Capitolo 6

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Una ragazza bionda. Alta, occhi azzurri, capelli lisci e morbidi sulle spalle, vestita con un'elegante vestito nero che le lascia nude le spalle e sottolinea tutto quello che c'è da sottolineare.
- Rachel? Cosa ci fai qui? - chiede Gabriel stranito rimettendomi a terra e facendomi entrare con lui a casa sua.  Stranamente la cosa mi dispiace, arriva quasi a farmi sentire un po' vuota. Quasi.
- Volevo passare da te prima del compleanno di Ansel, al quale tu sei tenuto a presentarti alle otto in punto. La cena è a casa del signor Meliel. Cerca di arrivare in tempo, sono le sette. - ha detto tutto questo senza degnarmi di uno sguardo, come se non esistessi. La cosa suscita in me una profonda collera. Chi si crede di essere?
- Il compleanno di Ansel! Merda. -impreca più o meno sottovoce Gabriel.- Scusa, Rachel, ero alla pizzata di un mio amico e...
- So poche cose delle pizzate tra amici, cugino, - un lampo di amarezza le passa velocemente negli occhi, e io provo quasi sollievo nell'apprendere che sono cugini, - ma so che le ragazze di solito non ci vanno con abiti sbrindellati o sporchi di terra.
-La cosa ha degenerato, qualcuno ha offeso Coralie e lei si è addentrata da sola nella Foresta, e non so se lei sarebbe ancora viva se non fosse stato per me. - Gabriel parla sottovoce, come se io non ci fossi ma lo potessi sentire comunque. - Questa storia ti suona familiare, Rachel?
- Lei è Coralie Moore? La reginetta della scuola? Tu sei entrato nella Foresta per lei? Per giunta il giorno del compleanno di Ansel? Cos'hai in testa, Gabriel Grant? - mi guarda disgustata, e malgrado la mia indole fiera eccetera non posso fare a meno di abbassare la testa.
- Avrei dovuto lasciarla morire? Avrei dovuto che qualche... contrattempo le impedisse di tornare a casa? - cosa significa? Cosa intende per contrattempo? Il tono in cui l'ha detto mi lascia capire che non deve essere nulla di piacevole... ma chi sono io per mettere in discussione il paranormale? Un fantasma. L'ombra di me stessa.
- Dico solo di stare più attento. Non avrebbe mai dovuto lasciare la festa. - Rachel mi guarda un po' addolcita, noto che ha gli stessi occhi del cugino, solo un po' più temporaleschi. - Non ci siamo ancora presentate. Sono Rachel, Rachel Michaelis.
- Cora Moore. Mi dispiace averti dato una brutta impressione. - dico calma. Michaelis... è un cognome così particolare. Non l'ho mai sentito.
- Sei sicuro che non abbia avuto un trauma cranico o qualcosa del genere? - chiede lei sbalordita a Gabriel. - per come me ne hanno parlato, avrebbe dovuto starnazzare come un'oca.
Guardo altrove. Sempre quel modo di parlare come se non ci fossi... che nervi.
- Coralie non è mai stata meglio in vita sua, dal punto di vista fisico. Questo lo confermo io. - l'ha presa sul serio. Oh, davvero, sto benissimo. C'è solo un pazzo che vuole uccidermi, e probabilmente è un mio amico o parente, ma niente di che. Sto benone, grazie, penso con ironia.
- Io vi lascio soli. Puoi portarla alla serata di Ansel, se proprio devi. Ora che sa la verità sulla Foresta, raccontale tutto il resto, o cacciala via da questa casa ora. La riaccompagno a casa io in macchina. - Rachel gli rivolge uno sguardo interrogativo, ma lui fa un cenno leggero di diniego con la testa. Esulto, o almeno mi sembra di esultare come mai prima in vita mia. - Come pensavo. Beh, ciao a tutti e due. Forse un giorno potrei smetterla di considerarti una seccatura, Moore. - mi guarda sorridendo, prima di girare i tacchi e andarsene, i lunghi capelli biondi svolazzanti al vento. Gabriel chiude la porta e mi rivolge un sorriso.
- L'hai conquistata. L'ultima frase è una delle più gentili che io le abbia mai sentito dire.
Ignoro la battuta, per quanto fosse divertente.
- Credo che dovremmo parlare, Gabriel. 
