Capitolo 5

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Restiamo qualche secondo a guardarci, scrutando l'espressione dell'altro. Lui sembra divertito, ma allo stesso tempo frustrato, e per nulla a suo agio. Io... mi starà andando a fuoco la faccia per quanto sono imbarazzata. Alla fine Matt si schiarisce la gola e mi fa segno di continuare.
- Mio turno,- dico sorridente come se nulla fosse. - Non beva chi non è mai andato a letto con qualcuno.
Matt sbuffa, sorride e beve, Gabriel ne chiede altri due e me ne passa uno. Quindi... Ma no, non abbiamo fatto sesso, è impossibile, dai, me ne ricorderei. Eppure... c'è qualcosa di talmente familiare in lui, una specie di imprinting con il suo corpo, che lascia pochi dubbi. Divento ancora più scarlatta mentre bevo.
- Chi era? - chiede Matthew curioso.
- Uno stronzo. - sorrido acida.
- Che si stava scopando una troia. - dice Gabriel, fissandomi con astio.
- Come ti permetti di... - Non termino neppure la frase. Non ne vale la pena. - Mi dispiace davvero, Matt, e ti ringrazio per la tua gentilezza. Ma adesso devo andare a prendere una boccata d'aria. - Non ho nessuna voglia di essere presa in giro anche qui. Non in pubblico. Gli sorrido di nuovo in modo più dolce e mi allontano. Cazzo! L'aria fresca è oro per i miei polmoni. Oltre il bosco vedo un laghetto, mi dirigo in quella direzione. Il mio tacco alto si rompe, lo spezzo del tutto imprecando prima di sfilarmi le scarpe e disfare i miei capelli e tagliare di netto il colletto del mio vestito soffocante, correndo e sentendomi finalmente libera. Mi accascio contro un tronco d'albero, noncurante del vestito. Chiudo gli occhi. La Natura mi avvolge, mi rasserena. L'acqua scorre placida, riesco a sentire ogni singolo suono della foresta... E rifletto. Io e Gabriel. Se non siamo mai stati insieme, come abbiamo fatto a... beh... arrossisco mentre inizio ad immaginarmelo senza camicia. Se la toglie bottone per bottone... uargh. Okay. Sono masochista. Sospiro e riprendo a pensare alle sue labbra.
A tirarmi fuori dalle mie fantasie è un rumore. Arbusti spezzati, erba calpestata. Qualcuno è qui. Qualcuno mi ha seguita. Inizio a provare panico. Poi, corro. Senza una meta precisa. Corro all'impazzata, è un istinto quasi animale. Corro per la sopravvivenza. Sto ancora correndo, strappandomi tutto il vestito, quando sento delle braccia abbracciarmi il torace. Urlo.
- Ehi, ehi. - sussurra dolcemente il mio inseguitore, dandomi un bacio sul collo. Un momento. WTFFF?
Mi giro ancora scioccata e vedo Gabriel. Okay. Posso dire di averle viste tutte, nel breve intervallo della mia vita.
E la mia mente fa due più due. Le scosse elettriche che ha provocato. L'instinto di scappare. Il disagio ogni volta che lo vedo. Un unico significato: pericolo.
Non so come mai né in che modo, ma Gabriel Grant è per me un pericolo.
Eppure, la prima cosa che vorrei fare adesso è baciarlo, e anche di peggio.
Mmmm. Letale.
- A chi hai dato della troia prima? - mi scosto da lui assumendo un'aria scocciata.
- Mi dispiace. Neghi forse di esserlo stata?
Accidenti. Siamo troppo vicini. Non va affatto bene. Come faccio adesso a formulare due pensieri coerenti?
- No. Stronzo.
- Io non ti ho illuso di piacermi per poi andare subito da quel palestrato insopportabile di James Worth.
- Mi stai illudendo adesso, - lo stuzzico.
- Non è un'illusione, se vuoi che sia vero...
Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie. Sembrano così calde...
- Ma per ora lo è. - si scosta con grazia e mi prende in braccio. Letteralmente. - Mettimi. Subito. Giù!!! - è una scena alla Shrek.
- Non se ne parla. Nessuno ti vedrà mezza nuda tranne me. Ora ti porto a casa mia, avverti tuo padre, ti sistemi e puoi anche andare a Chicago in uno strip club.
- La birra è migliore a Las Vegas, - borbotto contro il suo petto, turbata dal "nessuno ti vedrà mezza nuda tranne me. " Che lunatico dal fisico perfetto...
- Dicevo così per dire, - si irriggidisce subito e mi viene da ridere.
- E io scherzavo, stupido. - dico, annusando il suo profumo.
- Quando hai finito di sniffare la mia maglietta, dimmelo. - dice divertito.
- Sto solo cercando di capire che detersivo usi. - sussurro, sorridendo. Sgamata...
- Pazza. - ride, perdo un battito. È così bello...
Un momento. Ho corso per minuti interi, vero? Non per ore intere. Perché non arriviamo al luogo della festa? Perché ci mettiamo così tanto? Perché sembra così sicuro di sé e perché sorride in modo soddisfatto?
- Gabriel, - dico, la voce insicura.
- Mmh?
- Dove stiamo andando?
- Ah, Cora. - ride di nuovo, stringendomi più forte - ormai non puoi più scappare... no, seriamente, ti porto in un posto.
- Non voglio. - un brivido mi attraversa quando sento la sua mano salire e scendere sulla mia schiena.
- Eddai, non fare la ebete. Tranquilla.
- Quando sono con te, è difficile non comportarsi da ebeti.
Ride leggermente di nuovo, mi bacia sulla fronte e mi stringe più forte. Il paradiso esiste, quindi.
A quanto pare, non serve morire per raggiungerlo.
Lo osservo meglio da vicino. Sollevo la testa e noto particolari bellissimi. La curva del collo, per esempio, o il naso dritto. Gli occhi mi tolgono il fiato. Sono così profondi... In questo momento sono fissi su un punto lontano e inavvicinabile, ma si scuote quando capisce che lo sto guardando.
- Puoi smetterla di fissarmi, adesso. - sorride, muoio internamente.
- Mollami giù. - sussurro contro il suo petto caldo.
- Non credo proprio.
- Dimmi almeno dove stiamo andando.
- A casa mia. - dice alzando un sopracciglio.
- Non sei venuto in macchina? - chiedo inquisitoria.
Scoppia a ridere, e afferro il mio stesso doppiosenso dopo cinque minuti.
- Scusa, scusa. Comunque no. Non abito lontano da qua.
Mi stringe di più, come se non volesse lasciarmi più andare. È una sensazione bellissima.
Arriviamo di fronte a casa sua. Suona al citofono, la porta si apre.
Oh, miseriaccia... non me l'aspettavo.

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