1. Il tatuaggio del serpente

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Nothin’ happened in the way I wanted
Every corner of this house is haunted.

Niente è successo nel modo in cui volevo
Ogni angolo di questa casa è infestato.

Da “I miss you, I’m sorry” di Gracie Abrams

Amanda

Le sue dita sono sempre delicate quando mi sfiora la pelle, mi toccano piano come se io potessi rompermi.
Però io mi sono già rotta, tanto tempo fa.
Non riesco a fare a meno di fissare il soffitto, mentre lui mi bacia il collo e scende piano sui miei seni.
In questi momenti, la mia mente si spegne, ed io non riesco a fare niente a parte sbattere le palpebre.
Deglutisco quando la sua lingua scende sul mio stomaco, e quando le sue mani si chiudono sui miei seni alzo di poco il mento.
Sto implorando il mio corpo.
Lo supplico di reagire, di sentire qualcosa.
Ma tutto tace.
<Lo vuoi?>
Mi chiede, con la sua voce che è un misto tra dolcezza e amore gentile.
<Certo.>
Rispondo, senza smettere di fissare le travi di legno del tetto.
La sua dolcezza fa spazio alla lussuria, il suo sguardo si accende, e sento il battito del suo cuore accelerare vicino al mio petto.
Quando entra dentro di me sussulto, e per istinto gli graffio la schiena con le unghia.
Ad ogni spinta, io imploro in silenzio.
Reagisci.
Senti qualcosa.
Ti prego.
<Mi fai impazzire, piccola.>
Mi sussurra, mordicchiandomi il lobo, ed io sorrido.
È romantico, è dolce, è sano.
<Mio Dio!>
Ansima sul mio collo, ed io mi sento come una bambola di pezza senza cuore.
Non è niente che io non voglia, non mi ha obbligata a fare nulla, è solo che…
non sento ciò che dovrei.
<Dio, piccola, mio Dio!>
Dio…
lui non c’entra proprio niente qui.
Il piacere lo sento, non è niente male, però qualcosa manca.
Ma che cosa?
<Sei la mia donna!>
Geme, muovendosi più veloce dentro di me, ed io avvicino le ginocchia al petto.
<Dillo, dimmi che sei la mia donna!>
Sbatto le palpebre, una, due volte, mentre lui si muove ma non colma nessun vuoto.
<Sono la tua donna, Adriàn.>
Alle mie parole, il suo corpo raggiunge l’apice, e lui si svuota dentro di me scosso dal piacere.
Io però resto vuota, esattamente come lo ero prima.
Adriàn si lascia cadere sul materasso al mio fianco, sudato e ancora ansimante, ed io mi sforzo per assumere un’espressione appagata.
<Dios mìo!>
Esulta, questa volta in spagnolo.
<Che sesso fantastico.>
La sua bocca si posa sulla mia spalla, e sempre con delicatezza mi mordicchia la pelle.
<Ti è piaciuto, mi amor?>
Deglutendo, mi volto verso di lui e gli sorrido.
<Moltissimo.>
Adrìan è quello che si potrebbe descrivere come l’uomo perfetto.
Al nostro primo appuntamento, ha allestito un romantico picnic sulla spiaggia, c’erano le candele e i petali di rosa.
Quando mi ha riaccompagnata a casa non mi ha baciata, però mi ha accarezzato la guancia e mi ha confidato quanto gli sarebbe piaciuto rivedermi.
Quando finalmente mi ha baciata, dopo un tre settimane di appuntamenti romantici, qualcosa si è mosso dentro di me.
Ho percepito un leggero sfarfallio, e tutte le altre stronzate da innamorati.
Però, allo stesso tempo, le sue labbra mi sembravano così estranee.
Erano calde, però non bruciavano come fuoco, e la sua lingua non è riuscita a danzare con la mia come se fossero pezzi mancanti che si ritrovano.
Però lui è dolce, mi riempe di regali e mi ripete ogni giorno quanto io sia fantastica. Mi supporta in ogni cosa, va d’accordo con la mia famiglia, e mi regala dei fiori ogni volta che trova l’opportunità giusta.
Quando mi sono trasferita in Spagna da mamma, sette mesi fa, è stato difficile per me.
Mi sentivo un’estranea in una città che ho sempre amato, e avevo la costante sensazione di aver lasciato indietro qualcosa.
È stata dura lasciare papà, ma quando ho compreso che lui era a conoscenza di tutta la verità dall’inizio, la rabbia ha preso il sopravvento e mi ha convinta a lasciare la mia casa.
