1 capitolo

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Quando nasci tutta la tua vita è ancora da scrivere. Cresci normalmente senza capire chi vuoi davvero essere fino ad arrivare ad un'età dove comprendi che non puoi più comportarti come quando eri piccola ma devi; come la società ti impone, crearti un'identità. Alcuni si creano una propria identità, i rimanenti seguono quelle di altri. Io non faccio parte di nessuna categoria. Devo ancora capire la mia identità. La mia migliore amica diceva che dovevo sbrigarmi a capire chi volevo essere se volevo superare quest'anno scolastico. Non capivo bene cosa volesse intendere nelle parole "superare quest'anno scolastico" per me l'unico modo per superarlo era solamente riuscire a superare gli esami. Ma parliamo della mia migliore amica. Quella che vuole essere la più "popolare" della scuola quindi era ovvio che per lei si intendeva sempre qualcosa con la popolarità. A me non importava un cavolo su chi dovevo essere in quella scuola del c****, in quella città del c****. La Willauer School era una delle tante scuole a Boston. Niente di particolare, niente di interessante. Insomma trovavi i soliti ragazzi che trovi in qualsiasi scuola, con le solite "identità"; il bullo, il secchione, la " io sono meglio di voi" e sinceramente se dovevo far parte di una di queste categorie preferivo non essere niente, ed era così, io ero il niente alla Willaure School. Jennifer Dunphy non la pensava in questo modo; pensava che era importante essere qualcuno se vuoi affrontare il futuro. Non aveva torto poiché io ancora non avevo deciso cosa volevo essere nella mia vita e quando ci pensavo mi veniva solamente una grandissima confusione nella testa difficile da mettere in ordine. Anche se aveva ragione Jennifer, come a mio solito non lo dimostravo. Strano come due persone così differenti fossero diventate amiche, forse da quando a 6 anni lei mi venne incontro e mi chiese il nome ed io con tono superiore, come tutt'ora uso, risposi e da un semplice nome nacque questa strana buffa amicizia. Forse perché come dice mia madre: niente succede per caso, o semplicemente perché quando si piccolo non ti fai troppi problemi su chi devi essere o non essere amico, quando sei piccolo smetti farti domande. Tutt'ora mi chiedo perché una società complicata come la nostra, formata da una generazione di persone deficienti non vive semplicemente la vita come viene, come fai da bambino. Jennifer però fu condizionata molto dalle persone smettendo di pensare come una bambina e più come un'adulta, e andava bene fino a quando non diventava noiosa ed io l'unico modo per riportarla sulla terra era fare un smorfia, lei mi guarda con i suoi grandi occhi marroni e poi ripeteva la mia smorfia in modo simpatico fino a scoppiare entrambe in una risata.C'erano delle volte che non la sopportavo proprio ma quelle poche volte, pochissime volte in cui io e lei si stava insieme da sole per un'intera giornata lei riusciva sempre ha strapparmi il sorriso.Forse era per la speranza di riavere quelle giornate con lei che non l'avevo mandata ancora a fanculo.

A quel tempo vivevo sola con mia madre poiché mio padre era morto investito da un'auto quando io avevo 8 anni. Mi ricordo la scena, purtroppo me la ricordo benissimo. Io, con quel mio bel vestitino azzurro che mi arrivava alle ginocchia, i miei capelli marroni mossi corti fino alle spalle che mi andavano in viso per colpa del vento e mi davano un gran fastidio. Mio padre, un'uomo che adoravo e che con grande gioia accoglievo sempre sotto casa. Mio padre lavorava in un'officina e tornava sempre tardi dal lavoro ma ogni volta che tornava mi abbracciava forte e mi diceva:- mi sei mancata- poi dava un bacio alla mamma e si sedeva a mangiare. prima che io andavo a dormire mi metteva lui sotto le coperte mi dava un bacio sulla fronte e mi diceva:- non preoccuparti finché ci sono io a proteggerti andrà tutto bene, anche quando sembrerà andare male non preoccuparti tu sei forte- io rispondevo sempre con un sorriso e poi chiudevo gli occhi. Ogni volta che me lo diceva non capivo bene cosa volesse intendere in quelle parole ma le trovavo pur sempre calde e affettuose. Piango all'idea che forse solo ora capisco cosa voleva dire, solo ora che non c'è più, solamente ora.Quel giorno mio padre fece molto ritardo, più del solito, ma nonostante avesse avvertito, io e mia madre rimanemmo comunque alzate ad aspettarlo. Erano le 10 di sera circa ed io con un enorme sorriso lo vidi e aspettai che attraversasse l'altra parte della strada per raggiungermi ma non ce l'ha fatta. Proprio in mezzo alla strada una macchina grande e rossa lo investi. Vidi mio padre essere colpito molto violentemente dalla macchina. Il corpo cadde a terra svenuto con una ferita alla teste che si notava appena ma potevi molto bene notare il sangue che usciva da lì. L'uomo che l'ho investi era ubriaco. Mi ricordo ancora la sua schifosa faccia quando si fermo e scesa dall'auto, quando spiegava alla polizia l'accaduto.Mi ricordo ancora il suo nome. Jim Bander, si era così che si chiamava.

 Il tempo passava, l'ambulanza arrivò insieme alla polizia e caricò mio padre, mia madre mi abbracciava forte piangendo dandomi baci sulla testa ed io rimanevo lì, immobile.Senza versare una lacrima, senza dire una parola. vedevo il sangue per terra e nonostante questo non facevo niente. Ero troppo scioccata e non riuscivo a fare nulla solo ad osservare il viso di mio padre che sembrava senza vita, e purtroppo lo era. Solo dopo che mia madre mi disse:- tesoro ti porto dalla zia così io raggiungo papà all'ospedale- solo dopo queste parole io feci un respiro enorme e senza sospirare caddi a terra come un'anima che lascia il suo corpo caddi a terra come se tutto mi fosse crollato addosso e piangendo urlai:- NO NON VOGLIO, NON POSSO LASCIARLO COSI', NO NO NO- mia madre e il resto delle persone mi guardavano stupite ed io rimasi lì per un po' senza parlare lasciando me e le mie lacrime in quella confusione, perdendomi in quei rumori.E per qualche secondo rimanemmo io e il mio cuore frantumato; perché in tutta la mia vita non provai mai un dolere così grande e lacerante corrispondente all'amore e all'affetto che provavo per mio padre.Fu per me un grande trauma quella morte e mi ripresi dopo molti anni. L'assassino ebbe solamente 5 anni di prigione, quel bastardo che neanche venne a chiederci scusa dell'accaduto. Dopo tutti questi anni io sono riuscita a superarla e anche mia madre. Dopo la circa 3 anni alla sua morte mia madre iniziò a frequentare altri uomini, sempre di più come fosse una ragazzetta di 20 anni. Forse fu per il modo in cui si comportava che diede fine alla nostra relazione madre-figlia. Iniziavo a pensare di essere molto più intelligente e responsabile di lei, e da una parte era vero. Forse era un modo per dimenticare mio padre ma nonostante questo non riuscivo a scusarla per il suo comportamento. Io invece preferivo vivere per sempre con il dolore che dimenticarlo. Ma la cosa che mi preoccupava di più era il non poter vendicare la sua morte,almeno fino a un po' di tempo fa, insomma prima dell'arrivo di Daryl Patterson.

Ciao a tutti questo è il mio primo capitolo cosa ne pensate? piuttosto corto è vero ma siamo all'inizio... sarei felicissima se mi deste dei pareri grazie by Alice k. :)



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