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La depressione si porta via tutto. Lentamente ti ruba la voglia di ridere, di scherzare, di mangiare. Ti ruba gli amici, le passioni, tutto ciò che un tempo ti rendeva felice perde di significato. Smetti di vedere i colori di ciò che ti circonda trasformando il tuo mondo in un film in bianco e nero. Non hai più obiettivi, dimentichi quali erano i tuoi scopi prima di cadere in quel vortice che ti conduce in un limbo fatto di apatia e dolore.
La depressione ti toglie la voglia di respirare e la forza di vivere.
Tutto ciò che un tempo costituiva il tuo universo scompare riducendosi in tenebre.
Smetti di prenderti cura di te, di amarti come chiunque dovrebbe fare, credi che tutto sia futile e privo di significato, facendoti dimenticare come fosse la tua vita prima della malattia.
Era così che Luce si sentiva da quasi tre anni e che enorme contraddizione avere quel nome quando si vive costantemente nel buio.
I suoi capelli corvini, un tempo lucidi e setosi, si erano ridotti ad un groviglio spento e disordinato; il viso roseo era ormai pallido e smunto; gli occhi neri come la notte una volta luminosi e sorridenti avevano perso ogni vitalità che, in quelli che sembrano secoli prima, li rendeva unici e magnetici; il corpo una volta forte e muscoloso era ormai ridotto ad un ammasso di ossa spigolose e fragili.
La depressione le aveva rubato tutto, ogni sogno e speranza, ogni passione, qualsiasi motivo che la induceva a svegliarsi la mattina.
Le sue giornate ormai erano composte da sonno e angoscia, da lacrime e dolore, tutto alternato da lunghi momenti di totale vuoto, più dell'apatia, un vuoto che ti scava dentro come un minatore farebbe con un tunnel alle pendici di una montagna.
La sua vita era ormai confinata alla sua camera disordinata da così tanto tempo da non ricordare più l'accecante sole, il tanto amato mare, i fiori primaverili o la sensazione della pioggia sulla pelle: aveva dimenticato cosa significasse vivere, la sua esistenza era segnata da un monotono susseguirsi di giornate senza tempo, con l'unico desiderio che il sole calasse cosicché un altro giorno finisse e si passasse al prossimo con la speranza che quel senso opprimente che le schiacciava il petto si acquietasse almeno un po', ma quel giorno non arrivava mai.
Aveva persino dimenticato il piacere di immergersi nei suoi amati romanzi che un tempo divorava affermando "ho bisogno di viaggiare ", senza però aggiungere nessun'altra spiegazione, semplicemente apriva uno dei suoi logori libri e si estraniava; aveva persino dimenticato il suono della musica di cui prima non poteva fare a meno, anche se la sua playlist era l'unica che ascoltava in un infinito loop...
Questo fino a quella mattina di gennaio -o un pomeriggio, non lo sapeva con certezza-, quando udì il suono di un pianoforte venire dalle scale del palazzo in cui viveva.
Erano note dolci che la spinsero ad alzarsi per cogliere ogni sfumatura di quella melodia dolcissima. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che si era soffermata ad ascoltare un suono differente dai suoi lamenti angosciati o dal silenzio opprimente dell'appartamento vuoto, eppure c'era qualcosa in quei suoni delicati che la attirava come una falena dalla luce.
Non potè fare a meno di chiedersi chi possedesse un talento del genere con uno strumento tanto complesso, era pura magia che faceva scaturire in lei emozioni dimenticate da tempo.
Senza nemmeno accorgersene si ritrovò nella tromba delle scale, ad inseguire qualcosa che non provava da tempo immemore, un senso di pace, di armonia, se questo era, non rammentava se tali termini si associassero a delle sensazioni simili, ma continuò a camminare inseguendo quel nettare che le faceva ricordare che aveva un'anima anche lei, nonostante fosse ormai malata e raggrinzita, spenta e oscura.
Passo dopo passo si ritrovò dinanzi alla porta di un appartamento che sapeva essere vuoto da anni e rimase incantata dalla forza dei suoni che continuavano a scaldarle il petto. Rimase lì, immobile, ad ascoltare per quelle che le parvero ore, incantata, ammaliata di fronte a tanta bellezza. Poi, la magia cessò all'improvviso, così com'era iniziata era giunta alla sua fine e Luce tornò alla realtà, alle sue angosce, ai suoi dolori, al suo grigio presente. Non le rimase altro che trascinarsi verso quello che ormai costituiva il suo mondo, il suo letto sempre sfatto e disordinato quasi come i pensieri che le annebbiavano la mente, continuando a riflettere su quelle note colorate che per un attimo avevano abbattuto il nero che la circondava.

La bellezza delle piccole cose Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora