Era sabato mattina. Di solito passavo il sabato mattina con Scott ma Lydia stava da sua madre per il weekend, per cui dovetti lavorare per coprire il suo turno.
Il bar in cui io e Lydia, la mia migliore amica, lavoravamo, era poco distante dalla scuola. Il sabato mattina e il pomeriggio lavoravamo io e lei alternando i turni, mentre la mattina dal lunedí al venerdí era gestito dal figlio del proprietario.
Trovandosi pochi passi dalla scuola, il bar era sempre pieno zeppo di studenti che prendevano caffè e ciambella prima dell'inizio delle lezioni.
A volte peró, nella calcagna di studenti, si intravedeva anche qualche professore che, si fermava per bere il caffè e leggere il giornale.
Ero girato di spalle al bancone per versare del cappuccino fumante in una tazza, quando mi parve di sentire la sua voce. La voce di Derek Hale.
Bastó quella voce cosí calda e profonda per ritrovarmi con le mani sudate e tremanti tanto che, il cappuccino, bollente, strabordó colando sulle mie mani e sui lati della tazza.
Al tocco sembrava lava bollente tanto che imprecai un "vaffanculo" che purtroppo, sentí mezzo locale.
Mi girai per prendere un tovagliolo e con la coda dell'occhio notai che lui mi stava guardando. Merda.
Invocai tutti i santi del calendario per cercare di tranquillizzarmi, dovevo solo peeparare un fottuto cappuccino. Mi misi di nuovo a lavoro e cercai di mantenere la calma, facendo respiri profondi, cercando di pensare a qualcosa che non fosse un righello di sessanta centimetri nelle sue mani.
Il cappuccino era pronto, lo versai di nuovo nella tazza e lo porsi alla ragazza che con un'aria scettica mi disse "Un altro po' e i miei capelli sarebbero diventati bianchi".
Ignorai il commento pungente, incassai i soldi e mi girai per prendere l'ordine del prossimo cliente che, guarda caso, era proprio lui.
Era divertito da ció che era successo poco fa, aveva un sorrisetto stampato sulla faccia che alimentó la mia ira in modo spropositato, ma cercai di restare professionale.
Feci un passo in avanti per avvicinarmi al bancone, e come se nulla fosse successo ieri mattina a scuola, lo guardai con disinvoltura e gli dissi.
'Cosa desidera, professor Hale ?"
Lui sorrise compiaciuto e guardandomi per un attimo dall'alto il basso disse sussurrando "Riguardo a ció che desidero , ne discuteremo oggi pomeriggio, per ora vorrei un caffè con panna e caramello da portare."
Trasalii ricordando l'incontro di oggi a casa sua e per un attimo dovetti appoggiarmi al bancone per non svenire proprio davanti a lui.
Feci un forte sospiro, poi mi girai e preparai in fretta ció che aveva chiesto.
Ero ancora in tempo per dirgli di no, per inventarmi una banalissima scusa ma a chi volevo darla a bere, neppure se mi fosse morto il gatto, che tra l'altro non ho, mi avrebbe consentito di non venire.
Immerso nei miei pensieri versai il caffe nel bicchiere e poi completai tutto con panna e caramello.
Si poteva mettere totalmente in discussione la morale di quel professore, ma sicuramente non si potevano criticare i suoi gusti. Panna e caramello, una vera delizia.
Sebbene fossi girato di spalle potevo sentire il suo sguardo fisso sul mio corpo e con paura mi chiesi a che cosa stesse pensando in quel momento anche se, sono certo, qualsiasi cosa lui stesse pensando sarà centro di discussione oggi pomeriggio.
Mi giroai verso di lui, gli porsi il caffè, presi i soldi e gli dissi
"Arrivederci professorel Hale" sorrisi trionfante, per aver nascosto alla perfezione i miei sentimenti e il senso di soggezione quando mi trovo a meno di dieci centimentri da lui.
Dopo il breve, ma intenso incontro con Derek..no aspetta. Derek ?? Sul serio ?? Adesso lo chiamo pure per nome ?
Scossi la testa quasi a voler togliere fuori da essa quel nome e ritornai in me, per quanto fosse possibile ritornare in me quando il centro dei miei pensieri era lui.Dopo l'inaspettato incontro con lui, mi preparavo psicologicamente all'incontro organizzato con la stessa persona esattamente tra mezz'ora.
Guardai l'orologio, questa volta non avrei dovuto fare assolutamente tardi, non volevo ritornare a casa con il sedere tutto rosso e con l'immagine di lui che gode mentre mi colpisce fissa nella mente.
L'obiettivo era quello di fargli capire che la cosa era durata fin troppo e che se voleva un qualsiasi tipo di relazione con un ragazzo più piccolo di lui, aveva sbagliato studente.Mi tolsi il grembiule, salutai il proprietario del bar e andai a casa mia per sistemarmi un po'.
Aprii l'armadio e optai per un paio di jeans scuri stretti e una camicia azzurrina.
