1. ᴏᴅɪᴏ ʟᴀ ᴍɪᴀ ᴠɪᴛᴀ

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Odio la mia vita, odio avere trent'anni e sentirmi così... annoiata.
Odio pensare al fatto di non avere più tempo per sentirmi realizzata.
Odio il fatto di vivere ancora a casa di mia madre, e odio il fatto di non guadagnare abbastanza per potermi permettere un casa tutta mia.

Avere trent'anni e vivere con la propria madre è una vergogna, per lo meno, per me è così.

Mia madre è più che felice di avermi ancora qui con lei. Da ormai nove anni siamo solo io e lei. I miei fratelli sono sposati e sistemati già da un pezzo. Mio padre ci ha lasciati nove anni fa. Sono rimasta l'unica dei miei fratelli a non aver concluso un cazzo nella vita.

Lavoro come un mulo, eppure non riesco nemmeno a pagarmi un affitto per conto mio. Questa cosa è tragica.

Ogni mattina mi alzo e devo recarmi a lavoro anche se ho l'umore più nero del meteo fuori. Che gran rottura di palle.

Come da trent'anni a questa parte, mia madre irrompe nella mia stanza e, senza nemmeno degnarmi di un'occhiata, raggiunge la finestra e la spalanca, come se ne valesse della sua stessa vita. Sicuramente è la prima cosa a cui pensa non appena apre gli occhi.

A lei non importa se ci sono meno venti gradi, lei deve far arieggiare, sennò succede qualcosa di male in qualche parte remota del mondo.

Rischiando anche oggi una broncopolmonite, scaccio via le coperte e mi siedo sul letto a contemplare un po' il nulla cosmico.

Appena finisco di osservare la vastità della mia noiosa vita, e dopo aver finito di maledire tutto e tutti, mi alzo definitivamente dal letto. Mia madre mi osserva prendere una maglietta degli Slipknot dall'armadio, con l'aria schifata.

<< Non capisco perché ti ostini a vestirti in questo modo. Hai trent'anni Haze...>>

Continua con la sua solita storiella sul fatto che dovrei crescere, sposarmi e sfornare bambini come se fossi un panificio.

Ovviamente non manca la frase "Io alla tua età e bla bla bla".

Non capisco come io debba sfornare figli se sono sprovvista della materia prima: un pene. O un uomo, vabbé, il concetto è quello. Poi non ho nemmeno un lavoro in grazia di Dio. Sgobbo come una dannata per poi non riuscire nemmeno a compare qualunque cosa senza farmi due conti in tasca.

Vivo la mia vita con la calcolatrice in mano, facendo conti anche quando vado a fare la spesa.

Come lo cresco un bambino? I baci e gli abbracci non gli riempiranno di certo lo stomaco. E poi, a me neanche piacciono i bambini.

<< Sì, tu alla mia età eri felicemente sposata e con due figli. Peccato che stiamo parlando degli anni ottanta, dove per campare ti bastava una bottiglia di vino scadente e un allucinogeno>>, borbotto, mentre infilo gli anfibi.

Mia madre mi guarda indignata. << Io e tuo padre non abbiamo mai fatto uso di quella robaccia!>>
La guardo. << Ed io come faccio a saperlo? Mica ero presente!>>

<< Ti sembro una persona che possa aver fatto uso di acidi?>> Mi guarda posandosi entrambe le mani sui fianchi, con la fronte aggrottata.

Mia madre è letteralmente esaurita, davvero. Da quando è morto papà è anche peggiorata. Alcune volte si comporta proprio come una persona sotto effetto di acidi. Sembra perennemente in botta.

Quindi sì, ha la faccia di una sballona. Evito di dirlo ad alta voce, altrimenti non la smetterà più di parlare.

Mi segue fino alla cucina continuando a parlare. Ancora non ha capito che odio essere parlata appena sveglia. Oppure lo sa ma non gliene importa niente.

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