Athena
Celia darà una festa aperta a tutta la città. È una specie di mostra della scrittura. Ci saranno molti autori e autrici, ed essendo un'amante di ogni forma d'arte non potevo rifiutare il suo invito.
"Sei davvero splendida!"
"Grazie Celia, ma con te al mio fianco farò una pessima figura"
È la verità, lei ha una bellezza disarmante, ma questo non m'infastidisce. Sono che io molto bella, nonostante la competizione persa.
"Ma smettila, per favore!"
Celia viene chiamata da un uomo sulla sessantina e lei corre subito da lui. Credo sia uno scrittore, e anche parecchio ricco.
"Certo che mi perseguiti, Athena"
Quella voce calma e pacata, ma allo stesso tempo provocatoria... Mi giro di scatto, con il corpo che trema, e vedo la dottoressa Johns proprio qui. Davanti a me. Decido di mantenere la calma e di non incazzarmi subito.
"E lei cosa diavolo ci fa qui?"
Okay, ammetto che io e la gentilezza non camminiamo proprio di pari passo.
"Oltre ad essere la tua psicologa, cara Athena, sono anche una scrittrice"
La risposta mi fa scappare una risata sbeffeggiante, ma che come sempre non pare darle fastidio.
"Cosa scrive?"
"Romanzi, Young Adult"
Il mio genere preferito, cazzo!
Capisci di essere vicina ad una persona proprio quando credi che siate due poli opposti. Perché, se ci pensate, anche i poli hanno le medesime caratteristiche.
"Ti piace scrivere, Athena?"
"Non siamo nella mia stanza, può anche evitare di interessarsi"
"Almeno sai che è tua, vediamo il lato positivo"
Non c'è alcun lato positivo, dottoressa. Non c'è alcuna luce dentro di me, solo buio pesto.
"Conosco molto bene questi posti, e non sono consueti per una ragazza come Athena Blake"
"Lo so, ma qui, nonostante la confusione, c'è molta calma e rispetto verso l'arte"
Lei annuisce. Ad un certo punto, la dottoressa si allontana e va a prendere del vino dal banchetto. Proprio nel momento in cui se ne va, ritorna Celia. Indossa un abito lungo di un verde scuro e smanicato.
"Chi era quel tizio?"
"Oh, non ne ho la più pallida idea. Credo che lavori qui, forse un addetto alle pulizie"
"A me non sembrerebbe, insomma, è vestito più elegante di qualunque altro qui dentro. Non dico che uno spazzino non possa esserlo, solo non mi pare modo di vestirsi per pulire"
Celia rivolge uno sguardo a quell'uomo. È sulla cinquantina, alto e occhi azzurri. È davvero molto bello, magari è il marito di qualcuno o è un visitatore.
"Sei davvero stupenda, Athena"
Il mio vestito è di un rosso scuro, di una tonalità diversa rispetto ai miei capelli, ma la stessa del mio rossetto.
Al collo porto una collana di perle che mi regalò mia madre.
"Non lusingarmi, Celia"
"Per carità..."
Lei ride, io faccio una smorfia per imitarla. Celia è sempre stata una buona amica, sin dall'inizio. Ci conoscemmo che io ero ubriaca marcia e lei peggio di me. Ci scambiammo i numeri dopo esserci baciate davanti a tutti e, una volta smaltita la sbronza, ci siamo scusate a vicenda e siamo diventate ottime amiche.
"Dai, vieni, iniziamo questo incontro"
"Come è iniziata la vostra passione per la scrittura?" domanda Celia. Per quanto io le voglia un bene dell'anima, non ho ascoltato nemmeno una parola. Da quando discutono, io ho fatto almeno tre contatti visivi con la mia psicologa. Ci guardiamo di continuo, lei è circa dieci sedie distante da me, ma continuiamo ad osservarci l'un l'altra. Lei sorride ogni tanto, io interrompo il contatto dopo pochi istanti, anche se lei continua a guardarmi come fossi un quadro da ammirare.
"Qualcuno ha delle domande?"
La folla e i giornalisti alzano la mano, ma è il signore elegante con cui parlava Celia a prendere parola.
"So che lei ha subito violenze dal padre... Per questo ha scritto a riguardo?"
Non so cosa stia succedendo dentro di me, ma sento un sapore amaro in bocca: rabbia. Prendo la borsa e corro via dalla stanza sorpassando le sedie che intralciano il cammino. Prima che io possa aprire la porta, sento un urlo. E poi un altro.
Mi volto di scatto e vedo la scrittrice cadere difronte ai piedi di Celia. Quest'ultima ha un sussulto, si ritrae e chiama aiuto.
Come se avessi un codice o fossi stata progettata per questo, corro dalla ragazza.
Percorro velocemente il palco e le tengo la mano. Deve aver avuto una visione intrusiva o un flashback, sembra in trans.
Di fianco a me, quando mi volto per chiamare qualcuno di esperto, c'è lei.
La dottoressa Johns si siede accanto a me e si ferma ad osservare.
"Che cazzo... Faccia qualcosa!" urlo.
"Non devi urlare Athena, o sarà peggio. Portiamola in un posto sicuro..."
Le diamo una mano ad alzarsi, e dopo poco non riesce a respirare.
"Sta avendo un attacco di panico!"
"Ciao tesoro, che succede?" chiede calma.
Entriamo in un ufficio, forse dell'organizzatore, ma poco importa. Questa è un'emergenza.
"Io...non...lui è qui!"
"Ci sono io, sta tranquilla. Ora cerca di respirare insieme a me. Espira..."
Sento compassione, rabbia, tristezza... ma soprattutto sento le sue mani. Riesco a percepire le sue dita sfiorarmi i capezzoli e tirarmi i capelli. Ora, però, non posso lasciare questa ragazza. È giovane, avrà pochi anni in più di me, e ha una vita. Non permetterò ai miei demoni di sconfiggere le mie emozioni, non adesso.
"Ci sono anche io, cara. Sono con te e non lascerò che ti faccia del male"
Il respiro inizia ad essere regolare, tutto dentro di me sembra calmarsi e il mondo girare più lentamente.
"Grazie, ma voi chi siete?"
"Athena Blake, e lei è... la dottoressa Johns"
"Credevo foste sposate..."
La risposta mi mette in imbarazzo, ma Johns sorride e mi rivolge uno sguardo divertito. Chissà cosa nasconde quella donna...
Asteria
Quattro anni prima...
"Come stai?"
Ho già provato a stare dall'altra parte della scrivania, ma mai come una vera paziente. Non mi sono mai sentita degna di esserlo, nemmeno una volta. E adesso che mi viene posta la fatidica domanda, non so cosa dire. Ironia della sorte, non è vero?
"Non, male? Così così? Io...credo di non saperlo con certezza"
"Cosa ti fa pensare di stare male? È successo qualcosa di brutto?"
Il suono della cintura che sbatte contro il comodino rimbomba nella stanza. Sta arrivando, e non potrò scappare. Sei in trappola, Elisabeth. Non troverò mai un rifugio, un posto da chiamare casa.
"Non ho niente che mi appartenga sul serio, neppure un'identità"
"Chi è Elisabeth?"
Una donna sperduta, senza passioni o desideri. Senza libertà...
"Una donna?"
"Continua"
La donna che ho davanti è piuttosto giovane, presenta solo qualche ruga vicino gli occhi. Nonostante la sua giovane età, è comunque molto più grande. Ho diciotto anni, lei ne avrà circa quarantacinque.
"Una donna giovane, che cerca il suo posto nel mondo e che è stata picchiata da bambina"
"Da chi è stata picchiata Elisabeth?"
Questa è il perfetto esempio di istigazione: sa già la risposta, ma mi pone comunque la domanda.
"Non credo sia un suo reale dubbio, quindi perché rispondere?"
"Forse non sono io quella con perplessità, ma tu"
E per quanto ami psicanalizzare, odio essere psicanalizzata.
"O semplicemente deve seguire il suo copione..."
"Tu seguirai un copione con i tuoi pazienti?"
"No, ma le psicologhe non sono tutte uguali"
Cazzo, Elisabeth! Hai letteralmente detto che non è capace a fare il suo lavoro!
"Se dici di non avere un'identità...in che cosa credi di poterti identificare? C'è un tuo piccolo talento?"
Non ci penso molto, rispondo di getto.
"Mi piace scrivere, romanzi per la precisione"
"Hai già pubblicato qualcosa?"
"Sì, ma non mi sento una scrittrice o cose simili. Le vere autrici scrivono con costanza e passione, io..."
"Hai detto che scrivere è per te un lavoro piacevole, ma che non lo fai con passione. È contraddittorio"
Ha ragione, ma ce l'ho anche io.
Adoro scrivere, ma spesso lo faccio perché mi fa sentire realizzata.
"Quinti è un tuo modo forzato per crearti un'identità?"
"No, non è così. L'identità non la trovo comunque, scrivere è solo soddisfacente"
"E invece con gli psicofarmaci? Cosa prendi?"
"Antipsicotici e antidepressivi"
"Funzionano?"
"Forse"
La seduta finisce così: con un dubbio. È così, anche le parole, non trovano un'identità. Rimangono sospese in un immenso cielo grigio, alla ricerca di un nero o di un bianco a cui affidarsi.
Presente...
"Cazzo, Asteria! Che sarebbe successo se qualcosa fosse andato storto?"
"Dovevo testare le capacità di Athena! E poi era tutto preparato da Scorpio"
È la seconda volta nell'arco di una settimana che l'orfanotrofio accoglie il suo capo, e come ho già detto, non è positivo.
"Hai finto che una ragazza avesse un attacco di panico! E lei ha permesso una cosa del genere!"
Gioia rimprovera il suo capo, e non è di certo una mossa intelligente. Infatti, Scorpio si inalbera e, tirando un pugno al tavolo, inizia ad urlare.
"Non osare rivolgerti così!"
"Almeno spiegatemi cosa è successo!" ribatte Gioia.
"Tokyo, una dei nuovi membri, ha finto un attacco di panico per capire se Athena fosse un buon acquisto. Crediamo sia un'ottima idea assumerla, nonostante sia una mia paziente" mi intrometto.
Gioia ha gli occhi sbarrati e scuote la testa. Sbuffa e borbotta facendo trasparire il suo parere contrastante.
"È una pessima idea! Non capite che potrebbe svelare cosa cela questo orfanotrofio? È una follia! È instabile mentalmente e non può reggerlo!"
"Non sei tu la psicologa qua dentro! So io cosa è meglio per Athena, e non ho intenzione di assumerla subito. Aspetterò qualche mese, poi le svelerò tutto. Scorpio ha deciso, non si discute!"
Gioia deve imparare a rimanere al suo posto, cosa che spesso non fa. Non capisce quanto Scorpio sia potente e possa punirla licenziandola.
"Gioia, va via un attimo"
Lei annuisce, anche se forzata, ed esce furibonda sbattendo la porta.
"Credi davvero sia una buona idea?" sussurra Scorpio.
"Athena farà decollare questa società, ne sono più che certa"
Asteria
È da quando sono molto piccola che mi diletto a scrivere storie. Ho sempre odiato quei romanzi pesanti, che ti rallentano la lettura, così iniziai a con la stesura di brevi racconti per bambini. Poi, ho scoperto la bellezza dei libri per ragazzi/adolescenti, e pubblicai il primo romanzo con una casa editrice.
Oramai non scrivo da molto tempo, ho perso la mano e soprattutto l'ispirazione. Ad oggi passo il tempo immersa nella lettura, piuttosto che nella scrittura.
Questa mattina ha preso una piega diversa, una via che mi porta una leggera creatività.
Il mio modo di esprimermi sono stati sempre i temi a scuola, poi sono passata a tramutare il tutto in un hobby, e infine in un lavoro. Ma una cosa che si è mantenuta intatta nelle tre fasi è la passione.
"Quindi lei scrive?" mi domanda Athena.
"Scrivevo, a dir il vero. Poi, d'un tratto, oggi è tornata la forza di continuare..."
"Deve sforzarsi per prendere in mano la penna? Non dovrebbe venire dal cuore?"
"Conosci il blocco dello scrittore?"
"È quando ti passa la voglia di scrivere?"
"Non proprio. È quando la voglia di inseguire la propria passione tira la corda con la paura di non essere abbastanza."
Athena accenna ad un sorriso, poi abbassa lo sguardo.
Sapete cosa ho scritto stamani? Ho raccontato la nostra storia, la mia e di Athena. Piano piano, sono sicura che questo romanzo prenderà vita, ma serve tempo e pazienza.
"Quindi anche le psicologhe hanno problemi di autostima?"
"Siamo dottori, non robot, cara..."
A dir il vero a volte vorrei esserlo, vorrei diventare una specie di intelligenza artificiale, sapere tutto. Poi, però, penso a quanto sia bello vivere nell'errore, o addirittura nel peccato.
"Come procede con la recitazione?"
"Oh...beh, diciamo che è piuttosto difficile esibirsi in casa, da soli, come i pazzi"
"A volte essere pazzi è sinonimo di vivere in un mondo fatato, e fidati, qualsiasi pianeta è migliore della Terra e di chi ci abita."
"Nel mondo si salvano poche persone, sa? Io ne conosco solo due: mia madre e Celia. E invece lei? Chi salverebbe in questo mondo?"
Impiego un po' di tempo per rispondere alla domanda, forse perché mi mette un po' a disagio.
"Nessuno della mia famiglia, piuttosto tutti i miei pazienti"
"Non ha amici?"
"Nessuno che valga quanto voi, Athena"
Il modo in cui ribatto la mette palesemente in imbarazzo, e credo sia a causa della mia schiettezza.
"Come pensa di sopravvivere contando solo su di noi?"
Il quesito mi spiazza.
Athena...perché mi poni domande così difficili? Sono solo le tue ad essere complesse, o sei semplicemente tu a convivere con tale profondità nell'anima?
"Non ho bisogno di affezionarmi a voi per ritenervi importanti. Puoi pensare che le api siano essenziali, ma non sei legata ad esse sul piano emotivo."
Non so cosa lei abbia inteso dalla mia risposta, ma spero solo non sia stata offensiva. Ho praticamente insinuato che lei è semplicemente utile, come un oggetto.
"Capisco..."
Dal suo volto traspare delusione, un'emozione che non credevo avrei mai visto a causa mia, poiché non pensavo le importasse di me.
"Athena, non volevo dire quello che..."
"Cosa cazzo sono? Un animale che deve riprodursi per salvare il culo a voi umani?"
"No, non volevo intendere questo. Il mio intento è quello di farti capire che non ci sarà mai un coinvolgimento sentimentale nel nostro rapporto."
"Applichiamo delle leggi, dottoressa. Legge numero uno: da ora in poi, non dovrà scusarsi. Quello che è stato detto, è già attecchito al suolo. Regola numero due: la sua freddezza non mi fa alcun effetto"
Athena fa una pausa, io rimango in silenzio, ma non per timore. Voglio solo ascoltare ciò che ha da dire, desidero prestare attenzione ad ogni sua parola, coglierne ogni metafora e significato.
"Regola numero tre: il muro che ci separa non va demolito. Mai. Siamo l'angelo ed il Diavolo, non possiamo essere alleate. O i nostri destini saranno le fiamme..."
"E se io volessi bruciarmi?" la istigo.
"Le porte dell'Inferno sono sempre aperte, dottoressa. Ma ricordi la quarta regola: non si torna indietro."
Athena
Mi è sempre piaciuto stare da sola o, meglio, in silenzio.
Non percorro strade isolate, ma tranquille e quiete.
A volte, capita anche che io parli da sola. Questo posto è più simile ad un parco che ad un bosco. Lo capisco dai troppi interventi antropici e dal leggero ma fastidioso brusio.
Cammino a passo lento per cercare di scorgere ogni piccolo dettaglio della natura. Piccoli scoiattoli percorrono il prato da una parte all'altra, forse con la paura di essere calpestati. Effettivamente la paura di essere investiti dalla superiorità degli altri è un problema comune, persino nel mondo animale.
Gli alberi danno un senso di pace grazie al loro leggero movimento dato dal vento.
Mentre cammino e osservo il cielo, sento un rumore assordante. Veloce, ma terrorizzante. Uno sparo.
È solo un brutto sogno, Athena. Ora ti sveglierai.
Cerco sempre di vedere il lato negativo delle cose, sempre. Ma in questo caso, non vedo proprio alternativa. La gente urla e corre da un punto all'altro, fuggono tutti, tranne io.
Poi ecco il suono di un caricatore di armi, e successivamente lo sparo. Cerco con tutta me stessa il criminale, o qualcuno vestito di nero con in mano una pistola.
