Ovunque Sempre Mai

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Quel nome. Quel bellissimo nome straniero che solo lui ha.
Uno di quelli particolari e bellissimi che non ti sogneresti mai di trovare su una bottiglia di Coca-Cola o su un barattolo di Nutella, per intenderci.
Pensavo a questo, mentre ero davanti allo scaffale delle bibite, indecisa su quale prendere.
«C'è l'omogenizzato Plasmon al coniglio, guarda!» mi indicò Jennifer, ridendo.
Risi pure io, non curandomi delle occhiate torve da parte delle commesse che sapevano di "Oh ma tra poco fai un figlio tu e vuoi ancora comprarti gli le pappette da neonato?".
Eryn, l'altra ragazza che era con noi, arrivò con un tubo di Pringles piccanti.
«Peccato però che non ci sia più lo sconto su quelle alla paprika come la scorsa settimana.»
Io e Jennifer continuavamo a guardare sghignazzando il barattolo di Plasmon al coniglio
-anche se non faceva niente ridere, come diceva Eryn-.
«Je! Che palle, c'è il mio ex ragazzo!». le dissi guardando furtivamente l'ingresso, dove lui era entrato insieme ad altri due che non riuscivo a riconoscere.
Per evitare di incontrarlo, siccome mi stava piuttosto sul culo, finsi di voler comprare qualcosa nel reparto "dolci e biscotti".
Lui stava già spuntando nel corridoi e parlava quasi certamente di un argomento poco interessante.
Lui -finalmente- tacque e partì una breve risata. Una risata che avevo già sentito mille volte, capace di sciogliere tutto il ghiaccio dell'Antartide come se fosse il Sole.
"Ma no, non può essere lui. Probabilmente il pensarlo troppo mi fa sentire la sua voce anche quando non c'è. Xav non gira con la compagnia del mio ex".
Senza ascoltarmi, uscii subito dal reparto "dolci e biscotti" come se avessi appena toccato il filo elettrico e mi diressi velocemente in quello dei surgelati dove si trovavano.
Rimasi paralizzata come se qualcuno mi avesse tirato una secchiata di acqua gelida in testa.
Era lì...Xavier...
Cosa me ne importava del mio ex ragazzo ora. C'era Xavier, lui annullava tutto il resto.
«C-Ciao» azzardai a dire, con le gambe molli e tremanti, mentre le guance diventavano del colore delle fragole mature e la vista s'appannava.
«Ciao».
Un sorriso con le fossette, bellissimo.
Un viso un po' arrossato dal sole.
Gli occhi che sembravano due gocce rubate all'Oceano.
Il ciuffo biondo che gli cadeva sulla fronte bagnata di sudore.
Bum.
Da quel momento non capii più un cazzo.
Sembrava mi avessero tirato una botta.
In effetti Eryn una botta al braccio per dire "eh guarda chi c'è" me la tirò, ma la sentii a malapena.
Non so per quanto ancora io sia rimasta in quella posizione, come se davanti a me continuasse ad esserci quella creatura così perfetta.
Illegalmente perfetto, era ed è Xavier.
Nell'arco della giornata trascorsa con Eryn e Je lo vidi altre volte, ma mai così da vicino come al supermercato. Io ero tipo su un altro pianeta: guardavo in aria, perdevo il filo del discorso, facevo cadere la bottiglietta a terra...
Ero su un pianeta dove c'era Xavier e nessun altro.
Solo lui.
Solo io e lui.
Per sempre.
Devo smetterla.
È diventato una droga. Ma non è questo il problema. Il problema è l'astinenza da essa, quando non lo vedo per giorni o settimane intere.
Esco ormai ogni pomeriggio con una costante speranza: incontrarlo.
Setaccio tutto il paese ma purtroppo la maggior parte delle volte non c'è traccia.
Per tornare a casa dal parco non prendo la strada principale ma quella del vecchio campo, ormai privo d'erba e con le porte arrugginite, dove lui gioca a calcio ogni tanto, vado al fiume sempre pieno di ragazzini -alcuni anche suoi amici- che fanno il bagno per combattere il caldo,
passo più volte sotto casa sua e il sabato sera dalle scuole medie, la zona in cui gira.

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