- Lo credo anch'io. - torna subito serio. Mi piace quando è serio. Sembra che gli importi di me. E non posso dirlo di tutte le persone che conosco. - Puoi solo, ehm, cambiarti i vestiti? Non riesco molto a concentrarmi se davanti a me ci sei tu vestita così. - Arrossisce un attimo, ma torna subito serio. - Sono le sei, abbiamo fino alle sette per parlare. Vai in fondo al corridoio, la  terza porta a destra è quella del bagno. Fai una doccia, prendi un asciugamano e entra nella camera di fronte. È la mia camera, cerca qualche vestito o prova nell'armadio vicino alla finestra. Dovrebbe contenere poche cose di Rachel, non credo che sarebbe contraria se tu le indossassi. Io ti aspetto, cerca di farcela in mezz'ora. - è perfettamente calmo, o così sembra. Io invece sto andando in ansia. La parola contrattempo mi rimbomba nella mente.
- D'accordo. Grazie. - dico, con un sorriso. Poi mi avvio con calma verso il bagno. Noto che tutta la casa è in ordine e pulita. L'arredamento è piuttosto antico, forse con qualche tocco Europeo come quei quadri impressionisti appesi alla parete del soggiorno. Passo davanti a una porta chiusa dove leggo "Stanza di Samuel. Un passo e siete morti" e un'altra, completamente bianca. Mi fermo davanti alla terza, entro in bagno e mi faccio una doccia calda. È così piacevole... è come se tutti gli strati di ansia e preoccupazioni mi scivolassero addosso e si sciogliessero nello scarico.
La stanza di Gabriel è spaziosa, pulita, ariosa, con le pareti blu, conchiglie sparse sulla scrivania, libri su ogni ripiano e un grande armadio di faggio chiaro attaccato alla parete. Prendo una maglietta a caso tra le sue, poi cerco nel comodino contenente le cose di Rachel un paio di pantaloni. Trovo dei jeans sbrindellati e indosso quelli. Prendo una felpa sempre a caso dall'armadio del ragazzo e la infilo. Osservo meglio il vestito strappato e arrossisco notando solo ora che doveva lasciarmi i fianchi scoperti. Mi pettino con le dita i capelli ramati, o meglio la mia massa informe di capelli ramati, e raggiungo Gabriel in salotto.
- Oh. - rimane colpito nel vedermi. - Sembri... diversa.
- Sì, beh, non posso sempre sembrare pronta per una sfilata.
- Ma questo era il tuo motto. "Sempre pronta per una sfilata." Me lo ricordo. - mi guarda sospettoso. Ahia, questo non va bene.
- La contraddizione va di moda quest'anno, non lo sapevi? - lo squadro aggressiva prima di sedermi sul divano. - Allora. Con cosa iniziamo?
- Il problema più piccolo, direi. Noi due. - mi guarda con un sospiro, prima di sedersi vicino a me. - Cos'ha James Worth che io non ho, Cora?
Un'altra ragazza gli direbbe qualcosa. Gli direbbe che è un idiota a pensare a quel deficiente adesso. Ma io ho in mente qualcosa di meglio.
Mi giro e gli lascio un bacio quasi innocente sulla guancia. Quasi.
- Sicuramente non questo.
Lui mi guarda stranamente, con la faccia da chi ha appena visto la Madonna di Lourdes o ha comunque avuto un'apparizione.
- C'è qualcos'altro che non potrà mai avere? - mi chiede soltanto, con un sorriso che lascia capire che ha capito.
- Sì. Me. E questo. - lo bacio.
E questa volta è un bacio vero.
E non capisco come mai non gliel'ho dato prima.
Ci stacchiamo dopo un po' ( no, non siamo diventate sanguisughe e non ci siamo messi altri succhiarci la faccia o sangue a vicenda a furia di baciarci. Direi di no) e cerca di baciarmi lui, questa volta, ma lo anticipo e lo spingo via prima che sia troppo tardi.
- Aspetta. Mi dovevi delle spiegazioni. Cos'è la Foresta? Quello è solo un piccolo boschetto, - gli dico, dubbiosa.
- Prima di arrivare alla Foresta, ti devo parlare della mia famiglia, Cora. Solo allora potrai capire davvero. Quindi sì, - si tira indietro i capelli risoluto - ti dirò tutto quello che c'è da sapere sui Michaelis.

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