanitario.

Il ricordo della sua bella sensazione sembra svanire all'istante, come se non fosse mai esistito.

I controlli di routine gli sono diventati familiari, automatici. La pressione, i medicinali, domande sul sonno, tutto scorre come una lista di cose da fare su cui lui non ha nessun tipo di controllo.

"Buongiorno Simone, dormito bene?"

Simone si volta verso di lui, ma non risponde. L'infermiere prende una sedia e si siede accanto al letto, con calma, ché ormai tutti sono abituati ai suoi silenzi.

"Hai avuto incubi stanotte?"

Simone scuote appena la testa, ma non parla. Dopo qualche secondo, si volta e incontra lo sguardo del ragazzo con la divisa bianca. "Non mi ricordo." risponde con voce rauca.

L'infermiere gli fa un piccolo cenno di comprensione; sa che Simone non ama essere interrogato, e ormai ha imparato a lasciargli il tempo di cui ha bisogno.

"Ti misuro la pressione, d'accordo? Così finiamo presto e puoi prepararti per la colazione."

Simone annuisce appena e allunga il braccio, lasciando che l'infermiere gli metta il bracciale attorno al bicipite. Il dispositivo si gonfia con un suono ritmico e familiare. L'infermiere osserva il display e annota i dati sul tablet.

"Allora, che ne dici di alzarti e lavarti il viso? Una bella rinfrescata aiuta sempre a sentirsi un po' meglio."

Simone sospira, voltandosi verso il lato del letto. Gli occhi sono opachi, ma accenna un movimento, come se stesse cercando la forza per affrontare l'ennesima giornata. L'infermiere nota il suo sguardo vacuo e, senza insistere, si limita a incoraggiarlo.

"Non è facile, lo so. Prenditi il tuo tempo. Io sono qua fuori se hai bisogno."

Rimasto apparentemente solo, Simone lascia che lo sguardo vaghi nella stanza, poi prende un respiro profondo e si alza. Si dirige verso il piccolo bagno senza specchio, quasi meccanicamente, sperando che un po' d'acqua sul viso possa aiutarlo a tornare alla sera prima, quando tutto era un po' più bello dentro a quella casa sul mare celeste.

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