2. Immaginazione o realtà?

323 30 1
                                    

Alec

Non dimenticheró mai il volto di mia madre prima di morire, non dimenticherò mai ció che mi urló prima di venire affogata in quella dannata vasca di legno. "Proteggila, Alec! Proteggi Jane!". Trattenni a stento le lacrime e la rabbia. Tutti coloro che mi circondavano ridevano di me, della mia povera mamma. Gridavano di velocizzare l'uccisione, incitavano il parroco ad insultarla. «La pagherete... La pagherete tutti!», gridai , non appena il corpo di mia madre fu ripescato dalla vasca. Scappai dalla piazza e andai a rifugiarmi in una vecchia stalla in disuso da parecchio tempo. Avrei voluto non sentire più niente, essere insensibile al dolore che provavo. Come per magia, cominciai a non sentire più gli odori, la mia vista si oscuró, il gusto sembrava essere scomparso e il tatto... Svanito anche quello. Non sentivo più nulla. Come poteva essere possibile? Sentii un grido e mi destai da quell'intorpidimento in cui ero caduto. Vidi una ragazza ,più o meno della mia età, guardarmi spaventata, sconcertata. «Tu... Sei come tua madre. Sei uno stregone!», mi urló contro. Ma di che cosa stava parlando? «Non è vero! Mia madre non era una strega ed io non sono uno stregone! Adesso vattene prima che ti uccida!», gridai esasperato. Ero stanco di quella gente, li volevo morti... Li volevo vedere morti, tutti , dal primo all'ultimo. «Non mentire! Ho visto del fumo nero uscire dalle tue mani... E tu, tu sembravi essere caduto in trance!», sbraitó, poi corse via veloce. Era veramente uscito del fumo nero dalle mie mani? Non potevo crederci, non volevo farlo per codardia ,forse. Ritornai subito a casa e trovai Jane davanti alla porta con uno sguardo perso nel vuoto, il volto stravolto. «Jane! O Santo Dio... Che ti è successo? Ti senti bene?», le domandai , andandola subito ad abbracciare. Era fredda, la sua pelle si era arrossata per via dell'aria gelida e della neve. «Ho ucciso un gatto», mormoró mentre il suo corpo cominciava ad essere scosso da piccoli brividi. La guardai confuso«Cosa?», le domandai. Lei sciolse l'abbraccio e mi guidó dietro casa nostra . A terra, sulla neve, c'era la carcassa di un gatto . Perché l'aveva ucciso? E come aveva fatto, visto che non c'era traccia di contusione sul corpo dell'animale? «L'ho guardato con uno sguardo pieno d'odio e rancore, ho pensato intensamente a tutto il dolore che provo e ho sibilato che potesse provarlo anche lui... Stenterai a crederci, è successo», mi raccontó. Assurdo, tutto questo mi sembrava semplicemente assurdo. «Se ti dicessi che a me è accaduta una cosa simile, mi crederesti?», le domandai , guardandomi le mani con incredulità. «Che cosa ti è accaduto?», mi chiese Jane per tutta risposta. Le raccontai delle sensazioni che avevo provato, della nebbia che la ragazza aveva visto e tutto il resto. Ci abbracciammo stretti e ci giurammo eterna fedeltà e solidarietà fraterna. Io l'avrei protetta e lei avrebbe protetto me. Eravamo soli, odiati entrambi da quella sporca popolazione e l'unico modo per poter andare avanti era contare l'uno sull'altra: esserci per entrambi, sempre.

Nel tardo pomeriggio , mentre passeggiavamo per i campi, avvistammo due carrozze sfarzose trainate da due quadriglie di cavalli neri dalle briglie argentee. Rimanemmo incantati. Non avevamo mai visto così tanta eleganza, raffinatezza e ricchezza per delle semplici carrozze... Mai, nemmeno dal sovrano della città. Non era difficile immaginare come potessero essere conciati addosso i proprietari: addobbati sicuramente con abiti ricamati di seta e con altre stoffe costosissime. «Chi saranno?», domandó Jane. Alzai le spalle e scossi il capo«Un gruppo di ricchi menefreghisti», le risposi secco.
Quanto mi sbagliavo... Quei ricchi menefreghisti , come li avevo definiti io , ci aiutarono, ci diedero ció che noi bramavamo : vendetta.

Jane ed AlecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora