Capitolo 4

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La Capitale era avvolta da un silenzio innaturale, rotto solo dal ticchettio della pioggia sulle pietre levigate delle strade. Nella Sala del Concilio, l’aria sembrava densa, trattenuta tra le mura di pietra come se fosse consapevole dell’importanza di quel momento. Il Custode si trovava al centro della stanza, avvolto nel suo mantello scuro, la figura immobile come un’ombra che osservava tutto e non lasciava trasparire nulla.

Selene, Seraphin ed Eryk stavano davanti a lui, disposti in una linea che sembrava più una barricata invisibile. Non si guardavano. Ognuno era immerso nei propri pensieri, ciascuno una fiamma pronta a divampare.

«Le vostre prime azioni sono iniziate,» disse il Custode, la sua voce bassa ma incisiva. «Il Concilio osserva, come sempre. Ma il popolo attende risposte. Ogni scelta che fate, ogni parola che pronunciate, costruisce o distrugge il futuro di questo Stato.»

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Selene si irrigidì, il mento sollevato in un gesto di sfida. «Il popolo non aspetta risposte. Aspetta azioni. Non possiamo permetterci esitazioni.»

La voce del Custode rimase invariata, quasi imperturbabile. «Le azioni senza giudizio sono pericolose, Generale Lysand. Una spada che colpisce troppo rapidamente rischia di ferire anche chi deve proteggere.»

Selene trattenne il respiro, ma non rispose. Aveva imparato a non discutere con coloro che parlavano in enigmi. L’importante era agire, e lei era certa che il suo piano avrebbe riportato ordine prima che il caos potesse crescere.

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Seraphin, invece, non nascondeva il suo sorriso. «Il Custode ha ragione, Selene. Troppo zelo può essere letale. Io, invece, preferisco costruire legami. È così che si tiene unito uno Stato: con fiducia, non con la paura.»

Il Custode lo fissò, o almeno così sembrava attraverso il velo. «La fiducia è una moneta rara, giovane Lysand. Usala male e perderai anche ciò che pensavi di possedere.»

Seraphin non si scompose. «La fiducia, come il potere, si conquista. E io so come ottenerla.»

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Eryk, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, alzò lo sguardo verso il Custode. «E cosa direbbe il Concilio della rabbia del popolo? La rabbia non si placa con discorsi, né con soldati. Il sistema è il problema, e finché esisterà, nessuno potrà governare veramente.»

Il Custode rimase immobile, come se stesse valutando ogni parola. «La rabbia è una lama a doppio taglio, Eryk Lysand. Canalizzala con saggezza, e diventerà forza. Ma lasciata libera, consumerà tutto, anche te.»

Eryk non distolse lo sguardo. «Forse è un rischio che vale la pena correre.»

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Quando la riunione terminò, i fratelli lasciarono la Sala del Concilio uno alla volta. La pioggia continuava a cadere, incessante, scivolando dalle torri e creando rivoli lucenti sul marmo bianco del cortile. Selene si fermò per un momento, fissando le luci della città in lontananza. Sapeva che non c’era tempo da perdere. Ogni decisione contava, e il fallimento non era un’opzione.

Seraphin si voltò verso di lei, il sorriso sempre presente. «Ti stai preparando per marciare, sorella?»

Selene non lo guardò. «Tu continua a parlare, Seraphin. Io agirò.»

Eryk, che camminava a qualche passo di distanza, si fermò accanto a loro. «Forse agire e parlare non sono poi così diversi. Dipende da chi ascolta.»

Selene lo fissò per un istante, poi annuì. «Allora assicurati che ascoltino. Io farò in modo che non abbiano scelta.»

Seraphin rise piano, lasciando che le sue parole si disperdessero nella pioggia. «Buona fortuna, cari fratelli. Ne avrete bisogno.»

Mentre i tre si dividevano, ognuno diretto verso il proprio obiettivo, la pioggia continuava a cadere, come un preludio al conflitto che si stava preparando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 21 ⏰

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