Dalla tasca, esco la mia arma. La porto sempre con me, solitamente per sparare agli alberi, ma oggi è diverso. Il bersaglio è un uomo. Corro anche io, ma non per scappare, bensì per cercare il bastardo. Non tocca a me giudicare, ma se fossi io a farlo deciderei di ucciderlo. Ci sono bambini, donne e uomini che avranno bisogno di terapie, farmaci, cure... e tutto per un tizio che ha deciso di trasformare un parco in una carneficina.
Allungo e velocizzo il passo. Dopo poco, sono dietro ad un albero. Sento la sua voce, ma non solo. Un ragazzino urla aiuto.
"Non ti muovere o giuro che sparo!"
Lo vedo, è incappucciato. Il giovanotto, invece, sta piangendo dal terrore.
Il mondo è così crudele da godere del dolore altrui?
Attorno all'uomo, ci sono sette alberi. Posso sfruttarli per nascondermi e arrivare a lui. Passo da un tronco all'altro velocemente, cercando di non farmi vedere. Il ragazzino è talmente spaventato da chiudere gli occhi, mentre il criminale non pare essere molto attento a guardarsi le spalle.
"Io credo che sia tu colui che non deve muoversi"
Punto la pistola verso la nuca, e carico. Tengo il dito sul grilletto, ma l'uomo non si gira.
"Credi davvero di spaventarmi? Se muoio io, ho comunque il tempo di sparare a questo stronzo!" Il mio cuore perde un battito. Ha ragione, in qualsiasi caso il ragazzino è morto. Se non lo uccido, il ragazzo verrà massacrato da questo mostro. Non ci sono vincitori, solo un mucchio di perdenti. Che posso fare?
"Ti darò i miei di soldi, basta che lasci libero il ragazzino"
"Non è quello che voglio, mi spiace Rossa"
Come cazzo ha fatto a scorgere i miei capelli? Sono dietro di lui e non si è mai girato. Mi conosce? Ha già sentito la mia voce?
Tutto sembra confuso, ma cerco di rimanere lucida.
"Ah no? D'accordo...Corri!"
Al mio comando, il ragazzo corre a zig-zag, proprio come se sapesse cosa fare. Come se fosse un film...
Gli do un colpo alla nuca. Successivamente, sparo al piede. L'uomo cade sulle ginocchia, non ha neanche il tempo di difendersi che sfodero un pugno. Con l'arma, infine, tiro un colpo sulla guancia. È talmente forte da tagliargli il viso. Come la scena di un serie tv d'azione, nell'aria sparisce ogni urlo o rumore, dando spazio alla salvezza: sirene della polizia. Non so il perché, ma non provo rimorso o paura. Il peso nel petto non scompare, perché in realtà non c'è mai stato. È come se fossi nata per questo, per combattere il male.
Da lontano, una donna corre verso di noi. Una poliziotta.
"Mani in alto!" urla contro l'uomo quasi incosciente.
Il criminale alza le braccia, come da ordine, e la poliziotta lo ammanetta e lo fa alzare.
"Signorina, deve venire con noi"
"Sono incriminata per qualcosa?" domando. Ma dentro di me non provo ansia o tensione, sono fiera di ciò che ho fatto e non m'importa delle conseguenze.
"No, solo per la testimonianza"Asteria
Tutti credono che io sia cattiva, ma voglio solo salvare un'anima sperduta. Voglio trovarle un posto da chiamare casa e delle persone da considerare famiglia.
"A che test siamo?"
"Secondo" ribatto.
Scorpio è al corrente dell'ultimo test: la sparatoria. Abbiamo usato uno dei genitori abusanti per questo test, lo abbiamo fatto arrestare e ci siamo assicurati che Athena possedesse il porto d'armi. Tutto in regola e nei limiti della giustizia.
"Quale sarà il prossimo?"
"Facciamola riposare un po', ma stavo comunque pensando alla prova successiva..."
"Sarebbe?"
"Uno stupro"
"Da subire?"
"No, da evitare. Dovrà salvare una ragazza in difficoltà"
"Cosa cambia dalla sparatoria?"
Spiego come rivivere un trauma, anche se non in prima persona, è un'esperienza terribile e ancora più traumatica.
Non sarà facile per Athena sorreggere un tale peso: vinceranno le sue paure, o la sua sindrome da croce rossina?
