OI.

23 1 0
                                    

-"Ritengo questa cosa fottutamente frustrante, Edward. O ti sbrighi ad aprire quella dannata porta, o ti butto giù dalla finestra, e ti ricordo che siamo al trentatreesimo piano."

-"Pure io voglio uscire da questo ufficio, non credi sia palese? E mi suiciderei di mia volontà, piuttosto che stare qui con te."

[5 ore prima.]

La giornata si prospettava lunga e dannatamente noiosa.

 Mio padre ha due borse enormi sotto gli occhi, ha passato tutta la notte sulla scrivania, solo ora capisco quanto il suo lavoro lo tenga occupato.

 A Londra mia madre imprecava ogni Santo giorno, stufa del fatto che suo marito neanche la chiami, magari per sapere come stava la sua famiglia. 

Ho ronfato come una gatta obesa sul letto matrimoniale di camera mia fino alle nove del mattino. 

Un meritato riposo. 

Prima di andare in ufficio, avevo intenzione di chiamare mia sorella Kija, ieri non ne ho avuto la possibilità.

 Tenendo in una mano il cellulare e nell'altra il cornetto al cioccolato che la cuoca aveva appena preparato, andai quasi saltellando nella camera di mio padre.

Diedi un morso alla sfoglia della brioche ancora calda, dando un colpetto con il piede per aprire la porta.

 Rimasi sorpresa nel vedere che mio padre non c'era. 

Oggi doveva iniziare all'una di pomeriggio, era Sabato. 

 Dopo aver finito la colazione, chiamai casa, per vedere come andavano le cose:

-"Arija?"

-"in persona!" dissi scherzosamente, ricevendo in risposta una risata da parte di mia sorella.

-"com'è l'America?"

-"mh, per ora noiosa. Non ci trovo nulla di interessante se non la villa enorme di papà."

-"Lui come sta?"

-"bene, ma sono dell'idea che si stanchi troppo. E mamma dov'è?"

-"a lavoro, come sempre. E comunque.."

-"comunque?"

-"Ho rotto con Tyga."

[...]

Riposi le cartelle ordinate e tutte compilate sulla scrivania di mio padre che pareva si fosse addormentato accanto a me. 

Scossi per qualche attimo la sua spalla, sperando di svegliarlo, il mio tentativo fallì, dato che continuava a dormire come se fosse andato in letargo. 

 Mi tappai con la mano la bocca, dato che stavo trattenendo con una forza mastodontica le risate che rischiavano di uscire.

-"papà."

-"mh.." borbottò.

-"Ti svegli? Ritorna a casa, ci penso io a chiudere l'ufficio." Ormai erano le sette di sera, mancava solo un'ora e io sarei riuscita a resistere.

Annuì e con fare assonnato  mi sorrise, scrocchiando  le dita e tirando uno sbadiglio che sembrava non finire.

-"ci vediamo a casa, dirò a Edward di accompagnarti."

-"Wait a sec. Hai detto Edward?"

-"sì, c'è qualche problema?"

-"appunto, c'è qualche problema?" una voce profonda si intromise nella conversazione.

[...]

Mio padre se n'era già andato, mentre il ricciolino si poggiò alla scrivania, tenendo fra le mani il cellulare. L'oggetto elettronico sembrava nulla in confronto alle sue dita, erano così lunghe e all'apparenza risultavano così forti. 

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 24, 2015 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Aftertaste.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora