Stranger in a strange land (past)

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Settembre, 1998

Frank non aveva mai preso la pessima abitudine di arrivare in ritardo, anzi, grazie agli ultimi anni della sua vita passati in Italia, aveva imparato a prendere le cose con largo anticipo se non voleva correre il rischio di un eventuale ritardo. Così, per il primo giorno di college, si era svegliato anche prima di quanto avrebbe fatto normalmente, con il risultato di uscire dal suo appartamento circa un'ora prima dall'inizio delle lezioni. Ed abitava ad un solo kilometro di distanza dal college. Con il passo spedito di Frank erano esattamente quindici minuti. Quindi, non c'era nessun apparente bisogno di uscire un'ora prima da casa. Non doveva nemmeno passare in segreteria, il giorno prima si era preoccupato di andare a ritirare il proprio orario delle lezioni e la cartina del campus che, ovviamente, si era già preoccupato ad imparare a memoria così da non rischiare di far la figura della matricola inesperta, anche se, a conti fatti, era proprio ciò che era.

Il problema era che Frank era un metro e sessantotto di ansia e preoccupazioni.

Non faceva nulla affidandosi al caso. Tutto ciò che faceva era strettamente studiato in tutte le sue sfaccettature, così da capire quale sarebbe stata la via che avrebbe comportato meno rischi.

Ed era per quello che, con ben un'ora di anticipo, si era già incamminato verso la scuola.

La tranquilla camminata che si era immaginato, fu interrotta nemmeno dopo cinque minuti di cammino, quando come uno stupido si accorse di non aver preso la borsa con all'interno ciò che gli occorreva per quella giornata.

Dovette, così, tornare indietro spendendo altri cinque minuti. Che sommati a quelli di prima facevano dieci minuti. Gli rimanevano solo cinquanta minuti, quindi la situazione non era affatto grave e dentro di se Frank pensava che aveva fatto bene a prepararsi così in anticipo.

Si ritrovò nuovamente in strada, pronto ad affrontare quel kilometro che lo separava dalla sua prima lezione.

Ma, a quanto pare, la fortuna non girava dalla sua parte quella mattina.

Poteva vedere gli edifici del college stagliarsi davanti a se a nemmeno quattrocento metri di distanza, dal punto in cui si trovava godeva di una bella vista di tutto l'insieme. Studenti che ritornavano dalle loro vacanze ed incontravano altri studenti loro amici che si fermavano ad abbracciare. Studenti intenti a trasportare le loro valigie attraverso il cortile della scuola, dirigendosi molto probabilmente verso i dormitori. Studenti che semplicemente se ne stavano fermi, come lui, a guardare l'ambiente in cui avrebbero trascorso i seguenti quattro anni o più. Da quella posizione, si poteva veramente vedere tutto e forse era per quello che le gambe di Frank avevano deciso di inchiodarsi esattamente in quel punto. O forse avevano deciso di inchiodarsi lì così che Frank potesse prendersi una bella pioggia di escrementi di uccello direttamente sulla spalla destra.

In un primo momento Frank rimase perfettamente immobile, non sapendo come reagire. Prese un bel respiro profondo, dopotutto aveva imparato a gestire i fantastici momenti di sfiga alla Iero che gli accadevano sempre.

Sperando che nessuno avesse notato qualcosa, o meglio, quella cosa che aveva sulla maglia, girò i tacchi ed intraprese nuovamente la strada che l'avrebbe condotto a casa, di certo non sarebbe andato alla sua prima lezione conciato in quel modo.

Intento a pensare all'enorme macchia che aveva sulla maglia e, allo stesso tempo, calcolare quanto tempo ci avrebbe impiegato per andare e tornare, attraversò la strada senza guardare se c'erano macchine in avvicinamento. E, dato che la sfiga non era mai abbastanza, si ritrovò quasi spiaccicato sul parabrezza di uno di quei SUV da ricconi, di quelli che in Italia si possono contare sulle dita di una mano da quanti ce n'erano.

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