«Luke, sei un traditore!»

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Collocazione temporale: fine del libro 'La maledizione del titano'
Stavo per precipitare giù dal monte Tam, scivolando verso una caduta rovinosa. Combattevo sull'orlo del burrone contro Thalia: non avevo alcun intenzione di farle del male ma lei continuava ad attaccarmi e io potevo solo difendermi. Ma, se non l'avessi uccisa io, sarebbe stato uno delle centinaia di mostri sotto di me che stavano scendendo dalla mia nave, la principessa Andromeda, a farlo.
Ero affaticato dall'aver sorretto il cielo prima di darlo ad Annabeth, tanto che una ciocca dei miei capelli da bionda era diventata grigia come la sua.
Uno scherzo del Fato: avevo appena rivisto Thalia, dopo tutti questi anni senza di lei, trasformata da sua padre in uno stupido albero di pino, e ora stavo per precipitare verso la morte.
«Thalia, rischiamo di cadere entrambi, così» le sussurrai.
«Luke sei un traditore!» ringhiò lei.
Queste parole, pronunciate da Thalia, mi colpirono come un pugnale congelato sul cuore. Come poteva essere così cieca? Come poteva non capire che stavo cercando di aiutarla, di aiutare Annabeth, di aiutare la mia famiglia? Che l'unico modo che avevo per proteggerla era che stesse insieme a me? Che io la amavo, e non volevo lasciarla andare?
Vedevo Annabeth e Percy in lontananza, stavano correndo verso di noi. Con tutta quella fortuna che avevo, probabilmente lei ce l'aveva giustamente a morte con me per averla ingannata, il figlio di Poseidone mi avrebbe infilzato come uno spiedino dopo tutte quelle volte che avevo provato a ucciderlo.
Dovevo fare assolutamente arretrare Thalia, così feci la cosa più stupida della mia vita: provai un affondo. Sapevo che lei l'avrebbe mancato, sarebbe tornata indietro, come tutte quelle volte che avevamo provato a combattere insieme. Se fosse caduta, non me lo sarei mai perdonato.
Contrariamente alle mie aspettative, lei mi sferrò un calcio, cosicché io precipitai all'indietro.
Ad occhio sembravano quindici metri di precipizio, sarei morto sul colpo nel caso più fortunato. In quello meno fortunato sarei morto dissanguato, con decine di ossa rotte o sarei rimasto paralizzato.
«Luke!» sentii gridare. Era la voce di Annabeth.
Tesi il braccio verso l'alto, come se potessi accarezzarla un'ultima volta. Cercai di imprimermi il suo volto e quello di Thalia nella mente.
Probabilmente sarei finito nei Campi delle Pene o forse, ma dubito che Ade sarebbe stato così magnanimo con me, nelle Praterie degli Asfodeli. Mentre soffrivo, i loro visi avrebbero alleviato il mio dolore.
Sbattei contro il suolo.
L'aria che avevo nei polmoni uscì in un attimo e non riuscii più a inspirare a causa del colpo ricevuto sulla schiena.
Non riuscivo a muovermi, solo le punte delle dita si spostavano leggermente.
I miei occhi erano ridotti a due fessure per il dolore.
Sentivo la testa bollente, probabilmente dopo averla sbattuta aveva iniziato a perdere sangue.
Vedevo le teste di Annabeth, Percy e Thalia che guardavano giù, le due ragazze sembravano in lacrime.
Volevo avvisarle, dire loro che ero ancora vivo, che dovevano andarsene ma dalla mia bocca uscì solo un flebile femito. Ero vagamente consapevole dei mostri che avevo intorno a me, che mi guardavano incuriositi. Bella compagnia prima di morire.
Riuscii a mettere la mano destra in tasca dove toccai due oggetti familiari. Uno era la collana del Campo Mezzosangue, che non potevo portare al collo: cosa avrebbero detto gli altri di me se mi fossi mostrato con essa addosso? Che mi mancava casa? Era vero, ma non potevo mostrarmi debole. L'altro era un piccolo rametto di pino. L'avevo tolto all'albero che era Thalia, così pensavo che lei fosse sempre con me, ovunque fossi.
Li strinsi con la poca forza che avevo ancora e mi ripetei che dovevo rimanere vivo, che lo dovevo a loro, che se fossi morto non le avrei più riviste, che avrebbero potuto avere una morte peggiore della mia, considerando i piani di Crono. Non potevo smettere di credere a un futuro insieme a loro, non in quel momento, non quando mi avevano restituito Thalia. Ripresi a respirare.
Qualcosa mi sollevò, forse un ciclope, mentre io riuscivo solo a cercare di non morire.

Pagine rubate||Luke CastellanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora