Le mie giornate da bambino cominciavano con mia madre che veniva a svegliarmi,a volte con una carezza a volte in maniera più spiccia,e finivano sempre con lei,al momento di andare a letto.Momenti intrisi di dolcezza,in cui,come ogni bambino,mi sentivo al sicuro.Dentro al suo abbraccio,o semplicemente camminandole affianco mano nella mano,tutta la mia vita ruotava intorno a lei,ed era raro che passassimo del tempo separati.

Per questo,quando capii che in quel piccolo edificio a un piano con finestre ai cui vetri erano appesi adesivi colorati a forma di piante e animali avrei trascorso mezza giornata lontano da mamma,non la presi affatto bene.

Non volevo andare alla scuola materna.Al solo sentirla nominare mi imbronciavo,o addirittura piantavo un capriccio che avrebbe fatto perdere la pazienza perfino a un santo.Non mi interessava se lì c'erano giochi,bambini,un bel giardino e il purè nella mensa.Io volevo la mia mamma.Soltanto lei.

E quindi,visto che alla fine le mie rimostranze si erano rivelate inutili,quando sentivo particolarmente la sua mancanza,ecco che lo stomaco cominciava a farmi male,sempre di più.Fino a che le maestre erano costrette a darmi ascolto e,alla fine,a cedere,facendo una telefonata a casa.Poco tempo dopo,preoccupata,mia madre si presentava all'ingresso:la sua sagoma a braccia aperte in controluce.Un'apparizione,per me, e correvo subito da lei.

Il resto di quelle mattinate trascorreva in un'atmosfera ovattata,come dentro a un sogno.Nell'ora in cui la città era più tranquilla,a volte lei si fermava a bere un caffè,magari ai tavolino all'aperto di un bar,e mi chiedeva se stessi meglio,quindi andavamo a casa,dove mi aspettava un pranzo leggere preparato apposta per il "malato":patate bollite,riso,pollo,cose così.Ma non mi importava,perchè ero a casa,e mangiavo a tavola con mamma e nonna.Come al solito.Poi,mi attendeva un sonnacchioso inizio di pomeriggio sul divano,fino a quando le forze tornavano,pure Federico rientrava,i cortili attorno a casa si ripopolavano,ed era un pò come se non fosse successo nulla:il mal di stomaco diventava un lontano ricordo,e quella che avevo vissuto una normalissima giornata che si concludeva con giochi sfrenati sino al tramonto.

Quest'abitudine di farmi venire a prendere durò per qualche tempo,poi ebbero la meglio il divertimento e il purè della mensa.Avrei scoperto che,in fondo,non era poi così male stare lì.C'erano tanti fogli bianchi,e colori di tutti i tipi per pasticciarli o fare disegni da portare in regalo a casa.C'erano uno scivolo,un'altalena e un grande salone pieno di giochi e di nascondigli.E poi era bello mangiare in compagnia di tanti bambini.

Il mal di stomaco,dunque,non tornò più a interrompere le mie giornate serene,se non qualche rara volta,magari in una mattinata di pioggia,quando la mancanza della mamma e della nostra casa si facevano sentire di più.

In quei momenti,silenzioso e con le mani a tenermi lo stomaco dolente,sapevo che lei sarebbe arrivata a prendermi,con un sorriso e con un suo abbraccio caldo sempre pronto ad accogliermi.

Ma un'altro distacco doveva arrivare.Ben più grande.

Settembre 1991.Primo giorno di scuola.

L'edificio delle mie elementari si trovava non molto distante da casa,ed era una costruzione nuova,circondata da un giardino enorme,bellissimo.

Per dare il benvenuto ai nuovi studenti era stata organizzata una giornata aperta anche ai famigliari,in modo da non rendere il cambiamento troppo traumatico.

Ad accompagnarmi c'erano mia madre,una sua cugina e il fidanzato,armato di telecamera per riprendere un momento tanto importante e glorioso nella vita di un bambino.

Quel momento,in realtà,non fu così glorioso,per me,perchè i cambiamenti mi spaventavano e avevo subito compreso che quello in particolare sarebbe stato più definitivo rispetto alla scuola materna.

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