Prologo.✿

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C'era stato un tempo in cui mi ero chiesta se fosse possibile guarire, quando le uniche persone capaci di curare le mie ferite non c'erano più. Da quando Jane e mia madre mi erano state strappate via, avevo vissuto con la sensazione che la felicità fosse un lusso a cui non avevo più diritto. Qualcosa che non mi apparteneva più.

Mia madre diceva sempre che il primo passo verso la guarigione era lasciare andare ciò che ti ferisce. Ma lasciarla andare, per me, era stato come cercare di trattenere sabbia tra le dita: più stringevo, più scivolava via, finché non era rimasto soltanto il vuoto.

Alla fine, l'avevo lasciata andare. Non perché lo volessi, ma perché non avevo altra scelta. E tutto ciò che avevo ottenuto in cambio era stato un dolore ancora più profondo e oscuro. Un buio che mi avvolgeva a ogni respiro, sussurrandomi che lei non sarebbe mai tornata.

Ero rimasta sola.

Ricordavo ancora il giorno in cui mia madre aveva esalato l'ultimo respiro. Avrei voluto scappare da quelle quattro mura soffocanti, fuggire lontano. Ma anche dopo tutto quel tempo e con migliaia di chilometri alle spalle, il respiro continuava a mancarmi, e le mani non smettevano di tremare. Forse perché la distanza non portava mai il sollievo sperato. Forse la fuga era sempre stata soltanto un'illusione.

Avrei tanto voluto dirlo a Jane. Avrei voluto che non scappasse, che restasse, che mi parlasse. Forse, se solo l'avessi stretta tra le braccia più a lungo, sarebbe ancora stata qui con me. Se avessi smesso di pensare solo al mio dolore, avrei potuto vedere il suo. E magari sarei stata io a salvarla.

Mi chiedevo ancora se guarire significasse davvero lasciar andare. O se, in fondo, la vera guarigione consistesse nell'imparare a convivere con il dolore, accettandolo senza permettergli di distruggerti.

Ma come si faceva? Come si poteva vivere con il peso di un'assenza che cresceva ogni giorno, espandendosi fino a soffocarti e farti perdere chi eri?

Forse guarire non voleva dire dimenticare. Forse guarire era ricordare senza sentirsi annientati.

Io non ero mai guarita, e non credevo che lo sarei mai stata. Quel dolore continuava a consumarmi, giorno dopo giorno, senza tregua.

"Almeno hai tuo padre," mi avevano ripetuto spesso negli ultimi mesi.

Ma come avrei potuto immaginare la sua presenza, quando per anni non si era mai preoccupato di chiamarmi o di trascorrere una giornata con me?

La verità era che ero davvero rimasta sola, e dovevo imparare a conviverci. Non avevo più amici — non che ne avessi mai avuti molti, ma quei pochi mi bastavano. Non avevo più la casa in cui ero cresciuta, né mia madre, né Jane. I miei unici punti di riferimento erano svaniti.

Tutto ciò che mi era rimasto era la rabbia.

Una rabbia feroce verso mio padre, che non aveva esitato nemmeno un istante a trascinarmi via da casa mia, portandomi in un luogo sconosciuto senza curarsi del mio dolore. Con il tempo, la mia tristezza si era trasformata in un'ira incontenibile.

E non avevo alcuna intenzione di placarla. Perché era l'unica cosa che mi teneva ancora in piedi. L'unica cosa che mi faceva sentire viva.

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Ciao amici!
Eccomi qui con il prologo del nuovo romanzo!

Questo romanzo sarà meno soft dell'altro, le tematiche saranno un po' più pesanti, il linguaggio un po' più crudo.

So che a voi piace, cit.

Mi auguro che questo romanzino possa entrarvi nel cuore, e che possa intrigarvi fino alla fine.
Come sempre, fatemi sapere cosa ve ne pare nei commenti!

Vi ricordo che potete trovarmi su IG: sono_esse.
Vi aspetto per fare due chiacchiere insieme.

Vi mando un bacio, a presto! 🌙

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