Adrìan è stato come uno spicchio di sole.
Lui mi dà tutto quello che una donna potrebbe desiderare, ed io sono felice, davvero.
Però il suo amore non mi brucia.
Non mi graffia come il ghiaccio, non mi scotta la pelle, non mi scuote il cuore.
La colpa non è sua, il problema è che io il mio cuore non so più dov’è.
<Stasera ti va di andare al cinema?>
Gli sorrido un’altra volta, e lui allunga una mano per accarezzarmi una guancia.
<Ma certo.>
Il sorriso che gli colora il volto è dolce come il miele, e più lo guardo più mi rendo conto di quanto sia giusto.
Io lo so che questo è un amore giusto, che lui è un fidanzato perfetto e che l’amore si comporta esattamente così.
Nel profondo del cuore, lo so.
<Te amo mucho.>
Dice, girandosi su un fianco e incastrando il viso nell’incavo del mio collo.
<Anch’io ti amo.>
Bisbiglio, baciandogli la fronte.
Che frase strana, questa.
Ti amo.
Cinque lettere, due parole, infiniti significati.
È così facile pronunciarle, eppure a volte è stato così difficile.
Adrìan percorre le mie cosce con una mano, sale fino al mio ventre, e si sofferma su quella minuscola macchia nera sul fianco sinistro.
Immediatamente, come se il mio corpo si muovesse da solo, gli prendo la mano e la sposto sul mio petto.
Dappertutto, può toccarmi ovunque desidera, ma non lì.
Non sul piccolo tatuaggio che da sei mesi vive sul mio corpo.
Un tatuaggio che mi ricorda tante cose, l’unica cosa che ancora mi fa percepire un leggero battito nel petto, ma anche la stessa che mi fa provare rabbia mista a odio.
Minuscolo, quasi invisibile, solitamente nascosto dal pizzo delle mie mutandine.
Lì dove adesso ho poggiato le dita, accarezzandolo con timore, il tatuaggio di un serpente mi colora la pelle bianca.
Pensieri strani si fanno spazio nella mia mente quando ci poggio sopra le dita, e quello è l’unico momento in cui sento qualcosa che assomiglia ad un’emozione.
Io però non voglio sentire più niente, niente che abbia il sapore di quel veleno.
Niente che mi ricordi ghiaccio tagliente, occhi grigi come l’argento, e mani forti che hanno preso da me tutto ciò che avevo.
Lui ha preso tanti piccoli pezzi, ed io gliel’ho lasciato fare senza timore.
Ora però a me non è rimasto più niente.
Ho un cuore che non batte più, emozioni spente che non hanno il sapore di niente, e la paura costante di amare ancora qualcosa di sbagliato.
Perché questo eravamo, sbagliati, ci incastravamo alla perfezione ma il disegno finale che ne veniva fuori era sbagliato da ogni prospettiva.
Questo tatuaggio mi serve da monito, per ricordarmi che tutto quello, seppur mascherato da arcobaleno, era una nube tossica.
Serve per ricordarmi che mi ha distrutta, che lo odio con ogni parte di me, e che non lo voglio più.
Però ogni tanto mi ricorda anche che l’ho amato, e questo mi fa male, così tanto che mi sembra di sentire il cuore mentre si ricostruisce e poi si autodistrugge.
<Adrìan?>
Lui si scosta di poco dalla mia spalla, e mi sorride con gli occhi socchiusi.
<Si, mi amor?>
Mi alzo dal materasso, e senza dargli il tempo di protestare salgo a cavalcioni sul suo corpo.
<Facciamolo di nuovo.>
Per fortuna non è mai indifferente al mio corpo, e mi basta sempre ben poco per trovarlo pronto a darmi ciò che voglio.
Questa volta, quando lo spingo dentro di me e inizio a oscillare i fianchi, spengo tutto.
Il sesso, del resto, è sempre stato un buon modo per evitare i miei tarli.
Ora però, quando gli prendo le mani e le porto sui miei seni, continuando a muovermi veloce, prendendo e prendendo tutto quello che lui può darmi, chiudo gli occhi.
Ma mentre muovo i suoi palmi sul mio corpo, e mi riempio senza sosta o dolcezza, quelle mani non mi sembrano le sue.
Sono grigi gli occhi che vedo oltre il buio delle mie palpebre.

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