2. Non

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"La solita ritardataria, buongiorno!"
"Lo so, scusami. Quel giorno che verrò presto all'università sarà un miracolo."
Scoppiammo a ridere io e la mia migliore amica, Aurora, sapeva che quel che dicevo era vero, o quasi. Non riuscivo proprio ad arrivare in orario. Era una ragazza molto sincera, quel che pensava diceva, potevi star sicuro che se avesse avuto qualcosa da dire, l'avresti saputo, e non per sentito dire. Poteva risultare scontrosa a chi non la conosceva bene, ma erano sufficienti cinque minuti in sua compagnia per farti ricredere. In fondo era dolcissima, nonostante il suo aspetto robusto. Aveva i capelli di un nero profondo, lunghi fino alle spalle e poco rasati sulla sinistra, piccoli occhi marroni e delle labbra sottili ma che ti regalavano un gran sorriso per tutto il giorno.
" Dai ora di corsa le scale, che dobbiamo prendere i posti nella s3."
"Certo, dove si trova la s3? Secondo piano?"
"Sei unica, quasi tre anni qui dentro e non hai ancora imparato dove sono le aule."
Ecco. Questo era un altro mio piccolo difetto, su cui la mia amica non mancava occasione per prendermi in giro. Ma ne trovava mille altri, se non gliene davo io uno per iniziare. Era così il nostro rapporto, tra sfottò, liti e scherzi, dove si trovava qualche momento di serietà che alla fine ricadeva comunque nello sfottersi. Ci conoscevamo dal primo liceo, e fin da subito ci trovammo benissimo. La pensavamo allo stesso modo quasi su tutto, e se non era così non sussisteva alcun problema, riuscivamo a trovare soluzione a tutto insieme. Il mondo è bello perché è vario, e io la adoravo per quello che era. Eravamo sempre presenti l'una per l'altra, in qualunque situazione, in qualsiasi momento, sapevamo che l'altra c'era.
"Brava prendi appunti che dopo li copio."
"E tu? Scommetto che cerchi di fare un nuovo record sul cellulare."
"Bravissima. Oggi però cambio gioco, proprio ieri ne ho scaricato uno nuovo."
"Giusto per tenersi aggiornate. Ora però non distrarmi altrimenti rimaniamo senza appunti, visto che c'è qualcuno che non li prende."
"Bah, chissà chi sarà, una sfaticata. Comunque tu non distrarti, io ti aiuto con il pensiero."
"Se il tuo pensiero è simile a: 'Vai manca poco e supero il record' , ne faccio volentieri a meno."
"E questo è il ringraziamento delle amiche."
"Chi amica? Perché io ti conosco?"
Con piccole frasi la zittivo, mentre lei con la coda dell'occhio mi guardava storto, ma sapeva di non distrarmi dalla lezione, o non voleva distrarsi dal suo gioco. Forse più probabile l'ultima ipotesi. Così trascorrevano la maggior parte delle nostre lezioni, tra risate nascoste ai professori e battute tra di noi. Anche se era un continuo prendersi in giro, ci volevamo un gran bene. C'era complicità dai nostri sguardi fino alle nostre risate.
"Si mangiaaaa !"
"Si, che fame !"
Le 14:45. Finalmente lo stacco per il pranzo. Tra tutti quelli appunti e spiegazioni del professore, mi era venuta una gran fame. Non so perché, comunemente la fame quando si studia, va via, a me invece veniva, ed anche più del solito. I miei panini erano strapieni. Il mio preferito era wurstel, prosciutto cotto e patatine con un po' di maionese. Mi veniva voglia di dargli un morso solamente a pensarlo nella mia borsa, lì ad aspettarmi. La mattina, mia madre ci faceva entrare di tutto in quei panini, li riempiva fino all'orlo, tanto che la carta argentata che li richiudevano, li faceva sembrare piccole bombe pronte ad esplodere, ed ogni volta era una sorpresa ciò che contenevano.
