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Io e Jane facevamo sempre passeggiate

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Io e Jane facevamo sempre passeggiate.
Ogni volta che avevamo bisogno di staccare o semplicemente scappare da qualcosa, ci infilavamo le scarpe e uscivamo.

Camminavamo per ore, senza una meta precisa, come se vagando per le strade potessimo lasciarci alle spalle tutto ciò che ci pesava.

Jane aveva sempre qualche posto nuovo da farmi vedere. Li scovava tutte le volte in cui spariva.

A volte mi portava davanti una vetrina solo perché aveva visto un vestito ridicolo, o ci fermavamo in un angolo qualsiasi a osservare le persone che passavano, inventando storie su di loro o provando a indovinare il loro stile di vita.

Non importava cosa facessimo, con lei ogni cosa appariva più leggera. Mi bastava lei, la sua risata contagiosa e i suoi buffi modi di fare.

Il mio sguardo cadde sull'acqua increspata di uno dei tanti laghi presenti a Central Park, e una stretta mi chiuse lo stomaco. Avevo sperato che una passeggiata mi avrebbe calmata, ma ora mi sentivo solo più vuota.

Quei momenti non sarebbero più tornati. Le risate, le chiacchiere senza fine, tutto era finito in un attimo.

Ero rimasta solo io a fare queste passeggiate. E non era la stessa cosa.

Non era giusto. Non lo sarebbe stato mai.

Sfilai il cellulare dalla tasca dei jeans. Per l'ennesima volta, il display non mi mostrava alcuna notifica. Nessun messaggio, nessuna chiamata persa.
Mi ostinavo a controllare, sperando che quelli che consideravo amici si fossero fatti vivi, che a qualcuno interessasse. Niente.

Era come se, andandomene, fossi sparita dal loro radar. Forse era proprio così. Fuori dagli occhi, fuori dalla mente.

Scrollai le spalle e rimisi il telefono in tasca, sentendo una morsa di delusione che non volevo ammettere.

Jane mi avrebbe chiamata almeno una ventina di volte, mi avrebbe mandato infiniti messaggi e avrebbe fatto di tutto per mettersi in contatto con me. Lo sapevo, perché anni prima l'aveva già fatto.

Ero andata in vacanza con mia madre, in un posto senza copertura. Solo pochi giorni, ma tanto era bastato a Jane per farsi prendere dal panico.
Appena trovai un po' di segnale, il cellulare si riempì di notifiche: messaggi, chiamate perse, persino una mail.

"Se non mi rispondi, giuro che chiamo la polizia!", mi aveva scritto in uno degli ultimi messaggi.
Ridevo, in quel momento, ma sotto c'era la verità: lei non mi avrebbe mai lasciata sola.

Ora, però, mi aveva lasciata eccome.

Mi sollevai dal prato, le mani sporche di terra, e avanzai verso l'uscita del Central Park, stringendomi nella giacca.

Era autunno inoltrato, ma ancora non riuscivo a capire se dovessi indossare un cappotto o una semplice felpa per uscire di casa.

L'aria era fresca, a tratti tagliente, come se mi volesse ricordare che non appartenevo a questo posto.

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