La dote dell'essere sfigati

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Dopo aver girovagato per le vie di New York ininterrottamente per ore – o forse erano solo minuti, chissà – Alec decise che era il momento di tornare all'Istituto, perché probabilmente Isabelle e Jace lo stavano dando per disperso.

Senza che ne fosse davvero consapevole, immerso nei suoi pensieri com'era, si ritrovò nella strada della vecchia cattedrale che gli faceva da casa.

Se non fosse stato così distratto dai suoi pensieri, probabilmente si sarebbe accorto che c'era qualcosa che non andava.

Arrivato davanti al portone si tastò le tasche in cerca delle chiavi ma il risultato fu sempre lo stesso, anche quando cercò nella giacca: non trovava nulla.

Dopo una manciata di minuti a pensarci su, si ricordò di averle lasciate sulla scrivania della sua camera e di aver detto a Jace che sarebbe tornato presto.

Provò ad aprire il portone con lo stilo ma il suo tentativo fu vano; solo in quel momento gli vennero in mente le parole che gli aveva detto il suo parabatai quando stava uscendo

"Alec"

"Si, Jace?"

"Ricordati che stasera devo andare in missione; se starai fuori per più di un'ora, chiuderò la porta in modo che non si possa aprire nemmeno con lo stilo, per sicurezza."

Parole a cui lui non aveva prestano molta attenzione e che aveva liquidato con un cenno del capo.

Si batté forte una mano sulla fronte per darsi mentalmente dello stupido perché era inutile provare ad entrare o chiamare Jace: il cacciatore non gli avrebbe aperto, probabilmente troppo impegnato ad allenarsi o a fare gli affari suoi - e anche perché amava vedere Alec in certe condizioni.

Così si sedette sui gradini della cattedrale e pensò a dove andare; era il crepuscolo e lui iniziava ad avere fame, ma anche se fosse andato in un ristorante avrebbe risolto il problema solo per qualche ora. Sarebbe potuto andare in un hotel dei mondani, ma non aveva abbastanza soldi..

Dove poteva dirigersi un cacciatore che era rimasto stupidamente chiuso fuori dall'Istituto di cui i suoi genitori ne erano a capo?

Tutti le sue idee convogliavano verso un'unica soluzione. C'era solo un posto dove poteva andare: al rifugio per i cacciatori di Magnus Bane.

'No, no, no, no e poi no!' Diceva una voce nella sua testa, ma dove altro avrebbe trovato un letto e un tetto sotto cui dormire gratuitamente? Da nessuna parte.

In quel momento la sua coscienza era divisa in due: la prima parte non voleva andare dallo stregone, preferiva dormire sugli scalini della chiesa, ma la seconda e anche la più ragionevole lo spingeva ad andare da Magnus perché sicuramente sarebbe andato in ipotermia a dormire fuori e poi... Doveva ammettere che l'idea di dormire nelle stessa casa di Magnus lo allettava parecchio... Magari anche nello stesso letto...

Ma che diamine stava pensando?! Era diventato pazzo tutto d'un colpo forse?!

Mise a tacere la sua coscienza una volta per tutte e si diresse verso l'appartamento dello stregone, rassegnandosi ad andare a piedi perché la metropolitana proprio non gli piaceva.

Quando finalmente riuscì a scorgere la palazzina dove c'era l'appartamento di Magnus, la luna splendeva alta nel cielo e lui stava letteralmente morendo di fame.

Si avvicinò all'edificio sognando un po' di pace, quando sentì il rombo della musica fin dall'altro lato della strada. Evidentemente lo stregone stava dando uno dei suoi party per nascosti..

Certo, sarebbe potuta provenire da un qualunque altro appartamento, ma c'era qualcosa di strano in quella melodia, come se cercasse di scacciare lui e quelli come lui.

Mille pensieri lo assalirono. Perché Magnus stava usando musica contro gli Shadowhunters? Non lo voleva lì? Eppure quel pomeriggio gli era sembrato piuttosto felice di vederlo, una strana sensazione - quasi di tristezza - a quel pensiero lo investì come un treno in corsa.

Magari stava facendo qualcosa di illegale, e lui non c'entrava proprio niente con la musica, che era anche peggio dell'ipotesi precedente, perché voleva dire che Magnus lo ignorava completamente, che nel suo cuore non c'era posto per Alec.

Improvvisamente la musica cessò e il ragazzo a metà fra il rincuorato e l'ansioso – no, okay, molto più ansioso che rincuorato — si diresse a passo veloce verso la palazzina, trovò la porta aperta e imboccò di corsa le scale, come per paura che la strana musica partisse di nuovo e lui fosse costretto a restare lontano da lì, lontano da lui.

Pensieri di quel tipo gli ronzavano in testa talmente spesso ultimamente che stava iniziando a farci l'abitudine.

Quando arrivò davanti alla porta dello stregone, si fermò un momento per riprendere fiato e organizzare il discorso da fare allo stregone per farsi ospitare.

Non appena si sentì pronto – aveva la netta sensazione che fossero trascorsi più di dieci minuti – fece per bussare ma la porta si spalancò prima che lui potesse toccarla e ne uscì un licantropo rabbioso che sembrava in prossimità della trasformazione. Si squadrarono a vicenda per un momento, poi quello gli sputò ai piedi e gli apostrofò con parole cariche di disprezzo "Allora è per un moccioso come te che Bane ci ha fatto togliere la musica" e se ne andò a passo svelto, seguito da un paio di compagni.

Alec rimase immobile sulla soglia, non capendo il significato di quelle parole, finché una voce calda e accogliente gli disse un semplice

"Ciao, Alexander"

Alzò gli occhi sullo stregone, ammutolito dalla sua perfezione.

Indossava vestiti piuttosto appariscenti e aveva il trucco glitterato, ma neanche quello poteva competere con lo scintillio presente in quei meravigliosi occhi da gatto.

"Vieni, entra" lo precedette Magnus, vedendo che il ragazzo non avrebbe parlato.

"È sempre un piacere accoglierti in casa mia".


A.d.A  Heiii, ho deciso di pubblicare anche il terzo capitolo di questa storia perché una piccola merdina - @MargheVacca - mi ha letteralmente scartavetrato le ovaie. Quindi ecco qui il capitolo number 3 di questa storia! Spero vi piaccia xx

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 05, 2016 ⏰

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