Per tutto il giorno si era occupata di Awerin, costruendole una stalla sicura. Per quasi un mese era rimasta nel recinto dei suoi vicini, accudita da loro con devozione.
Tife restò ad osservarla, in disparte, mangiare il frumento che aveva comprato per lei al mercato di Tiro.
Awerin era un fiero cavallo persiano, dal manto marrone e lucido, cresciuto fra le spade, abituato a camminare nel sangue e fra i cadaveri. Si sarebbe mai abituata ad una vita tranquilla lontano dalle grida della battaglia?Awerin alzò il muso, si frustò i fianchi con la coda e la guardò intensamente. Erano state insieme per sei anni, fra guerre e continue marce, tra freddo e caldo insopportabile, fra la fame e la sete.
«Non mi guardare così, non sei felice di essere in congedo?» le aveva chiesto. Awerin in risposta sbuffó energicamente.Quella notte Tife trovò il sonno facilmente, i suoi sogni non furono più intricate reti di sangue e morti, ma lieti mondi bianchi: era come aver creato un suo paradiso.
Il cielo era privo della sua luna, ma ricco di miliardi di occhi brillanti.
E fu proprio uno di quelli che illuminò la lama sospesa sopra la gola di Tife, impugnata da qualcuno ormai privo di volontà.Forse per via dello strusciare degli abiti del suo aguzzino o un vago retaggio di un sesto senso sviluppatosi in anni di guerra, la ragazza si svegliò. Con con un solo scatto estrasse il pugnale conservato nella fodera che portava attaccata al braccio e pugnalò lo sconosciuto dritto al petto. Con un colpo perforó le ossa più deboli, fino a raggiungerne il cuore.
Sentì un solo gemito, la viscosità del sangue sulle mani, sulle braccia, gocciolarle sul viso. Infine un tonfo sordo.
«Perdonami... Ti prego...» sentì soltanto, un sussurro flebile e appena percettibile.
La luce che entrava dalla finestra illuminava il viso esanime di Jouphet.
E Tife si sentì quasi svenire.Era suo fratello che aveva davanti: capelli scuri e leggermente ricci, viso ancora privo di barba, ma bruciato dal sole.
Urló senza accorgersene.Sua madre arrivò nella stanza ancora avvolta nel sonno, crollando in ginocchio non appena raggiunse sua figlia.
La stanza era illuminata delicatamente dalle stelle, il pavimento imbrattato di sangue. I suoi figli erano al suolo, lei rannicchiata accanto a lui, che rantolava, soffocando lentamente.
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༇Luci Oltre l'orizzonte,Deinos
FantasíaC'è un libro da cui mia nonna non si separa mai, per nessun motivo. Lo tiene sempre con sé: nella borsa quando esce, sul comodino quando va a dormire. Se tento di toccare la sua copertina azzurra e logora, mia nonna mi fulmina con lo sguardo. Forse...