Capitolo 2

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Ho pochissimo tempo per architettare un piano decente per avere un motivo per rivolgergli la parola, mancano pochissimi minuti alla fine della lezione e non intendo passarli a chiacchierare con la mia "amica". Mi concentro sul ticchettio dell'orologio. Tic. Tac. Il tempo, il mio tempo, scandito da quelle tre lancette. Chi ha mai detto che il tempo dovesse essere alternato in ore di sessanta minuti e minuti di sessanta secondi? La domanda è affascinante, potrei porla al mio professore/ professoressa di fisica. Riesco a sentire ogni sussurro da ogni remoto angolo della stanza, e giurerei quasi di poter sentire la bidella che brontola davanti ai bagni da lavare. Pffff. Ricorrerò alla buona vecchia scusa del libro perso. Accidenti, non capisco proprio perché mi sia messa insieme a quel Worth. Chiaro che non l'ho mai amato, se non me ne ricordo. E invece, questo ragazzo... è un attimo. Un eco di una parola lontana, un'ombra di sole dietro una nuvola. Ma mi ricordo di lui. È un déjà vu, e spero che non mi odi. La campanella suona. La prof blatera qualcosa di incomprensibile, la mia compagna di banco mi liquida con un " devo parlare con James", e io mi concentro su Gabriel. Cosa devo fare? Ah sì. Libro perso. Ricomponiti. Mi avvicino a lui con la faccia color cinquanta sfumature di arancione.
- Ehm... Gabriel? - Oh, miseriaccia, i suoi occhi. Blu, nient'affatto grigi come di sospetta guardandoli da lontano. È quasi un gioco ottico. Ma di un blu... non come il cielo o il mare. Oceano. Ha gli occhi dell'oceano.
- Non ho tempo per le tue cazzate ora, Coralie. - ha parlato con un tono secco, lontano. Per lui non esisto. Infila con veemenza i libri nello zaino, chiude la zip con un gesto di rabbia, mi guarda dritto negli occhi con un'espressione da far tremare i morti, e mi pianta lì. Accidenti, che carattere! Che gli ho fatto? Sono ancora lì, le gambe che mi tremano, il cuore che mi batte come se avessi appena corso una maratona. Sento le mie terminazioni nervose, sono cosciente di sentire il mondo girarmi attorno. Cado. Cado con un tonfo secco, asciutto. Che mi succede? Vorrei muovermi, alzarmi, sbattere le ciglia. Ma invece no, sono immobile in una grottesca posa sul pavimento. La prof urla. Avverto i miei compagni raggrupparsi attorno a me, ma non riesco a fare altro se non fissare dritto davanti a me. Inquietante.
- Coralie Moore è svenuta! Aiutatemi a portarla in infermeria, scansafatiche! - Sento mani sollevarmi, trasportarmi. Una lacrima di sangue scende dal mio occhio sinistro, sento la mia pelle incrinarsi come fosse porcellana. E poi, finalmente, il buio.
Cora? Cora? Dai, non scappare, vieni qui... ci divertiremo. - avverto il sorriso del ragazzo, anche se il suo viso è coperto da una maschera da carnevale veneziano. Una maschera rosso cupo, con finimenti d'oro. Ho già provato a strappargliela, con il solo risultato di farmi ferire al ginocchio con quel suo coltello da cucina. Un solo pensiero troneggia nella mia mente: scappa. Anche se non è facile scappare su una scogliera. Mi arrampico su ogni scoglio, provocandomi ferite sulle gambe e le braccia. Troppo tardi. Mi raggiunge e mi tiene una lama affilata sul collo. Poi, con un gesto stentoreo, teatrale, si sfila la maschera. Sto per vederlo...
Una voce possente mi richiama alla realtà.
- Ah, piccola, ti sei svegliata! - tuona l'infermiera, torreggiante su di me. - tieni un po' di cioccolata, ti rimetterà in forze. - Non sono mica stata attaccata da Dissennatori, ma accetto volentieri la cioccolata e me ne ficco un bel pezzo in bocca.
- Che cosa mi è successo? - chiedo. È stata una orrenda sensazione. Ero paralizzata, immobile. Impotente.
- Ne so meno di te. Forse sei semplicemente svenuta. Comunque, - assume un tono di confidenza strizzandomi un occhio. - fuori c'è un bel ragazzo che vuole vederti. Tutti gli altri hanno chiesto, ma questo qua, un gran bello bellimbusto, mi ha minacciato di sfondare la porta. - continua, con un tono di puro giubilo.
- Se ha capelli biondi, ditegli che sto malissimo, per favore. - Non aveva nessuna voglia di vedere James in quel momento.
- Macché biondo! È un figaccione con i capelli più scuri dell'ala di un corvo! Io fossi in te ne approffitterei, eh. 'Na bottarella e via!
Okay. E questa persona dovrebbe incaricarsi del mio bene fisico e morale? Ahahahhaha. Divertente.
- Lo... lo faccia entrare. - sussurro con voce lieve. Gabriel è Gabriel, dopotutto. Rido della mia arguzia.
Entra in un turbine di profumo. Dico sul serio, i miei sensi sono molto più affilati e sviluppati in quanto tornata dalla morte, e lui sa di mare... mare e miele. Accostamento così incompatibile e così dolce...
- Cora. - si avvicina al lettino sul quale ero distesa- mi sono messa a sedere - e mi prende una mano tra le sue, prima di portarsela alle labbra. Lunatico anche lui?
- Gabriel. Cosa c'è? - gli chiedo, il più innocentemente possibile.
- Cosa volevi sapere prima? - mi guarda negli occhi, di nuovo. Mi scavano dentro, mi scrutano l'anima. E non so dire se quello che vede gli piaccia o meno.
- Niente. Io... Ho perso un libro. Libro di latino. Magari tu l'avevi visto. - Scusa patetica. Mi mordo un labbro e fisso le piastrelle del pavimento. Pessima strategia. Lo guardo negli occhi di rimando. Si porta le mani alla nuca, cammina per la stanza.
- Un libro. - La sua voce è delusa. E di nuovo, piena di amara rabbia. - dopo tutto quello che è successo tra noi...
- Che è successo, Gabriel? - ti prego, non sai quanto io voglia saperlo. Ti prego.
- E hai anche il coraggio di chiedermelo. - Mi guarda con disgusto questa volta. Lo disgusto. Se poco prima era la mia pelle ad incrinarsi, ora il mio cuore è volato via in mille pezzettini. Sento un'inesorabile forza di gravità portare il mio morale a terra. - Dopo questo, Coralie, - e sbam! Coralie, di nuovo. - ti auguro di ritrovare il mio libro. - Mi lancia un ultimo sguardo nero prima di allontanarsi e sbattere la porta.
Mi prendo la testa tra le mani. Cos'ho fatto?? Che hai combinato, Cora Moore? E volete sapere una cosa? Per un momento, un pensiero mi ha attraversato il cervello. Era così arrabbiato da ucciderti.

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