Capitolo 7

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Rilasciai un profondo respiro prima di entrare e strinsi forte la mano di mia madre, poiché da quando ero piccola mi trasmetteva un senso di sicurezza che solo lei sapeva darmi. Lei a sua volta strinse la mia mano ed accompagnate da un silenzio carico di tensione, entrammo. 

"Hey, Blaire! Se venuta a trovare il tuo fidanzato?" Disse una profonda voce roca che riconobbi subito. Quella voce apparteneva a Paul, il migliore amico di Edward, nonché un mio caro amico. 

"Hey" Risposi semplicemente, mentre le mie guance si coloravano di un rosa acceso, a causa del modo in cui aveva definito Edward. 

"Buon pomeriggio, signora." Disse, mentre salutava cordialmente mia madre. 

"Buon pomeriggio" Rispose lei, cortese. 

"Tutto bene?" Ci chiese. Scossi il capo, ed un'espressione confusa comparve sul suo volto. 

"Cos'è successo? Tu ed Edward avete litigato?" Scossi nuovamente il capo in segno di negazione. Possibile che Edward non gli avesse detto nulla?

"Edward non ti ha detto nulla?" Gli chiese mia madre, precedendomi di qualche secondo. 

"Detto cosa?" Chiese. Un'espressione confusa era presente sul suo volto. 

"Da giorni ormai ricevo delle chiamate al telefono fisso e dei messaggi anonimi. Una voce maschile e roca dice che osserva ogni mio movimento e che mi tiene costantemente sotto controllo. Mi ha minacciata, dicendomi che se fossi andata a denunciarlo lui mi avrebbe uccisa. Edward mi ha detto che è stata aperta un'indagine e che ieri sera una pattuglia di carabinieri ha avvistato un uomo aggirarsi nei dintorni della mia casa. Mi ha anche detto che l'uomo è stato condotto in centrale e che sarebbe stato soggetto ad un interrogatorio.." Spiegai brevemente, raccontando solamente le cose essenziali. 

"Blaire, sarò sincero con te. Non è stata aperta nessun indagine su questo caso e nessuna pattuglia ieri sera si è aggirata nel tuo quartiere." 

"Cosa?" Chiedemmo all'unisono io e mia madre. "Non è possibile.." Aggiunsi, scuotendo leggermente il capo. Quindi Edward mi, anzi, ci aveva mentito? Perché?

"Non è stata aperta nessun indagine. Al momento la cosa più giusta e saggia da fare sarebbe aprirne una. Solo successivamente parlerai con Edward e gli chiederai delle spiegazioni. Al momento Ally, ti prego di seguirmi nella sala dove teniamo gli interrogatori. Ricorda che ogni minimo dettaglio può essere utile. Seguimi." Mi ordinò. Annuii lentamente, mentre le sue parole continuavano a ripetersi  nella mia mente. Senza aspettare altro con un passo felpato Paul si avviò verso la sala, guardai per un instante mia madre e successivamente lo seguii nella stanza dove avrei tenuto il mio primo interrogatorio. 

La stanza in cui Paul mi condusse aveva delle mura nere, una finestra da cui non entrava molta luce poiché una persiana bianca la filtrava, un armadio a due ante ed infine un tavolino rettangolare posto al centro della stanza, illuminato da un paio di lampade al neon da soffitto. Attorno al tavolino erano poste quattro sedie opposte a due a due. 

"Siediti" Mi istruì Paul, indicandomi una delle quattro sedie. Annuii nuovamente e mi sedetti. 

"Quando hai ricevuto la prima chiamata?" Mi chiese un poliziotto della quale ignoravo il nome.

"Il 16 Luglio alle 17" Risposi e vidi Paul segnare la mia risposta in quello che pensai fosse un taccuino nero di pelle.

"Quante chiamate hai ricevuto quel giorno?"

"Tre chiamate al telefono fisso ed un messaggio."

"Okay, giorno 17?" Mi chiese Paul, puntando il suo sguardo fisso nel mio. 

"Di mattina ho ricevuto varie chiamate al telefono fisso, ma non ho risposto. Mi ha richiamata verso le 19"

"Hai risposto a quella chiamata?" Annuii silenziosamente.

"Ricordi le sue parole?" Annuii nuovamente, ci pensai un attimo ed iniziai a raccontare. Non potevo dimenticare le sue parole: erano impresse nella mia mente.

"Mi ha detto che mi avrebbe portata via con sé. Io gli ho detto che la polizia lo troverà, lui è scoppiato in una fragorosa risata e mi ha detto che la polizia lo troverà solo dopo aver ritrovato il mio corpo steso inanime in una pozza di sangue." Dissi, guardando un punto non ben definito. Sapevo che se avessi puntato nuovamente il mio sguardo in quello di Paul, sarei scoppiata a piangere. Lui annuì, mentre continuava a scrivere le dure parole che pronunciavo. 

"Ti ha detto altro?" Scossi il capo, in segno di negazione. "Okay, hai ricevuto altre chiamate?" Continuò. 

"Un messaggio, verso le 23"

"Anonimo?" Annuii. "Altro?" Chiese. Annuii nuovamente per quella che sembrava essere la centesima volta. 

"Ho ricevuto una chiamata al telefono fisso dove lui mi ha detto che la morte potrebbe colpirmi presto, quando meno me lo aspetto. Successivamente però un mittente sconosciuto mi ha inviato dei messaggi." 

"Appartenevano all'uomo?" Assentii ed estrassi dalla tasca dei pantaloncini il cellulare. 

"Questo è il numero." Dissi, aprendo la chat con lo Stalker e passandogli il cellulare. Lui lesse rapidamente gli sms e con la stessa ripidità segnò il numero nel taccuino.

"Altro?" 

"No" Risposi, scuotendo il capo. 

"Bene, ti informeremo se ci saranno delle novità. Domani pomeriggio verremo a casa tua per effettuare dei controlli. Arrivederci." Mi congedò Paul, alzandosi in piedi. Lo seguii sino all'uscita, dove mi aspettava mia madre, e gli strinsi la mano per salutarlo e ringraziarlo. Mia madre fece lo stesso. 




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