Mi sistemai i capelli, indossai le scarpe, presi il telefono e le chiavi e uscii di casa. Erano le tre e mezza quando mi arrivó un messaggio.
Il numero non era salvato in rubrica ma capii subito l'identità del mittente quando lessi il contenuto del messaggio: l'indirizzo della sua casa.Effettivamente, mi stavo preoccupando talmente tanto di ció che sarebbe potuto accedere una volta arrivato a casa sua che non avevo neppure pensato, per un attimo, di non sapere dove abitasse. Ma ecco un nuovo quesito che si faceva largo nella mia mento. Come sa il mio numero di telefono ?
Cercai oziosamente di cancellarlo dalla mente cosí come era arrivato,perchè avevo cosí tante domande che vagavano nella mia testa in attesa di una risposta, che una domanda del genere non mi avrebbe aiutato a fare ordine nel mio cervello.Leggendo un'altra volta l'indirizzo notai che non abitava molto distante da me, cinque isolati, per l'esattezza, e oziosamente mi chiesi come mai non l'avessi mai visto prima, ma anche questa domanda finí nel dimenticatoio quando mi accorsi che ero arrivato e che mi trovavo di fronte alla porta, con l'indice tremante vicino al campanello.
"non essere codardo Stiles"pensai e prendendo una grande boccata d'aria bussai.
Dopo un paio di secondi la porta si aprì e non appena mi vide sorrise compiaciuto.
Indossava gli stessi vestiti che aveva al bar: pantalone nero e una semplice maglia di cotone bianca aderente, che risaltava i suoi addominali scolpiti."Sei venuto in orario Stiles, vedo che la punizione ha fatto..effetto" pronunció le ultime parole alzando il sopracciglio.
Ingoiai a vuoto e puntanto i miei occhi nei suoi dissi "professore sono qui per discutere riguardo alcune cose"
Sorrise, aprí la porta e disse "entra".
Appena entrai mi resi conto che aveva veramente buon gusto.
La casa era moderna, ma non troppo. Appena si entrava c'era il soggiorno che era immenso. Sulla destra c'era un divano bianco in pelle e di fronte una televisione a muro che era più o meno il doppio della mia, sotto il televisore vi era un grande camino. Sulla sinistra vi era un tavolo da biliardo, su cui erano poggiate le palle, lucidissime, nella tipica forma a triangolo. Entrai e boccheggiai un paio di secondi per tale maestosità.
Lui se ne accorse, rise e disse
"Sei rimasto a bocca aperta, mi fa piacere" si avvicinó a me.
Sentivo il suo respiro accarezzarmi il collo e mi sussurró all'orecchio
"mi piacerebbe che questa bocca stesse aperta anche per altre occasioni".
Trasalii e facendo un passo avanti mi allontanai da lui per poi voltarmi e dirgli
"Sono venuto per parlarle di una cosa. Io non la giudico per quello che fa, per i suoi gusti alquanto singolari, ma non sono condivisi, io non posso soddisfarla."
Cercai di essere il più naturale possibile, ignorando il mio cuore che premeva insistentemente contro la gabbia toracica.Rise di gusto, come se avessi appena raccontato una barzelletta e ne rimasi quasi offeso.
Si avvicinó a me e con l'indice mi accarezzo il collo a partire dall'orecchio.Trasalii e avvicinando la sua bocca al mio orecchio disse "Vedi come reagisci al mio tocco? Credimi, tu mi soddisferai molto"
Gemetti, anche se in quel momento pensavo che fosse per la frustrazione e non per l'eccitazione.
Lui si accorse di quel mugulio e decise di continuare. A partire dall'orecchio arrivó alla bocca accarezzando con le labbra tutta la guancia.
Non riuscivo a nuovermi, non riuscivo a pensare, come se mi trovassi in una sorta di limbo, ero completamente immobile sotto il suo tocco. Ma forse era proprio questo il problema: perchè non mi dimeno ? Anzi, perchè non sono già scappato da quella casa?
Ma a questa domanda c'è già una risposta. Purtroppo. Si trova nell'angolo più profondo del mio inconscio e farla venir fuori sembrava assai difficile. Non ero già scappato da quella casa, da lui, semplicemente perchè, non volevo.Ed ecco qui un altro capitolo fresco di stampa. Vorrei anzitutto augurarvi buon ferragosto e volevo ringraziare tutto le persone che stanno leggendo e commentando la storia, soprattutto lorylele76 a cui dedico questo capitolo, sperando che le piaccia. Detto questo, vi auguro buona lettura e vi aspetto per il prossimo capitolo. Un bacio.
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The master and his slave
RandomStiles Stilinsky, all'ultimo anno di liceo, dovrà fare i conti con Derek Hale, giovane professore di matematica che,maniaco del controllo, mette in soggezione chiunque con i suoi occhi blu. Stiles, seppur intenzionato a resistere e a sfidare il prof...