"Di cosa ci occupiamo oggi?" domanda Gioia.
"Illustreremo il piano agli altri componenti della società. Non sarà facile per loro l'ammissione di una ragazza così giovane e figlia di un'ex poliziotta"
Sì, la madre di Athena, Soledad, era nel corpo di polizia qualche anno prima dello scandalo di suo marito. Immaginatevi come può essere combattere i più grandi criminali di New York, quando lo stupratore di tua figlia lo hai dentro casa...
Prendo i fogli e la chiavetta U.S.B. Mi dirigo verso la sala delle riunioni e, quando spalanco la porta con al mio fianco Scorpio, tutti si alzano come segno di rispetto.
"Buonasera", dicono in coro.
Sono le 19:34, la luna è ormai l'unica fonte di luce naturale oltre le stelle. Solitamente, le assemblee avvengono a quest'ora. Per noi la notte è sacra: molto degli abusi avvengono sul tardi.
"Buongiorno anche a voi"
"Qual è il programma della riunione? Come mai non è stato svelato prima?"
Alla domanda risponde un rumoroso bisbiglio. Sbatto la mano contro il tavolo tre volte. La prima per richiamarli, la seconda per ricomporre la mia autorità, e la terza perché mi piace dimostrare superiorità.
"È un argomento delicato. Con noi, entrerà a far parte una nuova ragazza: Nyx"
Uso il nome in codice, per evitare scandali.
"È giovane, è figlia di una poliziotta. Ha diciotto anni, per la precisione. Ha sopportato molto nella sua vita, e continua a soffrire. Non spetta a me dirvi il perché, ma sappiate..."
Non faccio in tempo a finire la frase che il brusio si tramuta in urla furenti. "Figlia di una poliziotta? Giovane?"
La nostra società ha sempre avuto due regole: no alla polizia e alle ragazze fuori dalle famiglie prescelte. Quest'ultime sono le famiglie che hanno il permesso di far parte della nostra comunità.
"È figlia di nessuno!"
"Ora basta!" sbraito. "Come osate screditare una ragazza dopo il suo passato?! Siete delle bestie!"
Forse ho esagerato, forse tengo troppo ad una ragazza che mi odia e che non accetterà mai la mia proposta. Ma devo farlo, devo salvarla.
"Ci scusi, ma per noi è una novità" dice di nuovo l'uomo.
"Lo so e lo capisco, ma i cambiamenti vanno accettati, accolti e affrontati. Non possiamo pretendere di vincere la nostra battaglia se non aiutiamo chi dovremmo salvare" spiego. "E come avete capito, la decisione è stata presa. Spetterà a lei decidere e noi, in qualsiasi caso, abbracceremo la sua scelta"
"Dobbiamo per forza?" chiede una donna.
"No, potete scegliere di abbandonare la società. Ma sappiate che sarete considerati dei vigliacchi. Per sempre"
Provo rabbia nei loro confronti, ma anche fierezza nei miei. Ho sempre difeso i miei principi, a spada tratta. Oggi, però, è diverso. Non difendo solo Athena, ma anche la piccola Asteria che avrebbe voluto essere protetta.
"La riunione non sembra essere andata proprio alla grande, Asteria..."
"Lo so, ma siamo agli inizi. Anche quando fondammo questa società molti erano restii, dobbiamo avere pazienza"
Difronte a me, c'è uno specchio. Mi controllo e sistemo la cravatta. Indosso uno smoking nero con dei tacchi della stessa tonalità. Tengo i capelli raccolti in uno chignon.
"Asteria, devo dirti una cosa importante"
Mi volto di scatto, distogliendo lo sguardo dal mio riflesso.
"Cosa?"
"Come sai, una delle regole fondamentali, è niente relazioni interpersonali all'interno della società. È importante che ognuno tenga all'altro, ma nei limiti"
"Dove vuoi andare a parare, Scorpio?"
"Non legarti troppo, non ad Athena"
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Moon on fire
RomanceAthena Blake, una ragazza che lotta per sopravvivere ai suoi demoni, inizia un percorso psicoterapeutico in seguito al suo tentato suicidio. Elisabeth Johns, una psicologa pronta ad aiutare i suoi pazienti. I loro destini si intrecciano, esattamente...