"I tuoi panini sembra che crescano sempre un po'."
"Vuoi un morso?"
"Cosa c'è questa volta?"
"Melanzane e formaggio."
"Si grazie."
"Allora, com'è?"
"Buonissimo. Dai un bacio a tua mamma da parte mia."
"Lo farò."
Finivamo di mangiare, e restavamo lì, sedute su dei muretti di marmo all'interno della struttura. Era un luogo abbastanza tranquillo. Ci raccontavamo le cose fatte in assenza dell'altra o cosa avevamo combinato nel fine settimana, o qualsiasi cosa ci passava nella testa, a volte ci divertivamo a vedere cosa indossano certi professori o ragazze per venire all'università. Noi ci vestivamo, si potrebbe dire, con la prima cosa che ci andava a tiro. Indossavo sempre dei jeans per stare comoda, con delle t-shirt semplicissime, a volte le preferivo per di più larghe, e scarpette. Non mi piaceva indossare gonne o pantaloncini per venire qui a studiare, non lo vedevo né luogo né situazione adatta. Invece alcune ragazze pensavano esattamente il contrario, ritenevano forse che dovessero andare ad una sfilata e non in delle aule a seguire le lezioni, chissà.
"Uffa, dobbiamo risalire le scale per la prossima lezione."
"E' già ora?"
Dopo la pausa pranzo, la voglia di ritornare ad ascoltare le lezioni svaniva quasi del tutto, o meglio potremmo dire che già di prima mattina non ce n'era poi chissà quanta. La cosa bella era stare insieme così di sicuro avremmo ingannato il tempo, o ci speravamo. Ma con forza e coraggio ci incamminavano su per le scale, per le ultime ore. Il pomeriggio i ruoli tra chi prendeva gli appunti e chi giocava si univano, lei scriveva sul mio quaderno, capitava che scrivesse anche solo il suo nome o che disegnasse piccoli cuori, ma era da apprezzare già lo sforzo, mentre io portavo al termine alcuni livelli di qualche gioco. Nonostante lo scambio di ruoli però, le ore non terminavano mai, il tempo di pomeriggio sembrava trascorrere più lentamente del mattino, e i professori sembravano più pesanti nelle loro spiegazioni. Ogni tanto vedevo l'orario sul cellulare, ed ogni volta era passato solo un minuto mentre a me sembrava molto più. Iniziavo a pensare cosa fare dopo, anche se cercavo di non distrarmi del tutto.
"Cosa ti metti dopo quando scendiamo?"
"Boh. Non ho ancora deciso, tu?"
"Pensavo alla maglia che ho comprato ieri, ma ancora non ho deciso."
Ad aiutarmi a non distrarmi molto poi, lei non poteva mancare affatto. Anche Aurora stava pensando già a cosa fare dopo. Quasi tutte le sere infatti, andavamo nella villa comunale del paese, si chiamava "People Green", era un via vai di gente, venivano persone di ogni età, sia famiglie che adolescenti, pur se solo per una passeggiata. Ormai era diventata un ritrovo per noi ragazzi, di fatto il resto della nostra comitiva ci aspettava lì. Ricordo ancora la prima volta che incontrai Aurora, quel giorno non avevo voglia di scendere, ero un po' giù di morale e camminavo soprappensiero, lei era all'entrata della villa cercando qualcosa nella borsa, non feci in tempo a vederla che le andai addosso e cademmo a terra, entrambe col sedere. Subito mi scusai, mentre le raccoglievo qualche oggetto rotolato fuori dalla sua borsa. Lei scoppiò in una gran risata, che si voltò qualcuno a guardarci, la guardai e scoppiai a ridere anch'io. Restammo per qualche minuto così, a terra, a ridacchiare senza sapere nemmeno il motivo preciso. Passò tutto il malumore che avevo, e pur dopo alzate, non riuscivamo a restare serie.
"Scusami ancora. Non ti avevo proprio visto. Comunque piacere, Elhaida."
