Capitolo 2

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Guardavo i numeri e le lettere che comparivano su quel foglio. Non riuscivo mai a capire perché nei test dovevano sempre mettere le cose più improbabili. Mi frullavano in testa tante soluzioni per poter finire quelle equazioni, ma l'unica stabile era quella di consegnare in bianco. Non ero mai stata una cima a scuola, soprattutto in matematica. I sette che riuscivo a prendere non erano sicuramente frutto della mia bravura o del mio studio accurato... Mettevo semplicemente un po' più in mostra le tette, come d'altronde facevano tutte le mie compagne e tutte le ragazze delle altre classi, a parte le vere secchione. Ma ormai non era più mia abitudine usare certi trucchetti, lasciavo tutto nelle mani del destino; volevo solo uscire da quella scuola.
Mi scoppiava la testa a furia di pensare e quindi decisi di consegnare, fregandomene del risultato che avrei preso, nella speranza di poter recuperare il prima possibile.
Avevo venti minuti abbondanti per gironzolare nella scuola e magari riuscire a fumarmi una sigarettina in santa pace.
<< Ciao Cate! >> salutai la bidella del nostro corridoio, era una piccola e rotondetta donna sui 45 anni, sempre disponibile e dolce con tutti; potevi chiederle qualsiasi cosa e lei l'avrebbe fatta.
<< Ciao tesoro, stai già andando in pausa sigaretta? >> mi domandò subito.
<< Ormai mi conosci troppo bene! Ho appena finito il test di matematica, anzi consegnato in bianco, ho proprio bisogno delle mie amate sigarette! A dopo. >>

Mi incamminai verso il mio solito angolo del giardino, l'unico che mi copriva dalla vista di ogni professore che passava.
Fumare mi faceva sentire bene, mi liberava da ogni pensiero cattivo e scaricava tutta la tensione che accumulavo.
Crescere una figlia a un'età così giovane non era il massimo, anche se ovviamente la amavo più di me stessa.
E in più ci si mettevano i problemi economici: ormai il lavoro pomeridiano al bar non era abbastanza. Avrei dovuto trovarmi un altro lavoro, oppure uno solo con uno stipendio abbondante, anche se il problema era appunto riuscire a trovare qualcosa.
I miei pensieri furono interrotti da un rumore di passi. Iniziai a guardarmi intorno nella speranza di capire da dove arrivassero e nascondermi, ma non feci in tempo perché mi sentii picchiettare sulla spalla.
Il sangue mi si congelò; speravo con tutto il mio cuore che non fosse qualche professore o peggio ancora: la troia della preside.
<< Oh no, che due coglioni! Ancora tu? >> urlai dopo aver visto la persona dietro di me. E indovina indovinello, chi è il coglione che ha rotto un macello? Il ragazzo che ho incontrato l'altro giorno in bagno.
<< Dovresti essere contenta di vedermi! >> disse con una faccia da prendere a schiaffi.
<< Dovrei? No perché sai, quando si tratta di coglioni preferisco stare alla larga. >>
<< Ma se l'altro giorno mi mangiavi con gli occhi... >> Convinto il ragazzo!
<< In realtà ti fulminavo. So come sono i ragazzi come te: antipatici, stronzi e puttanieri! Quindi non vedo il motivo per cui dovrei essere felice di vederti. >>
<< Te lo dico io... Puoi darmela senza problemi e io non farò storie. Anche perché dalle voci che girano non hai la reputazione da santarellina. >>
Ok, questo aveva superato il limite.
<< Quello che sono e che faccio sono cazzi miei. Non mi conosci neanche e mi giudichi in questo modo, se non te ne vai all'istante giuro che ti sputo in un occhio! >> urlai alquanto arrabbiata. Proprio non mi interessava che ci potesse essere qualcuno ad ascoltare, questo tizio mi aveva alquanto rotto.
<< Non sono io che dico queste cose, sono gli altri... Però dalla reazione che hai avuto ora, penso proprio che queste voci siano vere. >>
Non ci vidi più dalla rabbia e senza pensarci gli sputai in un occhio. Rimasi un secondo ad aspettare per vedere la sua reazione, ma non sembrava affatto arrabbiato, sembrava più divertito.
Ma possibile che tutti gli imbecilli dovevo trovarli io?
<< Certo che sei strana forte. >> mi disse ridendo.
Gli urlai un bel 'vaffanculo' e me ne andai indignata.

<< Che cazzo stai facendo? >> mi chiese Sara, una mia compagna di classe, ridendo.
<< Non lo vedi? Mi sto deprimendo! >>
<< Sbattendo la testa contro al muro? >> mi chiese abbastanza stupefatta.
<< Si, voglio spaccarmela. Sono una ragazza non sana. >> dissi affranta, ma alla vista degli altri sembravo più una rincoglionita.
<< Beh che non sei sana si vede benissimo. >> disse ridendo << Cosa è successo? >> continuò.
A quel punto smisi di torturarmi la testa e mi girai verso di lei, per riuscire a guardarla in faccia.
<< Girano ancora le voci su di me. Non so più cosa fare, non sono più quella ragazza Sara, tu lo sai vero? >>
A quel punto la mia amica si fece seria e mi venne incontro per abbracciarmi.
<< Lo so benissimo, sei cambiata Ila, non sei più quella di prima... >> mi disse all'orecchio, sempre abbracciandomi << e lo sanno anche gli altri. >>
<< No! Gli altri non lo sanno, sennò non girerebbero ancora voci su di me! >> mi coprii il viso con le mani.
<< Ila sveglia, le voci le fanno girare quelle che ti invidiano. Sei una ragazza bellissima, tutti ti adorano e sbavano dietro e le invidiose per ripicca fanno girare queste voci che ormai sono acqua passata! >>
<< Non lo so, non sono sicura... Ma cercherò di ascoltarti. Grazie saretta. >> le scoccai un bacio sulla guancia e iniziai a preparare lo zaino, in attesa del suono della campanella per uscire da quel carcere.
In questi giorni i ricordi del passato stavano riaffiorando a più non posso, soprattutto per colpa di quel coglione.
Non lo potevo vedere, ma allo stesso tempo non potevo sopportare il fatto che lui credesse e pensasse che io fossi una troia. Non lo sono. Lo ero, ma non lo sono più.
E voglio che tutti lo sappiano.

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