Era un martedì mattina, uno di quei giorni che scorrono lenti e uguali, con i corridoi pieni di studenti che si muovono tra le aule senza troppa convinzione. Come sempre, camminavo veloce, con lo zaino pesante sulla schiena e lo sguardo basso, cercando di evitare ogni possibile attenzione. La mia scuola era come un piccolo mondo in cui ciascuno sembrava avere un ruolo ben definito, e io avevo il mio: non dare nell'occhio.
Ma quella mattina, mentre stavo per raggiungere la mia classe, lo vidi. Nick era lì, appoggiato con le spalle al muro, un braccio disteso mentre rideva con un gruppo di ragazzi della sua classe. L'avevo notato già altre volte, ma solo di sfuggita, un po' come si fa con un sogno che scompare al risveglio. Era uno dei ragazzi più belli della scuola, alto, atletico, con un sorriso sicuro e capelli arruffati che sembravano sempre perfetti. Giocava nella squadra di calcio della città, e tutti sapevano chi era.
Quel giorno, però, fu diverso. Appena passai davanti a lui, qualcosa cambiò. Il suo sguardo incrociò il mio, e per un momento mi sembrò che il tempo rallentasse. Mi fermai, incerto se avessi immaginato quel contatto, ma lui continuava a guardarmi, con un'espressione indecifrabile e un piccolo sorriso accennato. Avevo il cuore che batteva forte, tanto da sentirlo nelle orecchie.
Mi voltai per raggiungere l'aula, ma non avevo fatto in tempo a fare tre passi che lo sentii chiamare: "Ehi, Charlie, giusto?"
Mi bloccai, il cuore che sembrava volesse uscirmi dal petto. Come faceva a sapere il mio nome? Mi girai lentamente, cercando di capire se stesse davvero parlando con me o se fosse solo un'illusione. Ma lui era lì, gli occhi puntati su di me, con quel mezzo sorriso che mi metteva un po' in agitazione.
"Sì... ciao," risposi, cercando di mascherare il nervosismo nella mia voce.
Si avvicinò con una sicurezza che io, invece, non avevo mai avuto. "Io sono Nick. Sei in classe con mia cugina, Giulia, no?" Mi tese la mano come se fosse la cosa più naturale del mondo, e io, anche se esitante, la strinsi.
"Ah, sì... Giulia, certo," balbettai, cercando di non guardarlo troppo direttamente negli occhi, ma senza riuscirci.
Lui sorrise, facendo spallucce come se ci conoscessimo già da tempo. "Senti, che ne dici se un giorno ci prendiamo un caffè insieme? Siamo sempre chiusi in queste aule, a volte sarebbe bello staccare un po'."
Il suo tono era rilassato, sicuro, ma c'era qualcosa nella sua voce, un'intenzione che sembrava andare oltre la semplice cortesia. Sentii il calore salirmi sulle guance e cercai di non mostrare troppo l'effetto che mi stava facendo.
"Un... un caffè?" ripetei, incredulo. In fondo, non avevo idea di cosa potessi avere in comune con uno come lui, uno che probabilmente non avrebbe mai pensato di parlare con me, figuriamoci prendere un caffè insieme.
Lui annuì, mantenendo il contatto visivo. "Sì, un caffè, o anche solo fare due chiacchiere. Mi sembra che tu sia interessante... diverso dagli altri, no?" disse con un sorriso leggero, che sembrava studiato per mettermi a mio agio, ma che, paradossalmente, mi rendeva ancora più nervoso.
Annuii, troppo sorpreso per rispondere con altro. Lui mi fece un cenno come per confermare che ci saremmo organizzati, e mi lasciò andare, ma non prima di un ultimo sguardo, uno di quelli che sembrava volessero dire molto più di quanto si potesse leggere in superficie.
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Ogni volta che mi vedeva per i corridoi, trovava sempre una scusa per fermarsi a parlare o per salutarmi con un sorriso – quel sorriso che iniziavo a riconoscere come suo. Aveva una sicurezza che mi metteva a disagio e allo stesso tempo mi incuriosiva.
Un giorno, dopo una lunga lezione di storia, lo trovai fuori dalla mia aula, come se mi stesse aspettando. Aveva le mani in tasca, un'espressione rilassata, ma non appena mi vide arrivare, si illuminò.
"Ciao, Charlie! Allora, pronto per quel caffè?" disse, e il suo tono era amichevole, ma c'era qualcosa di più nel modo in cui mi guardava. Era come se volesse sfidarmi a dire di sì.
Non sapevo bene come rispondere, ma accettai, cercando di nascondere l'imbarazzo che provavo.
Andammo insieme al bar della scuola, e mentre bevevamo, lui sembrava totalmente a suo agio, facendo domande su di me come se fossi la persona più interessante del mondo. Mi chiese dei miei hobby, di cosa mi piaceva fare, e io, pian piano, iniziai a sentirmi meno in ansia, raccontandogli di me.
"Sei davvero interessante, lo sai?" mi disse, e aveva quella luce nello sguardo che mi lasciava intuire che il suo interesse andava oltre una semplice chiacchierata tra compagni di scuola.
"Perché dici così?" chiesi, cercando di rimanere indifferente.
Lui si strinse nelle spalle, quel sorriso sempre presente. "Perché sei diverso dagli altri. E mi piacciono le persone che sono se stesse."
La nostra conversazione proseguì per un po', e man mano che parlavamo, sentivo di perdermi in quel suo modo di fare. Mi sentivo al centro del suo mondo, anche solo per quel momento, e sapevo che, anche se non volevo ammetterlo, mi piaceva essere lì, con lui.
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Nick Nelson & Charlie Spring, Un Primo Passo [HEARTSOPPER] ITA
RomanceHey, è da un po che non ci si vede. Scusate ma non sapevo proprio che scrivere. Con questa storia ambientata nel mondo di Heartstopper (leggermente rivisitato), ho deciso di raccontarvi l'incontro con il mio di Nick diciamo. Siamo stati fidanzati 1...