"Piacere Aurora, e non preoccuparti, anzi mi hai fatto fare due risate."
"Ci volevano proprio."
Parlammo per un bel po', non immaginando nemmeno che da lì non ci saremo più staccate. Sono passati sei anni, e quando ritorna in mente ad una delle due questo episodio, incominciamo a ridere come se stessimo ancora sedute lì per terra. Da allora siamo inseparabili, scoprimmo di abitare poco distanti quindi se lei non era da me, io ero da lei, e viceversa.
"Ely mi potresti prestare quella tua collana che mi piace tanto?"
"Quello con la scritta Love?"
"Brava proprio quella. Starà benissimo con ciò che ho pensato da indossare stasera."
"Ok . Mi vesto e ti raggiungo."
"Perfetto."
Le ore interminabili finirono. Alla fine delle lezioni, non facevamo neppure in tempo a posare le cose nello zaino, che ci trovavamo all'uscita dell'università, già a pensare l'uscita della sera. Era il nostro svago, pur stando seduti lì senza far nulla, in compagnia era tutta un'altra cosa, ti rilassavi.
"Aura allora ci vediamo stasera verso le otto e mezza?"
"Certo Ely, ti aspetto a casa allora."
Tornai a casa, dove mi aspettavano le coccole della mamma che non mancano mai, ti viziano sin da bambina e ti fanno sempre risollevare. Stetti per un po' seduta senza far nulla, a guardare programmi in tv, ma nessuno attirava la mia attenzione. Così decisi di mettere un po' di musica e decidere cosa avrei indossato per dopo, ma sicuramente fin poco prima di uscire non l'avrei saputo. Dov'era la mia camicia di jeans? Quando volevi qualcosa non la trovavi mai. Svuotai tutto l'armadio e non riuscivo a trovarla. Ero pronta, mancava solo la camicia e sarei scesa, come mio solito in ritardo. Poi ricordai, l'avevo prestata ad Aurora proprio qualche giorno prima, per sicurezza le mandai un messaggio, a cui rispose subito dopo confermando la cosa e facendomi la ramanzina per l'orario, non me ne faceva passare una. Così scesi di corsa e in pochi minuti mi ritrovai a casa sua.
"Apri sono io."
"Non puoi salire hai fatto tardi."
"Ho la collana."
"Ti apro."
Meno male che Aurora abitava al primo piano, dopo la corsa che feci per arrivare da lei, non avevo proprio voglia di fare le scale. Bussai e come sempre mi venne ad aprire la madre, era robusta come la figlia e avevano anche lo stesso colore di capelli, ma portati con un taglio molto più corto, e aveva degli occhi piccoli e nerissimi, ti incantavano per quanto sembravano profondi. I suoi erano persone dolcissime, molto tranquille a differenza della figlia molto euforica per la maggior parte delle volte, cioè una volta si e l'altra pure. Mi facevano sentire a casa mia, mi trattavano come se fossi figlia loro. Anche se in effetti, ero quasi tutti i giorni lì, qualche volta ci avevo anche dormito. Salutai con un bacio sulla guancia la madre, e un buonasera, quasi urlato al padre sdraiato sul divano a vedere la partita, poi mi diressi verso la stanza della mia amica.
"Siamo pronte?"
"Stavo solo aspettando te, e la collana."
"Non preoccuparti, l'ho portata."
"Grazie, sei un tesoro."
"Si si, vieni qui che te la metto e scendiamo."
"Troppo un tesoro sei, lo dico. Comunque ecco la tua camicia."
Le allacciai la collana, infilai la camicia e ci incamminammo verso la People Green. I nostri amici erano quasi già tutti lì, e ci inviavano messaggi per farci sbrigare. Intanto noi spettegolavamo, raggiungendoli a passo lento senza preoccuparci del ritardo, anche perché in fondo casa di Aurora non era distante molto dalla villa.
"Hey ragazze!"
Sentimmo improvvisamente quasi un coro di voci, erano i nostri amici che ci salutavano. Ricambiammo in un saluto circolare e ci sedemmo su dei gradoni, in mezzo a loro. Noi ci sedemmo in mezzo alle ragazze, si continuava con i pettegolezzi, ma stavolta tutte insieme. Passavamo così il tempo, con qualche interruzione di battute, o presa in giro da parte dei ragazzi che per la maggior parte del tempo parlavano di calcio, di auto o si mettevano a giocare a pallone. Non mancavano le cotte, gli imbarazzi e i primi amori tra qualcuno di noi. Ad esempio c'erano gli inseparabili, così li avevamo sopranominati, Gaia e Fabio, non riuscivano a stare distanti più di dieci minuti. Stavano insieme già da un anno ormai. Quando li osservavi, vedevi l'amore uscire dai loro gesti, erano innamoratissimi e noi eravamo felici per loro, anche se non mancava occasione per sfotterli un po'. Poi c'era Claudia, che aveva una cotta segreta per un ragazzo della sua scuola, era timidissima, non trovava mai il coraggio per parlargli diceva, ma prima o poi l'avrebbe fatto, e noi speravamo per lei dandole qualche consiglio e incoraggiandola. Anna e Michela invece, avevano una cotta ogni cinque minuti più o meno, non faceva in tempo a passare un ragazzo, che erano già innamorate di quello successivo, infatti non le credevamo molto quando dicevano di essersi davvero innamorate, che era la volta giusta, sapevamo già che alla fine sarebbe durato per poco. Infine c'eravamo io e Aurora. Al momento lei non aveva nessuno per la testa, almeno così affermava, sosteneva che erano una perdita di tempo e che erano capaci solo di farti arrabbiare. Litigava continuamente con Andrea, si punzecchiavano a vicenda per tutto il tempo, entrambi sostenevano che non si potevano vedere, ma secondo me c'era altro, non so lì vedevo in sintonia. E poi c'era la mia cotta che non volevo ammettere, Luca. Avevo perso il conto di quante volte la mia migliore amica, mi ripeteva il suo nome per avere la conferma della cotta che avevo preso, ma non aveva alcun risultato, anche se lo sapevamo bene entrambe. Non volevo confessarlo, mi sarei sentita più vulnerabile nel dirlo ad alta voce, e così preferivo tenerlo per me. Era alto e magro, aveva i capelli castani e li portava corti, quasi totalmente rasati, occhi piccoli e marroni, labbra sottili incorniciate da dei baffi curati e barba quasi del tutto rasata, che ti regalavano un sorriso da toglierti il fiato. Lo osservavo molto spesso, ma sempre di nascosto, non volevo che si accorgesse mentre lo guardavo. Molte volte restavamo tempo a chiacchierare, ci divertivamo, ma non c'era nulla di più, almeno da parte sua, non vedevo altro. Le ragazze non gli mancavano affatto, infondo non potevo biasimarle, le capivo piuttosto bene d'altronde. Immaginavo ad occhi aperti di andargli vicino e rubargli un bacio, ma allontanavo subito il pensiero concentrandomi su altro, pensavo che se gli sarei piaciuta almeno un po', si sarebbe già fatto avanti da un pezzo. Forse preferiva essermi amico, gli bastava il rapporto d'amicizia che c'era tra di noi, e non mi vedeva come qualcosa di più di un'amica.


~Spazio autrice~
La storia è stata editata e migliorata.
Spero vogliate continuarla..
Se vi va, potete trovarla su amazon con il nome:
Ti ricorderò, sorridendo.

È autoconclusivo.💛
Disponibile in ebook a 0,99€
E cartaceo con dedica.

Grazie a tutti 😘

Potete trovarmi anche su facebook e istagram con il nome di Marilena Di Micco.

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Ti Ricorderò, Sorridendo. #JustWriteIt  #sytycw15 #wattys2015Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora